(seconda parte)
Giuseppe Bivona
(A. Broyard)
Il concetto di salute e
malattia che domina le nostre
convinzioni sono coerenti con la logica industriale della “mercificazione” economica, ovvero la vendita di strumenti e consulenze mediche.
Perciò la conoscenza è stata divisa
,segmentata, parcellizzata con il solo obbiettivo di cavar maggior profitto.
Ma la nostra vita ,come quella di tanti esseri
viventi o meglio di entità viventi ,come le molecole, le cellule,gli organismi ,
sono governati dalle medesime leggi
fondamentali , come ad esempio dalla Teoria Generale dei Sistemi naturali .
Proviamo ad analizzarla.
Di solito si considerano i processi vitali largamente
casuali , ovvero lo stato di disordine al posto di un ordine e la mancanza di scopi invece
che di gerarchie o finalità . Tutto ciò è molto fuorviante: ordine e
finalità , sono inscindibili ,la seconda non è che ordine a quattro dimensioni,
sono i dati più sostanziali della nostra
biosfera . Il ruolo svolto dalla scienza è individuare regole e trame , fino all’odierna
cibernetica ovvero la scienza del controllo , il che
equivale a mantenerlo nel suo corso o traiettorie , cioè nella direzione
del suo scopo, in un contesto dinamico.
Sono concetti apparentemente poco comprensibili, ma basta osservare come
raggiungiamo lentamente la
stabilità dopo tentennamenti a destra e
manca quando montiamo una bicicletta o la dinamicità “statica” del mulinello
fatto dall’acqua quando togliamo il
tappo al nostro lavandino.
L’obbiettivo dei processi vitali è raggiungere
la stabilità . Ora un sistema vivente è stabile
nella misura in cui è capace di
mantenere la sua struttura fondamentale
nei confronti di possibili “turbolenze” . O, se si preferisce ,
mantenere la propria omeostasi di fronte ai cambiamenti . L’entità vivente non
è, e no può essere per definizione “statica” , ma deve essere capace di cambiare
per adattarsi ai cambiamenti ambientali .
Ebbene questi cambiamenti non sono fine a se stessi , bensì modi di
prevenirne altri più distruttivi .
Solo alla luce di queste
considerazioni teoriche si può capire
meglio il concetto di salute
ovvero la tendenza di un
organismo a ricercare la sua stabilità , all’interno del suo ambiente fisico,
psichico e sociale.. In altre parole un
organismo è sano se è capace di mantenere
la sua stabilità di fronte a
discontinuità potenzialmente dannose. La salute potrebbe essere definita come
la proprietà continua , misurabile con la capacità individuale , di resistere
agli attacchi chimici,fisici, infettivi o sociali.
Se definiamo la salute in questo
modo , la nostra nozione di
causa/effetto deve essere modificata
radicalmente. La causa di una malattia non può essere considerata l’evento
immediatamente precedente che l’ha innescata per esempio, al microorganismo
associato a una certa malattia infettiva, o se si vuole ad un accidente, ma
alla moltitudine di fattori che hanno
ridotto la resistenza dell’organismo al punto di farlo cadere vittima di una offesa
che normalmente avrebbe
provocato soltanto sintomi blandi.
Ecco che non basta più
stabilire se il tal cambiamento
fa sorgere sintomi clinici ,ma se è capace di ridurre la resistenza
globale degli esseri viventi e quindi la loro stabilità o salute.
Tutto ciò indurrebbe a rivedere la
medicina attuale e con essa la politica sanitaria abbandonando la stolta presunzione di aprire
una guerra chimica contro tutti i
vettori di malattie che equivale ad eliminare solo e solamente i
sintomi . Essa dovrebbe invece creare
quelle condizioni in cui le
discontinuità sono ridotte al
minimo e la capacità degli
individui di far fronte alle perturbazioni e accresciuta al massimo.
Via via che i sistemi si
sviluppano attraverso il processo
evolutivo , diventano sempre più stabili , cosi è possibile farsi una idea del
tempo nel quale un animale è vissuto in
un particolare ambiente , semplicemente valutando in che misura ha imparato a convivere con altre forme di
vita compresi i parassiti . Se vi ha
vissuto a lungo , le malattie dovute a tali parassiti diventate endemiche , sono relativamente
blande e la loro funzione si limita
semplicemente di eliminare gli individui
vecchi e deboli , effettuando un controllo qualitativo e quantitativo sulla popolazione.
Non mancano gli esempi sia nel mondo
animale ,come gli effetti della mixomatosi dei conigli in Australia , che nelle
popolazioni umane ,esempio dei popoli della Polinesia, quando vennero a
contatto con i “civilizzatori” europei. Cosi appare evidente che con
l’evolversi i sistemi viventi diventano
sempre più adatti al loro ambiente e più stabili, o meglio : l’ambiente che più favorisce la salute di un essere vivente è quello in cui esso è
stato adattato dalla sua evoluzione e col quale si è coevoluto.
Ma è vero anche il corollario di
questo principio . Quando l’ambiente di un essere vivente viene fatto
divergere da quello con il quale
si è coevoluto e a cui si è
adattato , diventerà sempre meno stabile , meno capace di affrontare le discontinuità , quindi meno sano. Alcuni
scienziati hanno definito queste condizioni :”principio di disadattamento
filogenetico” , ovvero “ se le condizioni di vita di un animale si discostano da quelle che prevalevano nell’ambiente nel quale la sua specie si è evoluta e probabile che si dimostri meno adatto alle nuove condizioni e conseguentemente sono prevedibili alcuni segni di disadattamento “(Stephen
Boyden)
Questo principio comprende non solo i mutamenti ambientali di carattere fisico chimico compresi i cambiamenti relativi alla qualità del cibo o
dell’aria ma anche vari fattori ambientali non materiali , compresi certe pressioni sociali
che possono influire sul comportamento.
(continua)
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