mercoledì 28 agosto 2024

Inycon, Menfi e il suo vino

E' una manifestazione di promozione nata negli anni 90, dalla sinergia tra il Comune, le Cantine Settesoli e le aziende vitivinicole locali 

Da venerdì 4 a domenica 6 Ottobre 2024, Menfi, Città Italiana del Vino 2023, sarà capitale del vino siciliano in tre giorni dedicati alle business meeting, alle degustazioni e agli spettacoli.  

Il festival, un’apparizione nell’Agenda degli eventi di grande risonanza turistica 2024 e 2025 della Regione Siciliana, sarà un’opportunità che nessuno dovrebbe lasciarsi scappare se ama il buon vino, il buon cibo e tutti coloro che sono desiderosi di scoprire il patrimonio culturale e naturale di Menfi e della regione.

La città belicina proprio nei giorni scorsi è entrata a far parte delle città dell’Associazione Nazionale Città dell’Olio grazie alla collaborazione con gli oleifici locali e la Fondazione Inycon. Vino, olio, gastronomia e turismo sono oggi i pilastri sul quale si regge il sistema Menfi e che saranno al centro della prossima edizione di Inycon.

martedì 27 agosto 2024

Storie e Personaggi del mio paese

 Peppino Bivona 

Premessa

Quasi sempre per una corretta e rigorosa ricostruzione dei fatti , siano essi storici o semplici avvenimenti, ci avvaliamo   del contributo di ricerche, documenti conservati negli  archivi o testimonianze legate all’evento. Insomma la natura delle fonti costituiscono una seria garanzia per un racconto  oggettivamente obbiettivo.

Ebbene in quello che vi accingerete a leggere in queste pagine, non troverete nulla di tutto questo, la “verità” non è desunta dal rigoroso  lavoro di  indagine o di ricerca ,ma  da racconti e ricostruzioni secondo una chiave di lettura  tutta personale, attingendo alle soli fonti  disponibili  nei ricordi  consegnateci dalla memoria. Semplici testimonianze  sorrette dalle emozioni vissute in quel tempo e nel contesto degli accadimenti. Protagonisti dei racconti  sono quasi tutti  personaggi “minori” marginali,  di quelli per intenderci che non hanno fatto “ la storia di Menfi”. Di queste “figure di spicco”  avranno modo di occuparsene studiosi seri ed impegnati.

