martedì 28 febbraio 2012

Dove sono finiti i”gioielli di famiglia” dell’agroalimentare italiano?



                di Giuseppe Bivona
 I marchi storici dell’agroalimentare italiano , con un fatturato di oltre 5 miliardi di euro sono passati  nelle mani “straniere”
  
Sono passati in mani straniere marchi storici dell’agroalimentare italiano
per un fatturato di oltre 5 miliardi di euro nell’ultimo anno, anche per effetto della crisi che ha reso piu’ facili le operazioni di acquisizione
nel nostro Paese. E’ l’allarme lanciato dal presidente della Coldiretti Sergio Marini in occasione dell’inaugurazione della Fieragricola di Verona,dove al padiglione 3 stand C2 è stato allestito “lo scaffale del Made in Italy che non c’è piu’”. Ad essere presi di mira sono sopratutto i prodotti simbolo dell’Italia e della dieta mediterranea, dall’olio al vino fino alleconserve di pomodoro.  “Nello spazio di dodici mesi - sottolinea Marini -
sono stati ceduti all’estero tre pezzi importanti del Made in Italy
alimentare che sta diventando un appetibile terra di conquista per gli
stranieri con la tutela dei marchi nazionali che è diventata una priorità
per il Paese, da attuare anche con una apposita task force. Si è iniziato
con l’importare materie prime dall’estero per produrre prodotti tricolori.
Poi si è passati ad acquisire direttamente marchi storici e il prossimo
passo rischia di essere la chiusura degli stabilimenti italiani per
trasferirli all’estero. Un processo - continua il presidente di Coldiretti -
favorito dalla crisi di fronte al quale occorre accelerare nella costruzione
di una filiera agricola tutta italiana che veda direttamente protagonisti
gli agricoltori per garantire quel legame con il territorio che ha
consentito ai grandi marchi di raggiungere traguardi prestigiosi”. Ed è per questo che all’interno della Fieragricola la Coldiretti ha aperto la Bottega di Campagna Amica che si affianca alla grande distribuzione e ai negozi di prossimità e che va ad integrare la rete già attiva delle oltre cinquemila aziende agricole trasformate in punti vendita e dei mille mercati degli agricoltori già presenti su tutto il territorio nazionale. Si tratta della prima catena di vendita diretta organizzata degli agricoltori italiani che offre esclusivamente Made in Italy garantito dalla Fondazione Campagna Amica 
L’ultimo “pezzo da novanta” del Made in Italy a tavola a passare in mani
straniere è stata - ricorda la Coldiretti - la Ar Pelati, acquisita dalla
società Princes controllata dalla Giapponese Mitsubishi. Poche settimane prima era toccato alla Gancia, casa storica per la produzione di spumante, essere acquistata dall'oligarca Rustam Tariko, proprietario della banca e della vokda Russki Standard. La francese Lactalis è stata, invece protagonista - sottolinea la Coldiretti – dell’operazione che ha portato la Parmalat finire sotto controllo transalpino. Ma andando indietro negli anni non mancano altri casi importanti, dalla Bertolli, acquisita nel 2008 dal gruppo spagnolo SOS, alla Galbani, anche questa entrata in orbita Lactalis, nel 2006.
 Lo stesso anno gli spagnoli hanno messo le mani pure sulla
Carapelli, dopo aver incamerato anche la Sasso appena dodici mesi prima. 
Nel2005 - continua la Coldiretti - la francese Andros aveva acquisito le
Fattorie Scaldasole, che in realtà parlavano straniero già dal 1985, con la vendita alla Heinz. Nel 2003 hanno cambiato bandiera anche la birra Peroni, passata all'azienda sudafricana SABMiller, e Invernizzi, di proprietà da vent’ani della Kraft e ora finita alla Lactalis. Negli anni Novanta erano state Locatelli e San Pellegrino ad entrare nel gruppo Nestlè, anche se poi la prima era stata “girata” alla solita Lactalis (1998). La stessa Nestlè – conclude la Coldiretti - possedeva già dal 1995 il marchio Antica gelateria del corso e addirittura dal 1988 la Buitoni e la Perugina.

Secondo uno studio Coldiretti/Eurispes, il risultato è stato che oggi circa
un terzo (33 per cento) della produzione complessiva dei prodotti
agroalimentari venduti in Italia ed esportati deriva da materie prime
agricole straniere, trasformate e vendute con il marchio Made in Italy, per un fatturato stimato in 51 miliardi. Da qui la necessità per la Coldiretti di applicare con trasparenza la legge nazionale sull’obbligo di indicare la provenienza in etichetta su tutti gli alimenti approvata dal Parlamento all’unanimità lo scorso anno.

MARCHI DEL MADE IN ITALY CHE NON C’E’ PIU’

2012
 
PELATI AR - ANTONINO RUSSO - Acquisito nel 2012 dalla società Princes
controllata dalla Giapponese Mitsubishi
  
2011
 
PARMALAT - Acquisita dalla francese Lactalis
 
GANCIA - Acquisito dell'oligarca Rustam Tariko, proprietario della banca e
della vokda Russki Standard

 
2008

 
BERTOLLI - Venduta a Unilever e quindi acquisita dal gruppo spagnolo SOS
 
2006
 
GALBANI - Acquisita dalla francese Lactalis
 
CARAPELLI - Acquisita dal gruppo spagnolo SOS

 
2005

 
SASSO - Acquisita dal gruppo spagnolo SOS
 
FATTORIE SCALDASOLE - Venduta a Heinz nel 1995 e quindi acquisita dalla
francese Andros
 
2003
 
PERONI - Acquisita dall'azienda sudafricana SABMiller
 
INVERNIZZI - Venduta a Kraft nel 1985 e quindi acquisita dalla francese
Lactalis
 
1998
 
LOCATELLI - Venduta a Nestlè e quindi acquisita dalla francese Lactalis
 
SAN PELLEGRINO - Acquisito nel 1998 dalla svizzera Nestle’
  
1993
 
ANTICA GELATERIA DEL CORSO - Acquista dalla svizzera Nestlè
 
1988
 
BUITONI - Acquisito dalla svizzera Nestlè
 
PERUGINA - Acquisito dalla svizzera Nestlè
 
Fonte: Coldiretti


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