NinoSutera
la cucina italiana candidata a Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità, evidentemente non sanno che gran parte della materia prima, proviene dall'estero.
L'Italia è autosufficiente per quanto riguarda vino, frutta fresca, uova e pollo(attenti agli allevamenti super industriali e inquinanti)e acqua minerale, liscia e frizzante Solo in questi casi abbiamo la quasi totale certezza di comprare un prodotto made in Italy al 100%.Vediamo di capire perchè in tanti si danno un gran da fare a parlare di cibo, mentendo sapendo di mentire.
Periodicamente si organizzano eventi, manifestazioni, convegni ect. all'insegna della dieta mediterranea, del cibo sano,grande e giusto, del K zero (un inno nazional popolare..dello zero appunto) ...durano da sempre, quando la brina di primavera al spuntar del sole. Il proliferare di organizzazioni, associazioni e congregazioni più o meno specializzati solo ad intercettare risorse pubbliche, a danno dei azionisti di maggioranza, "gli agricoltori " rappresenta ancora una volta una conferma.
"In tanti parlano di cibo, pur non avendone titolo, sconoscono completamente la materia, non si è ancora capito se ci sono o ci fanno "
In un mondo in cui mangiare ha assunto molti altri significati rispetto a quello energetico, l’ identità, il conforto, la socialità, l’ etica, la politica e naturalmente l’ agricoltura, rivestono un ruolo non secondario.
E’ innegabile che il cibo ha un stretto legame con l’agricoltura e la cucina, definiva e raccontava la nostra italianità Una identità che riflette nel bene e nel male la nostra storia millenaria, e rispecchia fedelmente la nostra geografia: un Paese che si estende per quasi 1300 km di lunghezza, con una ricchezza impressionante di territori, suoli e paesaggi (collina, montagna, pianura, mare, lago, vulcani) nonché di climi ed ecosistemi (da quello gelido alpino/appenninico a quello arido mediterraneo). Recentemente la cucina italiana è stata candidata a Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità
Pur tuttavia, va anche detto che l’Italia nel settore alimentare non è più autosufficiente e deve importare grandi quantità di materie prime dall’estero. Una situazione ben conosciuta dagli addetti ai lavori, ma meno nota al grande pubblico, che vorrebbe sempre comprare cibo “made in Italy” che peerò non c’è.
Questa mancanza, si traduce nella necessità di importare ingredienti da trasformare in prodotti finiti destinati sia al consumo interno sia all’esportazione. Il nostro Paese non riesce a produrre tutte le risorse di cui ha bisogno sia a causa di politiche restrittive dell’Unione Europea, sia per la diminuzione dei terreni destinati all’agricoltura, che per l’abbandono delle attività agricole poco remunerative da parte dei contadini.
L’esempio della pasta è indicativo: il grano duro italiano copre solo il 65 % del fabbisogno, occorre importare frumento da Paesi come Canada, Stati Uniti, Sudamerica. Anche per il grano tenero vale la stessa cosa poiché il prodotto interno copre solo il 38% di ciò che richiede il settore, con importazioni da Canada, Francia, ma anche Australia, Messico e Turchia. Non cambia la situazione per altre categorie merceologiche: le carni bovine italiane rappresentano il 76% dei consumi e per il latte si scende addirittura al 44%, lo zucchero viene soprattutto dal Brasile, mentre il pesce da Paesi Bassi, Thailandia, Spagna, Grecia e Francia, oltre a Danimarca ed Ecuador. Inoltre la maggior parte dei legumi non sono italiani, a causa di drastiche riduzioni delle coltivazioni. Adesso le importazioni provengono principalmente dal Medio Oriente, Cina, Stati Uniti, Canada,
Siamo invece autosufficienti per quanto riguarda vino, frutta fresca, uova e pollo(attenti ai allevamenti super industriali) Solo in questi casi abbiamo la quasi totale certezza di comprare un prodotto made in Italy al 100%.
Esiste quindi un tema centrale, la sovranità alimentare
Non tutti sanno, che la cucina italiana era una volta tradizione, nata dall’incontro di culture, la più alta espressione del Made in Italy Agro-Alimentare era composta da materie prime rigorosamente autoctone, (la Sicilia era fino a qualche secolo addietro il granaio dell’Impero) quando perde il legame fra uomo, ambiente, clima e cultura produttiva, diventa un mero prodotto commerciale.
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