Se dovessi utilizzare una metafora per raccontare il rapporto con questo mio  paese sceglierei di immaginarmelo come una “ placenta” dentro un ventre  che alimenta, nutre , ossigena ,difende la vita fetale. Il reticolo di strade apparivano ampi, lo spazio aveva una diversa dimensione. I pochi lampioni appena distinguibili, emanavano una luce fioca, rispettosi del buio della notte Poi gli odori: quelli di ragù la domenica mattina ben distinti da quelli di cavolo,broccolo o di tenerume degli altri giorni feriali .I rumori erano quelli dei nostri passi lungo i marciapiedi, o  quelli lenti e cadenzati sul selciato del mulo. Suoni armoniosi o dissonanti uscivano dalle botteghe di falegnameria, del calzolaio e del fabbroferraio. Dalla bottega del sarto c’era silenzio o rotto dalle note emesse dalla radiolina Poche strade erano asfaltate, la maggioranza di esse l’inverno erano disseminate di pozzanghere.  La mia percezione “fetale” era di vivere in un paese povero, molto povero. Molta gente viveva in spazi angusti, di poche stanze pavimentate con mattoni di argilla color giallo e rosso, in qualche caso in terra battuta. La necessità imponeva di trovare lo spazio per sistemare anche il mulo o l’asino, magari separandolo da un precario tendaggio e sotto il forno era ricavato uno spazio per il ricovero di poche galline: di giorno razzolavano nel cortile antistante. Un paese, dicevamo, povero, ma non misero,ne miserabile; è vero c’erano i mendicanti,quelli infermi o abbandonati costretti a chiedere l’elemosina stesi sulle scalinate della chiesa Madre. Non si moriva di fame, ma gran parte della popolazione era denutrita ,I visi giallognoli segnati dalla malaria. Cera ,è vero,  lo stretto essenziale,mancava il superfluo. Vivevamo in una economia chiusa,circolare di sussistenza essenzialmente e spiccatamente agricola ,dominata dalla coltura del grano ed altri cereali minori,poi la fava, il mandorlo,l’ulivo la vite e il sommacco. Una provvidenziale falda superficiale di acqua  circondava come un’isola il nostro paese. Qui  “nei firriati”presero piede e  si espansero gli orti urbani destinati alla produzione di ortaggi  in tutte le stagioni. Un paese “virtuoso” che non produceva spazzatura! Pullulavano, invece nelle diverse direzioni delle periferie  i letamai “privati”  alimentati dalle deiezioni solide del mulo o dell’sino in una composita lettiera che assorbiva quella umana; la concimaia comunale era piccola e insignificante. Periodicamente i contadini provvedevano a distribuirlo sotto l’ulivo o il mandorlo o alla base del letto nella semina delle fave. E vero, i sevizi igienici erano quasi inesistenti e per molti anni l’acqua corrente arrivava alle fontanelle rionali, qui  le massaie in coda aspettava il turno per riempire le “quartare”. Eppure questo paese viveva  una sua  particolare socialità:le  vicende  che animano i racconti popolari alimentano le chiacchiere in particolare nei Circoli. Si, i circoli queste libere associazioni, espressione delle categorie sociali,rigidamente divise in “caste” chiuse quasi impermeabili come ad esempio quelle notabilati .Questi circoli erano indipendenti dai partiti ma in parte l’ integravano come il Circolo A. Bilello del PCI. Qualche acuto osservatore li definì” covi di maldicenze”

Tuttavia  nel paese si aveva la percezione di respirare una’aria soffocante quasi ”pesante” carica di un odio diffuso che permeasse quasi tutti  gli strati sociali , un odio di classe che non risparmia vicendevolmente “li viddani”, in tutte le sue varianti e di converso la piccola e media borghesia fino ai “cavallacci.”Questo notabilato non    era stato  mai una casta unita,interessi economici  e lotta per il potere creavano profondi dissidi ,  sfociando in pericolose risse  qualche volta con armi da fuoco, come quella tra i Giglio e Imbornone.Le fazioni non si risparmiarono  denunce e colpi bassi ,fino a incriminare il sindaco dott. Bivona per aver portato l’acqua a Menfi.Lo stesso esproprio del”Feudo Fiore”  dei Varvaro ,pare che abbia a che fare con la stretta parentela dell’amministratore del feudo con il dott. Bivona.  Le faide continuarono attraverso percorsi sotterranei,magari mascherati da due distinti logge massoniche  .Ma la fine della guerra e la caduta del fascismo rianimarono le lotte popolari,  La violenza dello scontro raggiunse il suo apice  nel primo dopoguerra del secolo scorso, quando assieme alle lotte per la riforma agraria entrò in vigore il decreto Gullo. Qui si scatena la “tempesta perfetta” .Qui i comizi finiscono con sonore tiri di pietre , vere sassaiate. 

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 L’ingegnere Bilello (“cudidda”)

 

Quel pomeriggio io, Saverio e Giovanni,avevamo un appuntamento con “Buniddu”,la persona di fiducia della buonanima dell’ing. Bilello che badava e accudiva la proprietà e le case di contrada “Pupo Rosso”.

