Giuseppe
Bivona
“Il tuo dio visibile che fonde insieme le cose impossibili e li costringe a baciarsi… Oro,oro giallo ,fiammeggiante prezioso? . No ,oh Dei, non sono un vostro vano adoratore. Radici chiedo ai limpidi cieli “
W.
Shake sperare “ Timone d’Atene “
Alice
socchiude leggermente gli occhi, gli ultimi raggi di sole s’infrangono con le
foglie cangianti del suo albero di noce ,
i colori si fondono e nello stesso tempo si confondono…
Stranamente
i suoi occhi si posarono sul terreno dove prende avvio lo sviluppo del
tronco:
Chissà cosa ci riserva la gran mole di radici !
Che
strano, pensava tra se e se Alice, non
sarà che la metafora delle radici permette
di far passare per ordine naturale la sottomissione ad una autorità ? O giustificare la
“tradizione? Cosa vorrebbe comunicare
questo singolare albero di noce se la
sua unica “espressione” sarebbe
costituita solo dalla sua identità ?
Alice rimane perplessa, non comprende appieno perche la “tradizione “ abbia la necessità di una metafora .
Cosa che non accade invece per il progresso . l’uguaglianza, e la libertà : le sole in grado di spiegarsi da sole ….
La folta chioma del noce nasconde la gran
massa di radice: sono un immenso groviglio di esili filamenti , sparsi in tutte
le direzione , esplorano ogni tratto del
terreno, si accrescono ogni anno …come la nostra identità : cose vive e concretate , atti
,patrimoni , eredità,esperienze , legami , gesti , modi di dire,
simboli, ….
Forse
senza il richiamo alle radici un
“tradizionalista” non riuscirebbe a
dirci come sia concretamente costituita
la tradizione o l’identità
In
fondo le radici sono un simbolo
riassuntivo che lega l’uomo alla terra , la vita umana alla natura
Per Alice
l’albero . le piante , le
radici hanno sempre costituito la più semplice , ma nello stesso tempo la più
profonda , configurazione dell’umano.
Eppure nella storia sell’uomo, il richiamo alle radici, paradossalmente hanno costituito le premesse per rancori e odi, verso chi non condivide le nostre radici o manifestato intolleranze verso chi non li riconosce
Alice
non sembra avere dubbi: spesso le radici degenerano in alibi . La
violenza nasce dal capovolgere le radici in frutto
e poi brandirli come rami, violando la loro nascosta profondità
La
stessa cosa non è forse accaduto in nome dei diritti umani dell’uguaglianza, della libertà ,o
persino della fede?
Oggi
viviamo in un tempo di continui “trapianti” , sembrano quasi logici il vivere e lo sradicarsi frequentemente senza curarsi della nostra capacità di
“attecchimento” .
Chissà ,pensò Alice se esistono persone che
possono vivere senza radici ….le colture idroponiche nella loro insensatezza,
producono.
No,
non si può imporre l’amore delle radici
, a chi non le ha, non le sente , non le riconosce.
Il
vero dramma della nostra epoca e la perdita delle “radici” ovvero dei legami,
lo spaesamento, la solitudine, la vita labile e precaria che si agita
sconclusionata.
Avere
radici vuol dire non esaurire la
propria vita nel presente o nell’egoismo di una esistenza autarchica, nella
consapevolezza che si viene da lontano , avere un passato e di certo un
avvenire, coltivare la vita e non consumarla, amare le proprie origini e
stabilirne connessioni .
L’atto
dello sradicamento evoca in se violenza
, cosa che è completamente assente nel radicarsi.
Per
la Weil lo sradicamento “è la più pericolosa
delle malattie della società umana”.
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