( ovvero, la fine della società dello spasso)
di Giuseppe Bivona
Chiunque creda che la crescita esponenziale possa continuare per sempre,in un mondo finito, o è un pazzo o un economista
( Kenneth Boulding)
Vivevamo da circa un paio di secoli nell’era “antropocene” dove, una parte della razza umana fu baciata da un improvviso colpo di fortuna: disponemmo di immense risorse energetiche fossili che ci consentirono di costruire estesi imperi commerciali, alimentare l’invenzione di nuove e spettacolari tecnologie, organizzammo un nuovo modo di vivere opulento e a ritmi elevati.
Per milioni di anni, questa ricchezza energetica era rimasta nascosta nelle viscere della terra, una energia “sottratta” all’economia del bilancio naturale riducendo sensibilmente la presenza di anidrite carbonica e favorendo lo sviluppo degli esseri viventi superiori.
Gli uomini , sciagurati , decisero di spendere la ricchezza dandosi a feste spensierate e fasti dispendiosi. A nulla valsero i moniti, invocati da qualcuno che suggeriva più moderazione.
I partecipanti alla festa scialacquarono a piene mani quella “eredità” non volevano sentire ragioni, non prestarono alcuna attenzione .
Ma non trascorse molto tempo, che questa festa divenne un tenue ricordo, non perché qualcuno alla fine diede ascolto alle voci che suggerivano moderazione , ma perché il vino e il cibo erano finiti e arrivò inaspettata e violenta, la luce del mattino….
Richard Heinberg, docente all New College of California, titola cosi un suo libro “ La festa è finita”, dove ripercorre la storia naturale e quella umana dominata da una perenne ricerca di convenienza energetica . Insomma come già sosteneva Ludwig Boltzmann “la gara della vita è principalmente una competizione per l’energia disponibile”.
Ma quali strategie ha escogitato l’uomo per acquisire maggiori sussidi energetici?
Heinberg ne individua 5 e le elenca
-Acquisizione, colonizzazione di nuovi territori, la schiavitù ,l’agricoltura, l’allevamento ecc.
-Uso di utensili, in particolare quelli destinati ad integrare od esaltare, i nostri arti o mucoli.
-Specializzazione, la divisione sociale del lavoro attraverso specifici funzioni.
-Ampliamento del campo di azione, attraverso il commercio e il trasporto delle derrate.
-Prelievo, ovvero trovare e prelevare riserve naturali come il carbone, il petrolio o gas naturale, uranio.
Queste cinque strategie che gli uomini hanno adottato per catturare quantità crescente di energia ,hanno permesso alle società nel corso della storia di crescere e svilupparsi, ampliare il campo di azione e divenire sempre più “complesse”.
Tuttavia , la storia e l’archeologia ci insegna come molte civiltà come quella degli antichi egizi,dei romani,dei maya, si siano estinte o meglio “collassate”.
Perché una società capace di organizzarsi in un vasto impero, con rete di comunicazione e sistemi di distribuzione, perde ad un tratto la capacità di andare avanti?
La risposta ci viene data da Joseph Tainter nel suo libro “The Collapse of Complex Societies, in cui lo studioso , assume una visione ecologica della società,come una struttura che trasforma energia e conclude che le società complesse tendono a crollare perché”le loro strategie per catturare l’energia sono soggette alla legge dei rendimenti decrescenti”
La complessità va intesa come “ampiezza” di una società , la differenziazione delle sue parti, la varietà dei ruoli, le diverse specializzazioni che incorpora , le varietà dei meccanismi per organizzare questi componenti e il mantenimento in perfetta coerenza.
Ora, le società complesse , sono più costose da mantenere per via che si creano più reti tra gli individui,, maggiori controlli gerarchici, aumenta il costo per mantenere , strutture ed apparati non direttamente coinvolti nella produzione di risorse. Il risultato è che al crescere della complessità crescono anche i costi di sostegno imposti ad ogni individuo , cosi che la popolazione , nel suo complesso deve destinare porzioni crescente del suo “bilancio” al mantenimento di apparati e istituzioni organizzativi ,governativi ecc.
Ebbene ,tutta questa complessità ,richiede un flusso continuo e sempre maggiore di energia , per stemperare le tensioni, ovvero debbono essere sviluppate , nuove soluzioni organizzative ed economiche di sicuro con costi crescenti e rendimenti marginali in calo.
Ne consegue che, al ridursi degli investimenti ,per adeguarsi alle nuove esigenze della complessità ,la società raggiunge la fase in cui diventa sempre più vulnerabile al collasso.
Dalla prospettiva del cittadino medio, cresce il fardello di tasse ed altri costi ,mentre i benefici si riducono . l’idea di essere “indipendente” diventa sempre più attraente. Il collasso può semplicemente comportare la decomposizione della società , poiché individui o gruppi decidono di perseguire i loro bisogni immediati anziché gli obbietti vi collettivi a lungo termine.
Ecco come Tainter descrive la fine dell’impero romano:
“ L’istituzione dell’impero romano produsse uno straordinario rendimento degli investimenti , poiché i conquistatori si appropriarono dei surplus accumulati nel Mediterraneo e nelle aree adiacenti. Ma quando il bottino di nuove conquiste venne meno , Roma dovette farsi carico dei costi amministrativi e militari che durarono secoli. Mentre il rendimento marginale degli investimenti nell’impero diminuiva , si manifestavano seri rigurgiti di tensione che a stento si riusciva a contenere con i bilanci imperiali annuali .Rispondere ai rigurgiti di tensione richiese imposte ed illeciti economici cosi pesanti che la capacità produttiva della popolazione di sostegno si deteriorò . L’indebolimento della base di sostegno diede origine ad ulteriori successi dei barbari , cosi che altissimi investimenti in complessità producevano pochissimi benefici superiori al collasso . Nel tardo impero il rendimento marginale degli investimenti in complessità era cosi basso che i regimi barbarici cominciarono ad apparire preferibili.”
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