Dopo la morte dell’ing. Bilello, uno dei protagonisti della vita politica menfitana ,alcuni compagni c’eravamo chiesti cosa  fosse rimasto di scritto a  testimonianza dell’impegno politico di questo  “piccolo grande uomo”. Lo conoscevamo per il suo impegno  politico frequentando la sezione del Partito Comunista, fu sindaco del nostro comune, ma ancor più, l’uomo di cultura, incontrandolo spesso  presso la locale  Biblioteca Comunale. Tuttavia c’era un tratto importante della sua vita, in particolare quando fu per un breve periodo responsabile della “Federterra” regionale, che ci rimaneva poco chiaro, in un momento storico complesso e complicato della storia del movimento contadino. Una vicenda di cui   Il nostro ingegnere non aveva gran voglia di parlarne , anzi in quelle poche occasioni ,che se ne faceva cenno ,si svincolava con abile destrezza.

Ricordo che nei primi anni settanta usci per Einaudi, uno studio del prof. Sidney Tarrow della Columbia Università, dal titolo eloquente :“ Partito Comunista Italiano e contadini nel Mezzogiorno. Appena finito di leggerlo lo proposi all’ingegnere,sicuro di stanarlo dal suo  ostinato riserbo . Trascorsero alcuni mesi e un pomeriggio estivo seduti davanti al Circolo Universitario di fronte alla Biblioteca Comunale, l’ingegnere  mi riconsegna il libro di Tarrow. Mi disse che l’aveva letto con attenzione ma non era  del tutto d’accordo con le conclusioni dello studioso americano. Col senno di poi e facile dare giudizi…e tutto al netto delle vicende personali che l’avevano amareggiato e sconfortato.

