mercoledì 8 febbraio 2012

NON POSSIAMO, NON DOBBIAMO, NON VOGLIAMO!

di Giuseppe Bivona                 


                                                                         
Gioacchino Rossini,  racconta un aneddoto ,passeggiando per le vie di Parigi era solito esternare ossequiosi inchini verso tutti gli spagnoli che incontrava, senza alcuna distinzione di  età ,ceto o di sesso. Finchè, un giorno qualcuno della sua stessa compagnia gli chiese spiegazione di tanta esagerata riverenza.”Quagliù”rispose serio il maestro –“Noi italiani dobbiamo essere grati a sti spagnuoli, perché senza di loro ,nui ….. saremmo i più fessi del mondo”.
 Ebbene,strano che possa sembrare non mancano nostrani tentativi ,in  soverchie  occasioni, perché  ci cimentassimo nello strappare questo primato agli spagnoli. Così può accadere che qualche stimato professionista,in questi anni lautamente compensato per le sue frequenti “incursioni” nella nostra isola,facendo leva sulle “affinità elettive” di noi siciliani ,per via della lunga ed incisiva dominazione  plurisecolare spagnola, ci propone come un ottimo esempio da emulare ,il modello olivicolo  spagnolo. Anzi ,come se non bastasse ,suggerisce l’ultima variante aggiornata di più spinta innovazione,basata su sistemi d’impianto superintensivi(1200-1500 piante ad ettaro), scegliendo una collaudata varietà, l’arbequina, che ha il pregio di prestarsi bene alla meccanizzazione integrale della raccolta. Già in altre occasioni , abbiamo espresso non poche titubanze sulla convenienza circa la trasferibilità di modelli colturali pensati e maturati altrove, sfuggendo alle lusinghe di quanti osannavano sensazionali risultati produttivi. Sembra quanto meno opportuno ribadire alcuni principi fondamentali della nostra politica olivicola che la nostra regione si è posta come obbietti attraverso l’attuazione di specifici programmi. Con ciò senza voler mortificare la libertà d’impresa o di quanti intendono ,attraverso nuovi modelli colturali ,”modellare “le produzioni olivicoli più rispondenti alle”esigenze”del mercato .Per esporre le nostre ragioni di contrarietà all’esperienza olivicola spagnola ,da esportare come tale in Sicilia,ci avvarremo della formula papale:”Non Possumus”, vista la sacralità del “oggetto”ci sarà di certo perdonato l’ardire.
- -Perchè la nostra olivicoltura ha caratteri suoi propri,sia sotto l’aspetto dell’assetto poderale che per la sua distribuzione orografica .Perciò difficilmente può soddisfare quei requisiti minimi che rendono conveniente e attuabile il trasferimento di  taluni modelli pre-confezionati.
-Perché in un contesto di mercato sempre più globalizzato,dominato da produzioni quasi sempre anonimi,omogeneizzate e banalizzate ,la diversità varietale inserita in un’ampia variabilità ambientale,sapientemente  comunicate e coniugate con il resto  delle risorse territoriali ,costituiscono un elemento strategico dell’offerta,un punto di forza per produzioni d’eccellenza.
-Perché in questi ultimi anni è maturata sempre più la consapevolezza che la gestione delle risorse di un territorio passano per la capacità di saper armonizzare la funzione produttiva con  quella fruitiva  Così come la “gradevolezza” di un luogo non può che esprimersi attraverso l’unicità (unicum) fra le diverse componenti : le bellezze naturali,testimonianze archeologiche,sequenze architettoniche,l’impronta del paesaggio agrario ecc. Ebbene provate ad immaginare ,percorrendo l’itinerario che da Se gesta attraversa Selinunte,passa per Sciacca fino ad Agrigento,una campagna priva della coreografia di vecchi alberi di ulivo con le sue tipiche forme di allevamento,con i fusti smisurati e contorti un barocco vegetale !Perchè la diversità varietale non è solo espressione di ricchezza genetica,ma diviene l’occasione culturale di saperi e sapori che caratterizza la cultura alimentare e gastronomica .Oggi i tanti differenti oli siciliani si contraddistinguono  anche per la collocazione in “cultivar –area di produzione “ vedi l’:olio di Biancolilla di Caltabellotta, l’olio di Cerasuola di Sciacca,l’olio di Nocellara di Castelvetrano ecc. divenuti ormai consolidati punti di riferimento per parecchi consumatori. Perché questi vecchi,malridotti, irrazionali ,sparsi alberi assolvono con la semplice esistenza ad una produzione ….etica: fissano ,accumulano ,imprigionano nelle loro contorte strutture lignee,buona parte dell’anidride carbonica che con le nostre attività ,talvolta, soventi scellerate ,immettiamo sempre più nell’atmosfera
.Perchè in questi ultimi anni abbiamo compreso che la crisi che investe non poche produzioni agricole è spesso imputabile ad interventi di tecniche di produzione esasperate  ed  esagerate che finiscono con l’esporre le aziende ad elevati investimenti finanziari .Succede così che in condizioni congiunturali ,di  sovrapproduzione e in assenza di una corrispettiva e sostenuta  domanda finiscono per essere esposti a concreto rischio di fallimento.

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