G.Bivona
“ Accattari ligna pi poi vinniri cinniri”( Comprare legna per poi
venderne la cenere)- “Tirare acqua cu la cartedda”( Attingere acqua utilizzando
un cesto di vimini)- “ Ammuttari lu fumu cu la stanga”(Voler spingere fuori il
fumo servendosi di una trave).
Così i nostri vecchi saggi
contadini sintetizzavano situazioni
caratterizzati da evidenti grossolane illogicità e insensatezza. Vivevano in tempi
in cui l’essenziale bastava e il di più “guastava”, non si potevano permettere alcuna forma di spreco ,perciò lo stile di
vita era essenzialmente “sobrio”. Poi arrivò la rivoluzione industriale, il
miracolo economico, la rivoluzione verde, la stolta convinzione che le fonti energetiche disponibili non dovevano
mai esaurirsi. Il nuovo “ordine”
travolse come un ciclone tutto e tutti
, ci spinse in un euforico ottimismo, che non ammetteva ripensamenti e
perplessità .
Eppure verso la metà degli anni
settanta,come una voce fuori dal coro, il professore Howard Odum studioso scrupoloso e persona giudiziosa
, cercò di calmare i “bollenti spiriti” quand’ebbe la felice intuizione di
utilizzare una “nuova” matematica per calcolare le entrate e le uscite, i
costi e i ricavi ,insomma rifece i
conteggi che determinano il bilancio energetico nelle attività produttive e
particolarmente in agricoltura.
I risultati ottenuti erano sconfortanti! Se ad esempio estraiamo petrolio da un pozzo
in via di esaurimento ci troviamo di fronte ad una vistosa “perdita” di energia
e non a una “fonte” di energia.
Raramente pensiamo che per
produrre energia utilizziamo un’altra certa quantità di “energia”, necessaria alla esplorazione per la ricerca di
combustibili , per costruire dei macchinari per la sua estrazione, per
costruire e gestire le centrali, per i trasporti e infine per le dismissioni.
Ebbene l’efficienza di un “investimento” energetico è limitata dal 2° principio
della Termodinamica meglio conosciuta come legge dell’entropia. Ora, la
differenza tra l’energia totale ottenuta –meno- tutta l’energia utilizzata per
far funzionare un sistema di approvvigionamento , equivale all’energia “netta”.
In altre parole la quantità di energia realmente disponibile per compiere
lavoro utile.
Fino a quando il costo
dell’energia viene espresso in denaro, non ne cogliamo pienamente la
“dissennatezza” di certi modelli economici e produttivi ,ma ad un tratto diviene palesemente evidente, se
utilizziamo una scala di valori “commensurabile”, quale ad esempio la
kilocaloria (o meglio joule). Solo ,allora ci accorgiamo di rasentare la demenzialità. Si come se,trovassimo
conveniente, scambiare due mele per averne in compenso una!.
Ebbene già nel lontano 1994 David
Pimentel e Mario Giampietro consideravano sottostimate il rapporto di 1,4 tra
produzione e consumo nella moderna agricoltura , ovvero per 0’7 kcal di energia
fossile consumata la nostra agricoltura produceva 1kcal di cibo . I dati erano
stati elaborati dalla FAO , ma
erroneamente dal conteggio
avevano escluso l’irrigazione e i
pesticidi oltre i costi per l’essiccamento, il trasporto per i materiali e i
prodotti per e dalle aziende , e infine non era stata inclusa l’energia spesa
per il confezionamento, il trasporto verso i punti vendita , la refrigerazione
o la cottura casalinga.
Gli stessi autori poco dopo rifecero i calcoli in modo più
accurato circa l’energia netta derivata da combustibili fossili impiegata in
agricoltura .Intanto definirono due forme distinte di immissione di energia :
a)
energia endosomatica , quella generata dalla
trasformazione metabolica del cibo in energia muscolare nel nostro corpo.
b)
Energia esosomatica , quella generata dalla
trasformazione di energia all’esterno del corpo umano ,come nel caso della
benzina che brucia in una macchina.