Ancora la seconda guerra non era finita ,i tedeschi occupavano il centro-nord dell’Italia. Il vero dramma fu vissuto dal nuovo partito Comunista di Togliatti e   dal suo gruppo dirigente. A sentire le notizie che provenivano dalla campagne del Mezzogiorno, per un istante ci si illuse che con la fine della guerra partigiana, e con la disponibilità delle armi ancora nelle  mani, potevamo conquistare il potere in Italia.Dimenticando che con gli accordi di Yalta la collocazione dell’Italia aveva un solo posto:il blocco  occidente. Ma c’era qualche altra riflessione che lasciava seri dubbi sul proseguimento della lotta armata. Il mezzogiorno d’Italia per una sua lettura storica non era tanto dissimile da quello lasciata dai fratelli Bandiera o da Carlo Pisacane?.  Eppure quello che accadde nelle campagne fu il nostro vero autentico “Risogimento”. Il tema centrale per quelle popolazioni, rimasto sempre irrisolto, era  lo stesso ,ovvero “ il miraggio della terra”!  Cosi con il congresso di Salerno il dato era “tratto”!. Ma cosa accadde dopo la liberazione da parte degli americani nel nostro sud? I traumi della guerra avevano scosso le coscienze le popolazioni rurali pagavano sempre più caro il peso delle diseguaglianze, mentre i giovani reduci per aver combattuta una guerra infame, aprono un fronte di lotte sociali con gran  sorpresa degli stessi partiti di sinistra che inizialmente vengono colti impreparati . Il partito Comunista nazionale non sapeva come comportarsi . Cosa fare con questa massa di lavoratori che rivendicavano il diritto alle terre incolte e mal coltivate e poi qualche anno dopo l’applicazione del decreto Gullo sulla spartizione dei prodotti nei contratti di mezzadria. Il partito in quegli anni era retto da Li Causi assieme ad altri compagni delle organizzazioni sindacali tra cui Francesco Renda,Giuseppe Bilello ed il giovane Nicola Cipolla proveniente dal partito Socialista. Non erano tempi tranquilli,la mafia sparava, gli agrari avevano mobilitato il fior fiore degli studi legali a difesa dei propri interessi. Sul fronte contadino emergevano organizzazioni legati al mondo cattolico, figure di piccoli proprietari disponibili ad acquistare con i pochi risparmi  ad acquistare le terre  dei feudatari. Sta di fatto che Bilello e Renda vengono fatti “fuori”ed a proseguire nella carriera fu il giovane rampante Nicola Cipolla. Bilello tornò nella sua Menfi e Francesco Renda si dedicò allo studio e all’insegnamento Cosa aveva provocato la destituzione di Bilello e Renda dalla Federterra? Spesso le vicende politiche si intrecciano con  circostanze umane.Rimane tuttavia innegabile che il nuovo partito, che si stava costruendo per impulso di Li Causi voleva bruciare le tappe per rispondere agli stimoli del vento del Nord e fare delle campagne siciliane un laboratorio di una nuova Resistenza atta a liberare l’isola dal retaggio feudale e mafioso. Pertanto era concesso poco spazio alle iniziative individuali. Fu cosi che Bilello si trovò a mediare il decreto Gullo sia con le organizzazioni cattoliche rappresentati dall’avvocato nisseno Giuseppe Alessi e la controparte degli agrari. La proposta consisteva nel ripartire le quote di prodotto 60% e 40% se la resa per ettaro di grano fosse entro i7qli .Scendeva al 55%  e 45% se supera i 10qli per ettaro,maggiore di15qli ad ettaro,la ripartizione era al 50% fra le parti. Il provvedimento che inizialmente fu accolto  con entusiasmo ma no passò molto chescatenò l’ira dei contadini di sinistra e gli stessi dirigenti di base del partito comunista e socialista. La Federterra ne usci con le ossa rotte. Quello che fu detto e scritto su Bilello è indicibile. Scesero in Sicilia  il ministro Fausto Gullo e il vice Segni per dipanare l’intrigata matassa che dopo giorni di dibattiti si arrivò ad una intesa. Bilello era uno dei pochi dirigenti che conosceva  la complessa e articolata materia della “metateria”siciliana,  conosceva le farraginose complicazioni tra impresa e proprietà in una realtà in cui la piccola borghesia di paese era famelica, feroce, cattiva. Questa sedicente borghesia con qualche fazzoletto di terra  posseduto godeva di una “rendita fondiaria” che aveva consentito loro di far studiare i propri figli in virtù dei contratti di mezzadria “improprie” o forme spurie di contratti di locazione . I compagni del PCI avevano una devozione per questa famiglia Bilello ed in particolare con lo zio Allessandro Bilello, sognavano l’ingegnere, oltre che sindaco un ..onorevole. Immaginiamo per un istante in un contesto di miserie e di illegalità diffuse, il valore di una “voce” che si levava in difesa di quei disgraziati. Una voce forte e vibrante che dal palco del partito comunista denunciasse   le angherie e i soprusi che tanti poveri cristi erano  costretti a subire. Per comprendere la portata dirompente di tutta la vicenda mezzadrile nella nostra zona, bisogna aspettare la fine degli anni ottanta con la legge”Cipolla De Marzi”.Meno silenziosa fu invece l’uscita di scena di Francesco Renda il quale appena insediato nella carica di segretario della Federterra di Palermo,scrisse una circolare alle leghe spiegando che la quantità massima di terra che ciascuno agrario poteva possedere non avrebbe potuto superare i 25 ettari mentre gli organismi superiori erano orientati per il doppio. Fu richiamato in malo modo. “Fu come essere destituito dall’incarico “ scrisse Renda. Le premesse c’erano e alla fine dell’anno con la celebrazione del 2 congresso della Federterra, venne allo scoperto un accordo fatto all’insaputa di Renda tra i delegati comunisti e socialisti e Renda non fu eletto.

Ma torniamo a quei pomeriggio estivo con “Buniddu” che ci guidava tra le stanze della casa  di Pupo Rosso. Regnava un indicibile disordine, sul pavimento  era sparso  vecchi giornali e riviste Saverio scovò una vecchia edizione del Manifesto del Partito Comunista”.Appena vicino l’uscio scorsi la copertina stracciata ma ancora leggibile ,curioso la ricattai e lessi” Guignebert”, il titolo era illeggibile, ma dopo una breve ricerca a casa trovai l’intestazione completa Si trattava di un professore di storia delle religioni allievo di Renan vissuto nella seconda metà dell’ottocento. Molto critico sulla coerenza e  veridicità dei vangeli!

