(seconda parte)
di Peppino Bivona
Alla parola superstite si può attribuire due significati
diversi, può riferirsi a gente che
ha vinto o superato una serie di
difficoltà eccezionalmente rischiose, oppure, come nel caso dei nostri
contadini, persone che hanno continuato a vivere quanto tutti
gli altri sono morti o scomparsi.
I contadini sono una
strana razza umana un modello antropologico davvero singolare. Considerate che
ha continuato a vivere e lavorare la
terra a differenza di tanti altri che hanno approfittato delle opportunità
offerte dall’emigrazione per sfuggire alla miseria più abietta.
Instancabilmente dedicato a trarre la vita dalla terra, la
sua esistenza è indissolubilmente legata al lavoro inteso come un presente
senza fine, perciò considera la vita come una parentesi. Questa convinzione
scaturisce dalla familiarità quotidiana che i contadini hanno con il ciclo
della vita, della nascita e la morte. Hanno una loro religiosità che non ha mai conciso con quella
praticata dal potere o dei sacerdoti.
Il contadino, come dicevamo, vede la vita anche come un intermezzo,
per la sua doppia ed opposta visione del tempo che a sua volta deriva dalla
duplice natura della sua economia. Sogna di tornare a vivere una vita senza
soprusi, libero dalle tirannie, perciò i suoi ideali sono rivolti al passato,
ma i suoi obblighi sono necessariamente rivolti al futuro, un futuro che non vedrà.
La morte non lo proietta in un tempo futuro, la sua concezione di immortalità è
diversa dalla nostra : egli torna al passato.
Questi due momenti temporali ,passato e futuro, non sono in contrapposizione come può sembrare a prima vista, per la
semplice ragione che il contadino ha una visione ciclica del tempo: sono due
modi diversi di girare intorno al cerchio. Accetta gli accadimenti della vita
senza trasformarli in qualcosa di assoluto. La nostra cultura occidentale ha
una visione del tempo unidirezionale come una freccia che scocca da un arco,non
sopporta l’idea di un tempo ciclico ,dà una sorta di vertigine morale, tutto
ruota intorno al principio causa-effetto. Il contadino ha grande difficoltà ad
accettare la definizione di tempo
storico , se non come impronta lasciata
dalla ruota che gira
Nel mondo contadino il concetto di uguaglianza è
intimamente legato a due condizioni: alla necessita del lavoro e alla scarsità
o sobrietà dello stile di vita. Contrariamente ai modelli liberali e marxisti
dove l’ideale di uguaglianza presuppone un mondo di abbondanza, rivendicando
diritti uguali per tutti in presenza di eccedenza , di cornucopia, elargite grazie ai progressi della scienza e
dello sviluppo. L’ideale di uguaglianza è molto diverso per il contadino:
riconosce un mondo di scarsità e si impegna in un aiuto reciproco e fraterno, fa
uso del dono come connettivo socio-economico della comunità.
Strettamente legato all’accettazione della scarsità è il
riconoscimento della relativa ignoranza dell’uomo. Si può restare ammirati
dalla conoscenze, dall’applicazione dei risultati ma mai il progredire delle conoscenze, in alcun modo, possono ridurre la portata di
ciò che deve rimanere inspiegabilmente sconosciuto.
Pongono un limite alla conoscenza Non cè nulla nell’esperienza della loro vita
che possa indurli a credere a cause finali perché la loro esperienza si svolge
in un mondo aperto e ampio esposto ad infinite variabili. L’ignoto può essere
rimosso solo entro i confini di un esperimento di laboratorio.
In tempi diversi e a secondo i paesi, la storia moderna
inizia con l’avvio del progresso come obiettivo e motore della storia. Questo
principio è nato con l’avvento della borghesia come classe, poi continuato
attraverso le rivoluzioni moderne e socialiste, che ne hanno completato la definizione. Bisogna
guardare sempre avanti, perché il futuro offre ancora maggiori speranze Nella
visione contadina il futuro è visto come una sequenza di ripetuti atti di sopravvivenza. Ogni atto è come
introdurre un filo in una cruna di un ago: il filo è tradizione.
L’esperienza di crescita e sviluppo per il contadino hanno
un significato diverso e totalmente opposto rispetto all’esperienza culturale
cittadina. Prendiamo per esempio il conservatorismo contadino elemento chiave
della sua condotta, la sua ostinata resistenza alle sollecitazioni al
cambiamento
Ora la nozione di cambiamento nasce storicamente nella
città dove l’ambiente urbano ha offerto
ai suoi abitanti un certo grado di sicurezza e protezione. Così i sistemi di
riscaldamento hanno compensato le variazioni di temperatura, l’illuminazione ha
reso minima la differenza tra il giorno e la notte. Inoltre una vasta gamma di
servizi,dalle scuole alle librerie agli ospedali , dai panettieri ai macellai
ha reso meno angosciante la vita. Ovunque edifici progettati come promessa di
sicurezza e continuità.
Al contadino manca qualsiasi tipo di protezione. Ogni
giorno deve fare esperienza con i
cambiamenti strettamente legati alla sua esistenza. Alcune di esse sono prevedibili,
come il cambio delle stagioni, il processo di invecchiamento e la conseguente
perdita di forze; molte altre come le variazioni climatiche, la morte di una
mucca colpita da un fulmine, oppure le troppe piogge o la siccità ecc. sono imprevedibili L’esperienza del
cambiamento per il contadino è più ricca
ed intensa di qualunque altra classe sociale , per due ragioni. In primo luogo
per le sue capacità di osservazione, coglie dall’ambiente i segni che possono
aiutarlo ad interpretare il futuro. La sua attività di osservatore non cessa
mai registrando le modifiche e riflettendo su di esse. In secondo luogo la
situazione economica. Cosi una variazione anche minima in meno, nella resa di
una coltura rispetto all’anno precedente , un calo di prezzo o una spesa
imprevista possono avere conseguenze disastrose. Non lascia sfuggire la più
piccola osservazione che segnali anche un piccolo,
insignificante cambiamento.
A questo punto dobbiamo chiederci, come si rapportano i
contadini di oggi con il sistema economico globalizzato? Ovvero che spazi di
sopravvivenza sono lasciati ai contadini in un contesto dominato da
l’agroindustria?
(continua)
Nessun commento:
Posta un commento