Ebbene prima della rivoluzione
industriale tutta l’energia proveniva
dal sole tanto l’endosomatica quanto
quella esosomatica. Oggi invece i combustibili fossili rappresentano il 90%
dell’energia esosomatica Il vecchio
rapporto tra energia eso-endo della società preindustriale di 4a 1 ,oggi e
cresciuto fino ad arrivare e superare i 90a 1 .
La stessa “qualità “ dell’energia
endosomatica è cambiata essendo spesa
per generare flussi di informazioni o dirigere macchinari alimentati
dall’energia esosomatica. Ma ritornando al rapporto 90 e 1 va da se che ogni
kcal di energia endosomatica spesa induce la circolazione di 90kcal di energia
esosomatica. Per avere un’idea , un piccolo motore è in grado di convertire le
38.000 kcal contenute in poco meno di 4 litri in 8’8 KWh che equivalgono a circa tre
settimane del lavoro di un operaio!.
Se ci spostiamo nel sistema agro-alimentare,
la nostra moderna ,progredita,
società occidentale , per ogni kcal di
cibo consegnato al consumatore sono necessarie 10 kcal di energia esosomatica
.ovvero il”sistema” consuma dieci volte più energia di quanto ne produca sotto
forma di cibo .
Come si spiega questa paradossale
assurdità? Ebbene ,ciò è reso possibile grazie alle abbondanti disponibilità,
in questi anni di combustibili fossili non rinnovabili.! Una inaspettata
eredità che ci siamo visti arrivare da un lontano zio “americano” di cui
sconoscevamo per millenni la sua esistenza!
Ma Pimentel e Giampietro vanno oltre : una dieta che apporta
giornalmente circa 2.500kcal ,il rapporto 1/10 si traduce in un fabbisogno
giornaliero di 35.000 kcal di energia esosomatica . orbene considerando che
un’ora di lavoro richiede la
disponibilità di 10.000 kcal di energia esosomatica ,nel nostro sistema attuale
,il flusso di energia per sopperire alla dieta giornaliera verrebbe raggiunto
in poco meno di 20 minuti di lavoro . Cosa accadrebbe se rimuovessimo i
combustibili fossili dall’equazione? Ebbene la nostra dieta giornaliera
richiederebbe 111 ore di lavoro endosomatico ,come dire che per soddisfare
l’attuale dieta giornaliera dovremmo lavorare circa tre settimane! Stiamo
mangiando …..combustibili fossili!
In oltre 500milioni di anni ,i
processi geologici hanno accumulato per noi un ricco conto in banca -il
petrolio- Noi, in pochi decenni stiamo raggiungendo il fatidico” picco”. Perciò
urge porre attenzione ad altre fonti di energie cosiddette “alternative”
Tra queste vengono annoverati i
biocarburanti ritenuti una alternativa
ecologica ai combustibili fossili .Le organizzazione di categoria degli
agricoltori , non stanno nei panni ,esultano per la prossima”rivoluzione” verde
. Ma tanto entusiasmo e giustificato?
Secondo un recente studio dello
stesso David Pimentel e Tad Patzek
tendono a smorzare l’euforia
,l’efficienza di questi combustibili ,cifre alla mano, non promette
nulla di buono .
Far diventare colture come mais
,soia e girasole o qualsiasi biomassa vegetale ,sorgenti di combustibile, è un
processo che impiega a sua volta energia e secondo gli studiosi è superiore a
quella prodotta. Lo studio ha dimostrato che la produzione di mais richiede
29%in più di energia (che in questo caso è fossile ) rispetto a quella prodotta
in un combustibile come l’etanolo ; il panico verga , una graminacea che si
ritiene essere interessante per le aree difficile ,richiede addirittura il 45%
Non abbiamo i dati per la
jatropa, una pianta succulenta ,ma
analizzando coltivazioni adatte alla produzione di biodiesel come la soia ,consuma il 27% in più di
energia , mentre il girasole arriva al 118%..
Prima di saltare immediatamente a
bordo delle scialuppe di salvataggio ,rappresentate dalle energie alternative
,il ricorso alle quali ci consentirebbe di mantenere il tenore di vita attuale,
non pensate che sarebbe saggio assicurarsi che galleggino?
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