Gli anni del dopoguerra furono contrassegnati da violenti scontri solciali e politici, in particolare con la mobilitazione del mondo cattolico che organizzò le chiese come braccio armato a favore della DC:” Stalin non ti vede…ma Dio si!”.Il nostro ingegnere rispondeva per le rime al clero bigotto e ipocrita .I suoi racconti sulle favole dei vangeli, animavano e divertivano i compagni, come quella del soldato romano travestito da angelo  che seduce l’ingenua fanciulla Maria.Le sue considerazioni sui vangeli erano qualcosa di più di un semplice  o ingenuo anticlericalismo. Il nostro ingegnere ancora giovane pare fosse invaghito da una giovane insegnante dalle belle sembianze, molto devota e timorata di Dio. Ma la faccenda non ebbe  esito positivo forse per il pregiudizio di Lei( un mangiapreti), ma ancor più per il nostro Bilello che non si sarebbe legato per tutta una vita ad una bigotta, una di quelle che nell’intimità del rapporto ti esclamano:” No lo fo per piacer mio ma per dare…..”.

Visse gli  anni della sua vita conformemente e nel pieno rispetto del suo “desiderio”Considerava una vita pienamente vissuta quella in grado di generare “frutti”.Amava la libertà in tutte le sue declinazioni. Fece delle scelte di vita private, lontano dal conformismo bigotto di molti suoi paesani. organizzò un modello di vita che lo faceva stare bene con se stesso.

 Avanti negli anni lo incontravo nella spiaggia di Porto Palo, usciva dall’acqua come un piccolo mitico eroe greco, orgoglioso di tuffarsi a più di ottantenni nelle  fredde acque  del nostro mare africano. Scendeva  a  mare per farsi il bagno in dolce e piacevole compagnia. Ci salutavamo e nel stringergli la mano osservo  i suoi piccoli occhi che illuminavano il suo viso, benché segnato da profonde rughe,lasciavano  intravedere quanto fosse “sazio” della vita. Una vita  vissuta con coerenza ed onestà intellettuale e ora  come una seconda pelle se la sentiva orgogliosamente tutta a addosso. Durante la sua vita  aveva fatto una scelta radicale: non c’era stato mai posto  per gente mediocre e normale!.

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 Berto,Nardu e Mommu

 

                           Gli stracci del 68 volavano ancora alti  e il solito gruppetto di compagni si attardava nelle calde  serate estive a passeggiare lungo via Della Vittoria e la Piazza Vittorio Emanuele.Lo scenario non era dissimile  dai “Vitelloni” di felliniana memoria. Non mancava nessuno: Filippo, Lorenzo, Nino e poi Saverio,Giovanni…

Lo sviluppo della serata come  un collaudato rituale non ammetteva deroghe: risalita da Porto Palo, appuntamento d’obbligo alla Birreria Italia da Dorino, consumo dell’immancabile “pezzo,d’uro” ,il gelato artigianale preparato da” Piddu” secondo una ricetta tramandata da generazioni. Poi il bar chiudevano, ma la temperatura non  si abbassava: era impossibile andare a letto!Aspettiamo. Ma non troppo disse Nino , si corre il rischio di scontrarsi col proprio  padre  la mattina presto ,intento a caricare gli attrezzi sui muli, aiutato da sua nonna, che non perdeva occasione vedendolo arrivare , di apostrofarlo:” Abbiamo lu porcu a la stadda”.Lorenzo, da buon e attento   letterato non perse occasione  per ricordarci che non c’era nulla di nuovo:  era successo  qualche secolo  al “Giovin  signore” imbattersi la mattina, prima dell’alba al canto del gallo.Il signorino, assonnato e stanco, tornare al palazzo la mattina presto, dopo una notte segnata dalle fatiche notturne e …..il “ villan” che  salutando moglie e figli si preparava per recarsi al lavoro.

