mercoledì 14 marzo 2012

La gallina è un animale intelligente!


Giuseppe Bivona


“Avanti a chi tocca” disse  con la solita decisa  cortesia il signor Rizzo, “ armato “ della sua sassola, impugnata  saldamente come se fosse un soldato romano, ostentante  la sua gladio.
La signora anziana che con fatica era rimasta in piedi, aspettando il turno, strattonò il marito assorto   ad osservare il contenuto dei sacchi esposti, aperti per mostrare le granaglie: mais intero e spezzettato, orzo, avena, crusca, fave ecc.. –
“ Cicciu a niatri tocca!” -. Lu zu’ Ciccio ubbidiente da una vita, alla voce della moglie  scattò  sull’attenti come si conviene ad una recluta  militare, prese il sacco e lo porse aperto per riempirlo di granaglie.
Il  signor Rizzo aveva iniziato a versare le prime palate al che lu zu’ Cicciu  chiuse la bocca del sacco  e con aria trasognata chiese: - “ Possibile , che queste mie galline, siano cosi stupide! Pensate,lasciano  il grano, il mais ma pure il mangime, per rincorrere un filo d’erba, una” liffia” di cipolla, per non parlare delle foglie di lattughe, quelle di risulta, che mia moglie scarta in cucina! Non ci crederete,  ma alcune di loro, saltano la recinzione, rischiano di farsi  mangiare dai cani … per pochi, inutili fili d’erba !“
Nella “putia” del signor Rizzo scese un silenzio imbarazzante, finché il provvidenziale spirito gioviale del proprietario ruppe il generale disagio: - “ Ma zu’ Cicciu….. lo dice pure la canzone  che ” la gallina non è un animale intelligente!”

 No! Caro zu’ Ciccio, le galline  non sono stupide, gli imbecilli siamo noi, ignoranti e presuntuosi,   che abbiamo perso il senno, il ben dell’intelletto, la capacità di osservare, riflettere, fare tesoro dell’esperienza quotidiana!  Non traiamo più dalla natura nessun insegnamento
Nel lungo processo di addomesticamento, in questi ultimi decenni ha prevalso l’esigenza “ aziendale”, il modello organizzativo, la praticità, l’economicità, l’efficienza. Interventi  che,  attraverso la semplificazione della razione alimentare, tradotti con somma banalizzazione in unità foraggere, pensavamo di ridurre la “macchina” animale ad uno strumento atto a trasformare gli alimenti vegetali in carne, uova e latte. Siamo  riusciti ad abbassare, fino all’inverosimile “l’indice di conversione” ovvero la quantità di mangime necessario per essere trasformato in prodotti  zootecnici.
 Il “miracolo” della moderna avicoltura ha due santuari: il miglioramento genetico, ovvero la capacità di rendere più efficiente la “macchina” e l’industria mangimistica, ovvero la ricerca di un “ carburante” altamente energetico.
Così, le galline  “moderne” non sanno più cosa vuol dire razzolare, beccare i teneri fili d’erba, cibarsi di larve scovate nell’aia alla ricerca di germogli o insetti e poi la più infame delle torture…. non conoscono il gallo! E…. cosa ne è rimasto dell’istinto “materno” della chioccia padovana? Così minuta ed agile, capace di affrontare animali più grossi di lei per difendere la covata!
 Ora tutto è proteso alla massima razionalità: raggiungere il massimo risultato col il minimo dispendio di risorse. Per abbassare i costi sono stati escogitate tecniche di allevamento da lager nazista. Capannoni con 5000 e talvolta 10.000  capi col sistema “ tutto pieno, tutto vuoto”.
La vigilanza è affidata a uno o due operai che si limitano  a somministrare acqua, mangime e antibiotici o sulfamidici. Trascorsi un paio di mesi, il capannone è svuotato, ripulito, disinfettato pronto per ospitare altri pulcini.
Che strano destino quello dei polli, nascono senza un atto d’amore, la gestazione è affidata ad una macchina che simula il calore, l’umidità e..il giro dell’uovo. Appena nati vengono “sessati”, un “criminale” giapponese trovò il modo di riconoscere il sesso nei pulcini di un giorno. Ora immaginate la fine che faranno i maschietti la cui razza è destinata a produrre uova!
Il pulcino non ha infanzia  è destinato,  con alchimie varie,  a divenire subito adulto ovvero un brolier, per avere un incremento di un kilogrammo di carne, bastano appena Kg 1,5 di mangime e raggiunge il suo peso vivo di circa Kg 2,300 in 35 giorni. Miracolo o follia?
Le loro carni sono immangiabili, nessun ristoratore che si rispetti ha la spudoratezza di servirle al tavolo dei suoi clienti. Non “tengono” la cottura se si supera di poco il punto giusto, per cui le loro carni si sbriciolano e, se restano cotte, sanno di pesce marcio. Sono destinati alle mense delle fabbriche o, peggio ancora, alle mense scolastiche e, comunque, alle famiglia con basso reddito.
Tutta la ricerca e la pratica applicazione che ne è derivata nel settore zootecnico, è stata indirizzata unicamente per produrre profitto agli investitori di mangimi e zoo farmaci e cibo spazzatura per i consumatori. La follia produttivistica non ha più limiti, la ricerca “forza”i  confini biologici delle specie, proponendo polli senza piume per ridurre i tempi dello piumaggio o la produzione di tre uova al giorno per le ovaiole.
In un mondo globalizzato nessuno può impedire alla “tecnica” di fare quello che può fare, non ci sono limiti etici che possono imbrigliare la ricerca e lo sviluppo della “tecnica”.
Tuttavia una cosa possiamo pretendere: che le “nuove” produzioni non siano chiamate o confuse con le produzioni tradizionalmente coltivate ed allevate. Quando si “ denatura “ un processo è ovvio  che si  “altera “ il prodotto in tutti i suoi aspetti merceologici: dal colore alla consistenza, al gusto, al valore nutritivo e alla funzione nutraceutica.
L’esempio più eloquente lo traiamo dall’uovo. Cosa ci ”azzecca” l’uovo “industriale” di allevamento intensivo, con  un uovo di gallina che cresce libera di razzolare in un prato,che il giorno non è confuso con la notte e che  prima di deporre l’uovo si è felicemente accoppiata con il suo gallo!

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