lunedì 19 marzo 2012

Il buon pane quotidiano



di Giuseppe Bivona

La Genesi racconta che il Dio irato, cacciò  Adamo dal paradiso  condannandolo senza possibilità d’appello:  ”col sudor di tua fronte mangerai il pane…” ovvero d’ora in poi gli uomini saranno costretti a  guadagnarsi il pane con il sudore della fronte. Eppure  la storia  , in particolare quella più recente,  può essere letta come un caparbio tentativo di espirare questo castigo divino attraverso furbesche scorciatoie o ingegnosi espedienti vari. Con quale risultato?

Atterrato sulla pista polverosa di Marzuq  l’eroico aviatore Italo Balbo  dopo aver attraversato  buona parte del deserto libico domandò, con tono  quasi provocatorio, ai beduini  presenti, quanto tempo  impiegavano  con i cammelli, partendo da Bengasi . “Più o meno 28 giorni” risposero tutti d’accordo  i più esperti cammellieri .” Ebbene ,io , ho solo impiegato poco più di sei ore!” disse compiaciuto il governatore della Libia. “Di grazia”  chiesero,ancora di stucco, i carovanieri “ e degli altri 27 giorni cosa ne fate?!”
Se vi capita di visitare il mulino  restaurato e reso funzionale da Umberto Russo a Longi sui Nebrodi, non potete sottrarvi all’emozione che vi assale appena  varcate l’ambio uscio che sfiora la strada , divenuta in quel tratto appena poco più larga dopo un percorso stretto e tortuoso.  Percepite subito una curiosa sensazione ,gradevole, quasi epidermica, come se per la prima volta  ci si potesse appropriare del tempo,invertirne la freccia ,renderlo reversibile, come se una magica moviola ci riconducesse in una età passata, immersi in uno scenario odoroso, rumoroso, polveroso così come l’avevamo lasciato cinquant’anni fa ,prima di barattarlo per qualcosa di cui oggi non riusciamo a definirne  vantaggiosamente i contorni. Ora che  viviamo in un’epoca in cui la nostra capacità di fare e realizzare sembra soverchiare e prevalere sulla capacità  intellettiva di prevedere e governare, sentiamo tutti uno strano  presagio, un vago  malessere .Circa trent’anni fa Masanobu Fukuoka scrisse un testo che fu l’introduzione all’agricoltura naturale :”La rivoluzione del filo di paglia” : Oggi parafrasando il lavoro dell’agronomo giapponese, l’ingegnere  Russo ha compiuto la sua piccola, privata ,solitaria “rivoluzione “ ma…..con il chicco di grano .
Ebbene si ! Viviamo in  tempi  assurdi dove il destino delle cose prodotte dall’uomo è segnato dalle “scadenze” quasi che la nostra maggiore preoccupazione sia la” non  durata”  ,dove qualsiasi bene realizzato ha in se connaturato, incorporato un preciso termine  (da consumarsi entro e non oltre)che ne determina, paradossalmente, non il fine , ma la fine!  Invece qui, in questo silenzioso e delizioso angolo dei Nebrodi, Russo combatte solitario ma deciso la sua battaglia contro ….il Mulino Bianco ,la stravagante invenzione pubblicitaria che da anni  rincoglionisce grandi e piccini, surrogando le naturali sensazioni gustative con piacevoli trasposizioni visive ed uditive in una girandola che confonde e sconvolge il ruolo dei sensi. Cosi basta salire al primo piano dove Russo ha allestito un piccolo laboratorio per biscotti ed essere piacevolmente investiti dal ‘effluvio di composite fragranze, naturalmente sprigionate dalla sua produzione  dolciaria artigianale. Mentre assaggiamo le  classiche  paste secche siciliane  al sapore di pistacchio, non possiamo esimerci da una riflessione: ritroviamo intatta una originale esperienza, caratterizzata dal principio d’inscindibilità che lega con una attenzione e cura meticolosa   tutte le operazioni procedurali nella filiera produttiva ,  coniugando felicemente il “prodotto “con il “processo” . Come si realizza ? Semplicemente esorcizzando la tirannia del tempo  con le sole armi della discontinuità, lentezza ,la paziente attesa, le lunghe pause , ma ancor di più con il “rispetto” delle cose a cominciare  ad esempio dalla materia prima ,la farina ,attraverso la molitura del grano. Si proprio dal nostro chicco! Perché dalle condizioni di macinazione adottate che noi ne determiniamo il grado di danneggiamento dell’amido o meglio dei granuli di amido. Solo le farine con granuli di amido non eccessivamente danneggiate rigonfiano e gelatinizzano debolmente durante l’impasto , quelle che poi ci daranno un pane di giusto volume ,con mollica asciutta ,ben cotta e dal colore della crosta poco scura . Per produrre una si fatta farina i fratelli Russo hanno recuperato le grosse  macine di un vecchio mulino ad acqua le cui pietre speciali provenivano dalla Francia e precisamente dalla zona di La Fertè-sous-Jouarre ,probabilmente di origine vulcanica durissime che non comunicano odori e gusti estranei alle farine durante la lavorazione. Due pietre dal peso di una tonnellata ciascuna, a cui un ruolo non secondario, è affidato alle “scanalature” disegnate sulle facce interne delle macine , molto probabilmente del tipo olandese composta da incavi circolare e solchi paralleli.
La ruota mobile gira lentamente così da mantenere bassa la temperatura preservandone della cariosside  tutta la ricchezza organolettica in particolare consentire al germe ed agli oli essenziali  in esso contenuti ,di amalgamarsi con la restante parte amilacea evitandone la “cottura”e così  conservare molte proprietà benefiche naturalmente presenti nel grano. La farina “tal quale “ finisce nel buratto dove un cilindro a pareti di tela separa la sola crusca , la parte più esterna ,periferica del chicco. E’ qui che Russo orgogliosamente, vi mostra  le tante risultanze di una vasta e attenta ricerca medica, che assegna alla fibra  e alla suo ricco contenuto in minerali  un ruolo di scavenger(spazzino)  decisivo nella prevenzione e cura di molte malattie  cosi dette del benessere che non a caso,sono aumentati, da quando abbiamo abbandonato   gli Antichi Mulini a Pietra.

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