Fu tra questi intermezzi di effimeri reminiscenze letterari,  che vedemmo fermarsi ai quatto canti del negozio della signorina “ Scicta” l’Alfa Romeo  di don Melchiorre  ovvero “ Lo Duca”. Accostatosi al marciapiede scende con la sua inseparabile valigetta il nostro caro Berto.

Ma ,scusate,di questi tempi  Berto non doveva essere a villeggiare a “Città del Mare”? Sta di fatto che quello che si avvicinava verso di noi era proprio Lui, dal volto serio e poco incline  a dare delle risposte.

Con tono serio Berto  mi chiamò a parte, volle accertarsi che mi ero laureato in agraria e perentoriamente, senza esitazione mi chiese di rilasciargli un” attestato”. Confesso che io e i miei amici non avevamo ancora capito un fico secco , ma lasciammo che la faccenda si riavvolgesse come una “ senderepity”.

  “Scrivi” disse con accento perentorio e voce inflessibile: “ Io sottoscritto……. Agronomo, dichiaro che il qui presente  Alberto Puccio è un abile potatore, profondo conoscitore  di piante e della materia botanica, destinato come suo primo impiego a curare la “villa comunale”ecc ecc… “ Qui qualcuno dei presenti manifestò qualche dubbio: “Ma non eri impegnato a pulir la strade che dal paese conduce al “Pupo Rosso?Berto non si distrasse più di tanto.

Ma per farla breve e  non annoiarvi troppo, che cosa era successo. Come Ciavula scopre la luna, Berto  alla fine degli anni settanta, scopre “ Città del Mare”, un vero e proprio paradiso per le vacanze estive, di proprietà dei compagni del Partito Comunista emiliano - romagnolo. Ora dovete sapere che Berto non era un comune compagno, un semplice attivista, ma aveva fede ,la sua passione  era coinvolgente e travolgente. Che i compagni emiliani avessero realizzato una simile  struttura, lo inorgogliva, si sentiva gratificato. fiero  e partecipe di questo …miracolo.

Ebbene,il nostro Berto durante il soggiorno , non sempre si ricordava di essere un “cliente” ,spesso la sua tessera di iscritto al partito e la sua granitica  fede politica,lo portavano a valicare gli obblighi di un comune cliente. Cosi entrava nel merito del comportamento dei dipendenti  o nella gestione del personale ,censurava qualche atteggiamento da Lui ritenuto poco conforme alla  morale corrente. “volteggiava” nell’immenso complesso  come fosse un super visore della struttura . Insomma  aveva messo in difficoltà la direzione del’albergo!. La goccia che fece traboccare, accadde, proprio quel giorno:il nostro Berto  di buon mattino accompagnato da “Mircione”,armato  di grosse  forbici e segaccio, aveva raggiunto “Città del Mare” . Senza pensarci due volte  aveva avviato una energica potatura di alcune piante destinate  invece a crescere  libere .

Ci volle un po' di tempo per il nostro Berto elaborare questo evento traumatico. Ora  Citta del Mare era preclusa per sempre. Vestito sempre elegantemente con un abito color avana,cravatta a farfalle e un signorile cappello, volse i suoi interessi per altri lidi…verso il salubre paese di Caltabellotta, ma questa e un’altra storia.

Per noi ,giovane coscienze  che ci affacciavamo ai primi impegni politici, l’incontro con  Berto alla sezione  fu una felice iniziazione. Il suo carattere pacato ,cortese, dallo stile sempre signorile, dai modi garbati, rispettoso delle posizioni altrui. Inflessibile verso l’ingiustizia sociale e lo sfruttamento. Il suo “comunismo”, forse per il connaturato carattere mite, rifuggiva dal linguaggio rissoso e radicale ,quasi assumesse il volto umano  del predicatore cristiano.

