mercoledì 2 gennaio 2013

I tabù della modernità: la medicina ( parte terza)




Giuseppe Bivona
Il medico sta male se nessuno sta male”

“I fattori comuni che hanno dominato l’evoluzione umana  e prodotto l’Homo sapiens erano pre-agricoli. Il mondo di vita agricolo ha predominato per meno dell’un per cento  della storia umana,  e non c’è nessuna  prova di mutamenti biologici  importanti  durante quel periodo di tempo… l’origine di tutte le caratteristiche comuni va cercata nei tempi pre-agricoli.
I primi gruppi di umani vivevano  a stretto contatto con la natura, si spostavano in continuazione per non rimanere  a lungo in contatto con i loro escrementi, cosi da ridurre sensibilmente le malattie parassitarie. Avevano a disposizione  un’ampia varietà di cibo fresco. I piccoli gruppi  vivevano  dispersi in un’ampia area  cosi da impedire  o prevenire  la diffusione di  malattie da una località ad un’altra. In poche parole i gruppi di umanoidi erano cosi piccoli da impedire lo sviluppo di una popolazione di parassiti legati a malattie infettive. Tipico è il caso del morbillo che si diffonde solo e solamente in una popolazione che superi abbondantemente le 500.000 unità. Bisognava quindi che i parassiti, per installarsi in un ambiente, interferiscano con  gli ospiti non umani,  tipo la peste bubbonica   dei roditori,  o la febbre gialla e la malaria delle scimmie, o l’idrofobia dei pipistrelli. Una volta che abbiamo distrutto l’habitat   degli animali ospiti e modificato l’equilibrio, i microrganismi collegati si sono rapidamente trasferiti negli esseri umani. Così la zanzara anofele, che originariamente colpiva le scimmie  provocando blande reazioni, a seguito dell’abbattimento delle foreste dovette trovare altri ospiti  e quelli più disponibili erano gli esseri umani. Nel modificare il nostro habitat  di vita abbiamo fornito una condizione ideale per lo sviluppo dei parassiti.  Tipico è il caso del diffondersi della schistomatosi e della malaria, a seguito degli impianti d’irrigazione nei paesi caldo aridi.
 Costruendo dighe e canali d’irrigazione per alleviare la fame nel mondo, l’uomo ha  creato le condizioni  ideali per la diffusione della malattia”( WHO).
In generale l’ambiente in cui viviamo si è allontanato sensibilmente  e sempre di più da quello  al quale siamo stati adattati dalla nostra evoluzione, costringendoci a conurbazioni  “innaturali”.
Mangiamo cibi  coltivati e prodotti  con processi innaturali, facendo uso di sostanze chimiche: “ormoni, antibiotici, pesticidi, diserbanti, nematocidi ecc.” i cui residui si trovano  in tutti  i prodotti alimentari  attualmente in commercio. Inoltre questi alimenti vengono sempre più spesso trasformati  dalle grandi fabbriche, col risultato  che la loro struttura molecolare è talmente diversa da quella dei cibi  a cui ci siamo adattati  nella nostra evoluzione da non essere “riconosciuti”, con grave danno al nostro metabolismo. Beviamo acqua  contaminata da metalli pesanti, sostanze chimiche organiche di sintesi, pesticidi compresi, che nessun impianto di depurazione riesce efficacemente ad eliminare. Respiriamo aria inquinata da piombo derivante dal petrolio, particelle di amianto, monossido di carbonio e ossido di azoto  dei gas di scarico delle macchine, e altro ancora proveniente dalle ciminiere industriali.
Non è un caso che in queste condizioni  oggi soffriamo  di una nuova gamma di malattie, totalmente sconosciute ai popoli primitivi, ma la cosa più sorprendente è che  l’incidenza di queste malattie  seguono in proporzione la crescita del Pil. Queste malattie vengono chiamate “malattie della civiltà”, come le ulcere gastriche, malattie cardiovascolari, obesità, diabete ecc. ecc .
Abbiamo perso il lume della ragione  semplicemente perché  non sappiamo affrontare le cause, e ancora più grave è che in nome del progresso e del benessere accentuiamo quelle trasformazioni  che per loro natura  si scostano sempre più  da quelli  alle quali siamo stati adattati.
Nutriamo una cieca fede nell’onnipotenza della scienza e della tecnologia, che vengono propinati come dono dell’infinita adattabilità. Ma il vero adattamento deve  riferirsi alle trasformazioni  che reagiscono  alle discontinuità, creando le condizioni che ne riducano l’incidenza e la gravità, invece che limitarsi a eliminare i sintomi. Prendiamo l’esempio della carie dentaria:
Gli uomini primitivi nel complesso avevano un’ottima dentatura, poi con lo sviluppo economico lo stato dei denti è peggiorato. Oggi siamo generalmente d’accordo  sul fatto che questa epidemia è il risultato del mangiare robaccia, cibi spazzatura come dolci, biscotti, tortine, brioscine, pane bianco ecc. L’unica vera seria risposta  adattativa  per affrontare il problema consiste  nel far si che la gente, e in particolare i bambini, cambino dieta. Tuttavia è lontanamente immaginabile che la moderna società industriale, che vede tutto in termini di vantaggio economico  a breve tempo, possa  ridurre o annullare la vendita di questi prodotti alimentari. Essa deve perciò adottare una strategia diversa,  ovvero ricorrere ad una quantità di dentisti  che estraggono denti guasti  e li sostituiscono con denti falsi. Una strategia come tante altre che serve ad aumentare l’attività economica,  ma non a risolvere il problema della salute dei denti. E’ quello che Boyden  definisce uno “pseudo adattamento“ ovvero un modo singolare  di non affrontare le cause della malattia, ma solo mascherare i sintomi.
Curare sistematicamente i sintomi della malattia invece  che eradicarla, significa fornire costosi trattamenti  tecnologici ed ospedalieri  a uso intensivo per orde di persone  che inevitabilmente si ammalano in un ambiente sempre più insalubre.(continua)

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