giovedì 2 febbraio 2012

La festa è finita ! !

 
( ovvero,  la fine della società dello spasso)
 di Giuseppe Bivona





Chiunque creda che la crescita esponenziale possa continuare per sempre,in un mondo finito, o è un pazzo o un economista
( Kenneth Boulding)

                                                                  Vivevamo da circa un paio di secoli nell’era “antropocene”  dove, una parte della razza umana fu baciata da un improvviso colpo di fortuna: disponemmo  di immense risorse energetiche fossili che ci consentirono di costruire  estesi imperi commerciali, alimentare l’invenzione  di nuove e spettacolari tecnologie, organizzammo un nuovo modo di vivere opulento e a ritmi elevati.
Per milioni di anni, questa ricchezza energetica era rimasta nascosta  nelle viscere della terra, una energia “sottratta” all’economia del bilancio naturale  riducendo  sensibilmente la presenza di anidrite carbonica e favorendo lo sviluppo  degli  esseri viventi superiori.
Gli uomini , sciagurati  , decisero di spendere la ricchezza dandosi a feste spensierate e fasti  dispendiosi. A nulla valsero i moniti, invocati da qualcuno che suggeriva più moderazione.
I partecipanti alla festa  scialacquarono a piene mani  quella “eredità” non volevano sentire ragioni, non  prestarono alcuna attenzione .
Ma non trascorse molto tempo, che questa festa divenne un tenue ricordo, non perché qualcuno alla fine diede ascolto alle voci che suggerivano moderazione , ma perché il vino e il cibo erano finiti e arrivò inaspettata e violenta, la luce del mattino….
Richard Heinberg, docente all New College of California, titola cosi un suo libro “ La festa è finita”, dove ripercorre la storia naturale e quella umana dominata da  una perenne ricerca di convenienza energetica  . Insomma come già sosteneva Ludwig Boltzmann “la gara della vita è principalmente una competizione per l’energia disponibile”.
Ma quali strategie ha escogitato l’uomo per  acquisire  maggiori sussidi energetici?
Heinberg ne individua 5 e le elenca
-Acquisizione, colonizzazione di nuovi territori,  la schiavitù ,l’agricoltura, l’allevamento ecc.
-Uso di utensili, in particolare  quelli destinati ad integrare od esaltare, i nostri arti o mucoli.
-Specializzazione, la divisione sociale del lavoro attraverso specifici funzioni.
-Ampliamento del campo di azione, attraverso il commercio  e il trasporto delle derrate.
-Prelievo,   ovvero  trovare e prelevare  riserve naturali come il carbone, il petrolio o gas naturale, uranio.
Queste cinque strategie che gli uomini hanno adottato per catturare  quantità crescente di energia ,hanno permesso alle società nel corso della storia  di crescere e svilupparsi, ampliare il campo di azione e divenire sempre più “complesse”.
Tuttavia , la storia e l’archeologia ci insegna come molte civiltà come quella  degli antichi egizi,dei romani,dei maya, si siano estinte o meglio “collassate”.
Perché una società capace di organizzarsi  in un vasto impero, con rete di comunicazione e sistemi di distribuzione, perde ad un tratto la capacità di andare avanti?
La risposta  ci viene data da Joseph Tainter nel suo libro “The Collapse of Complex Societies, in cui lo studioso , assume una visione ecologica della società,come una struttura che trasforma energia  e conclude che le società complesse tendono a crollare perché”le loro strategie per catturare l’energia sono soggette alla legge dei rendimenti decrescenti”
La complessità va intesa come “ampiezza” di una società , la differenziazione delle sue parti, la varietà dei ruoli, le diverse specializzazioni che incorpora , le varietà dei meccanismi per organizzare questi componenti e il mantenimento in perfetta coerenza.
Ora, le società complesse , sono più costose  da mantenere  per via che si creano  più reti tra gli individui,, maggiori controlli gerarchici, aumenta il costo per mantenere , strutture ed apparati non direttamente coinvolti nella produzione  di risorse. Il risultato è che al crescere della complessità crescono anche i costi di sostegno imposti ad ogni individuo , cosi che la popolazione , nel suo complesso deve destinare  porzioni crescente del suo “bilancio” al mantenimento  di apparati e istituzioni  organizzativi ,governativi ecc.
Ebbene ,tutta questa complessità ,richiede un flusso  continuo e sempre maggiore di energia , per stemperare le tensioni, ovvero debbono essere sviluppate , nuove soluzioni organizzative  ed economiche di sicuro con costi crescenti e rendimenti marginali in calo.
Ne consegue  che, al ridursi degli investimenti  ,per adeguarsi alle nuove esigenze della complessità  ,la società raggiunge  la fase in cui  diventa sempre più vulnerabile al collasso.
Dalla prospettiva del cittadino medio, cresce il fardello  di tasse ed altri costi ,mentre i benefici si riducono . l’idea di essere “indipendente” diventa sempre più attraente. Il collasso può semplicemente comportare  la decomposizione della società , poiché individui  o gruppi  decidono di perseguire i loro bisogni immediati  anziché gli obbietti vi collettivi a lungo termine.
Ecco come Tainter  descrive la fine dell’impero romano:
“ L’istituzione dell’impero romano produsse uno straordinario rendimento degli investimenti , poiché i conquistatori si appropriarono  dei surplus  accumulati nel Mediterraneo e nelle aree adiacenti. Ma quando il bottino di nuove conquiste venne meno , Roma dovette farsi carico  dei costi amministrativi e militari  che durarono secoli. Mentre il rendimento marginale degli investimenti  nell’impero diminuiva , si manifestavano seri rigurgiti  di tensione  che a stento si riusciva a contenere  con i bilanci imperiali annuali .Rispondere ai rigurgiti di  tensione richiese  imposte ed illeciti economici cosi pesanti  che la capacità produttiva della  popolazione di sostegno  si deteriorò . L’indebolimento della base di sostegno  diede origine  ad ulteriori successi dei barbari , cosi che altissimi investimenti in complessità  producevano pochissimi benefici superiori al collasso . Nel tardo impero il rendimento marginale degli investimenti in complessità era cosi basso che i regimi barbarici cominciarono ad apparire preferibili.”

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