Forse per queste ragioni il nostro Berto un cruccio l’ aveva: Non riuscire a parlare in pubblico ,fare dei comizi dal podio,  di quelli capaci di galvanizzare e trascinare le “masse”.Cosi tutta la sua “energia” la forza vitale, restava  compressa ,inespressa. Non aveva studiato la sua cultura era il risultato di letture di giornali e riviste. Ma  ogni tanto, si chiedeva: anche Nardo Balistrei era analfabeta, eppure i suoi comizi non avevano nulla da invidiare a quelli dei retori greci nell’areopago di Atene! . Questo compagno veniva soprannominato Nardo “saccollo”, ebbe incarichi nel partito ,poi negli ultimi anni diresse la Camera del lavoro .Dotato di una eloquenza non comune, esaltava i suoi interventi con opportune e misurate dosi di ironia e sarcasmo. La sua famiglia, moglie e figlie emigrarono negli Stati Uniti, ma al comunista” Nardo” il visto gli viene negato.Resta lontano dalla famiglia per alcuni anni In paese si scommetteva se alla fine Nardo per amore della famiglia,avesse abiurato la propria fede nel Partito Comunista. Dopo qualche anno il dilemma lo sciolse un brigadiere della locale stazione dei Carabinieri .

il nostro Berto, non si dava pace, anche Girolamo Scaturro, era analfabeta,un contadino  “gratta” terra che nei primi anni cinquanta veniva da Ribera con la sua “Lambretta” per organizzare i braccianti, mezzadri e i piccoli contadini  in strutture organizzative di sinistra.  Erano gli anni della”difficile “ applicazione del decreto Gullo ovvero sulla spartizione delle derrate  tra la parte padronale e il mezzadro.”Mommu” nei suoi comizi non aveva bisogno di molti giri di parole ,traduceva con parole forti e decisi le tante sofferenze e le ingiustizie patite. Ricordo che convinse mio padre a comprarsi la “lambretta”. Poi divenne presidente regionale della CIA

Il nostro Berto  di questa sua “incapacità” oratoria, non se ne fece mai una ragione, anzi,l’ aveva indotto  a singolari forme di allenamento. Cosi si racconta che per esercitarsi e prendere dimestichezza ,dopo la mietitura saliva sul covone più alto e volgendo lo sguardo  al resto dei covoni librava nell’aria la sua voce “messianica” intonata alla pace alla giustizia sociale …al sol dell’avvenir! 

 segue

 

lunedì 19 agosto 2024

Food Cooking Competition Fest, il 4° Master Chef Margheritese

NinoSutera  

 La città del Gattopardo, Santa Margherita Belice è stata teatro della 4° edizione del Food Cooking Competition Fest, il Master Chef Margheritese, un format ideato e ben riuscito da Michele Ciaccio. 
   Una serata   all'insegna del buon cibo e della promozione del   territorio.  Santa Margherita Belice, ha adottato il percorso   Borgo GeniusLoci De.Co. un    percorso culturale, composto da 12 steps. Recentemente in occasione del festival,  la Tavola del Gattopardo è stata candidata a divenire "Ambasciatrice dell'Identità Territoriale" 

All’evento condotto da Santina Matalone, hanno partecipato chef stellati, chef amatoriali, esperti di  gastronomia e di enologia,  con degustazione finale delle prelibatezze identitarie.

 Cibo è non solo, infatti  Lillo Alaimo Di Loro, saggista è autore del libro La ragione del Cibo  Leonardo Sciascia  a tavola, in un interessante confronto  con Erina Montalbano Presidente della locale Proloco,  tra la tavola del Gattopardo e quella di Leonardo Sciascia. 

  Il percorso Borghi  GeniusLoci De.Co., è un percorso culturale,     che mira a salvaguardare e valorizzare il “locale”, rispetto al fenomeno della globalizzazione, che tende ad omogeneizzare prodotti e sapori. Il Genius Loci rappresenta l'essenza, l'identità di un territorio; ad esso appartengono le immagini, i colori, i sapori ed i profumi dei paesaggi.

Il percorso   prevede un modello dove gli elementi essenziali di relazionalità sono Territorio-Tradizioni-Tipicità-(intesa come specificità)-Tracciabilità e Trasparenza, che rappresentano la vera componente innovativa, da condividere con il territorio e per il territorio.

 A Santina Matalone è stato conferito il riconoscimento di Custode dell'Identità Territoriale, del percorso Borghi GeniusLoci De.Co. Il riconoscimento viene attribuito a chi  si dedica a preservare, valorizzare e promuovere le caratteristiche uniche di un territorio, inclusi i suoi aspetti culturali, storici, paesaggistici e gastronomici. Questo ruolo è fondamentale per garantire che le tradizioni locali e le peculiarità di un luogo siano conservate e trasmesse alle future generazioni.



 Una parte significativa del loro lavoro è dedicata alla promozione di prodotti tipici locali, come specialità gastronomiche, artigianato tradizionale e altre peculiarità locali.  

Il ruolo di custode dell'identità territoriale è essenziale per mantenere vive le tradizioni e l'essenza di un luogo, soprattutto in un'epoca di globalizzazione che tende ad uniformare le culture. Queste persone o gruppi agiscono come guardiani di una ricchezza culturale unica, contribuendo a rafforzare il senso di comunità e a favorire uno sviluppo sostenibile basato sulla valorizzazione delle risorse locali.



























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giovedì 8 agosto 2024

Oli&olivi

                L'Associazione  "Città dell'Olio" è un Associazione di diritto privato, con sede a Monteriggioni (Si) 

Vi si accede versando la quota associativa  annuale.

Possono aderire all’Associazione Nazionale Città dell’Olio i Comuni e tutti gli Enti pubblici, anche in forma societaria, nonché i Gruppi di Azione Locale ed i Parchi nazionali e regionali, ai sensi della normativa europea, siti in territori nei quali si producono oli  

Per gli Enti che vogliono entrare a far parte della Associazione  delle Città dell’Olio,  debbono  impegnarsi a versare  la   quota associativa annuale,   per i  Comuni tra i 10.001 e i 20.000 abitanti Euro 1.864,55.

 Coordinatore Regionale per la Sicilia, nonchè Membro di giunta   è Giosuè Catania – per conto della  CCIAA Sud Est Sicilia.  Giosuè Catania, dirigente di lungo corso della CIA  dal 1993 è presidente dell'Associazione Cooperativa Agricola Produttori Olivicoli (O.P. dal 2005), operante nelle province di Catania, Siracusa, Ragusa.

L'Associazione Città dell'Olio, segue per grandi linee,  l'Associazione ormai famosa delle "Città del Vino" e come le Città del Vino non hanno risorse proprie. Le eventuali iniziative sono a totale carico dei comuni ospitanti.  Non certificano nulla, è bene ricordare che non certificano la qualità del prodotto, la legge ma sopratutto i Reg Cee, affida questo compito ad enti certificatori abilitati.

Appare superfluo rammentare che in Italia  le associazioni simili alle Città del Vino e Città dell'olio, basti pensare all'Associazione Borghi più Belli, Borghi Autentici, Borghi identitari, Borghi Arancioni,  Borghi fioriti,  ectt. non mancano, che con progetti ben strutturati di valenza e visibilità nazionale, si occupano del territorio.

L'adesione a una, piuttosto che un altra Associazione, non è frutto del caso.

Fatta questa breve introduzione, comunque un plauso và alla maggioranza consiliare, per aver portato a termine un punto del proprio programma elettorale.  

Noi,  nel recente passato ci  siamo occupati di olio e ulivi

DIARIO DELL'ULIVO SARACENO


PRESENTAZIONE A CURA DEL COMUNE DI MENFI 2018