Peppino
Bivona
Quando alcuni anni fa,io,Nicola Cacioppo, Nino Sutera e Nino Alesi, decidemmo di fondare la “Libera Università Rurale”, informai dell'iniziativa il Prof Corrado Barberis direttore dell'Istituto di Sociologia Rurale a Roma. Conoscevo Barberis fin dagli anni settanta al tempo in cui ,dipendenti regionali nel ruolo dell'assistenza tecnica ,dovevamo frequentare corsi di aggiornamento al FORMEZ di Napoli.
Ricordo che mi chiese d'invitalo quando avremmo inaugurato l'iniziativa e se andavo a Roma mi avrebbe dato del materiale utile al progetto.
Fu cosi che
dopo la disgrazia di mia moglie, ormai da qualche anno in pensione decisi di
andare a trovare Barberis che da poco aveva trasferito l'Istituto in via della
Scrofa. Una volta a Roma, colsi l'occasione per telefonare al mio collega
Biagio, trasferitosi nella capitale dopo parecchi anni trascorsi presso
l'azienda Pantanello nel Metaponto. Io
avevo lavorato per Campo Carboi al progetto “Liste varietali” del Ministero
dell'Agricoltura per la regione Sicilia e Biagio per la Basilicata. Biagio da
circa un anno si era sposato e quando seppe che ero a Roma volle assolutamente
invitarmi a cena a casa sua.
Quella sera a casa di Biagio c'era una cugina di sua moglie, si chiamava Eugenia laureata in legge e lavorava presso gli uffici della Camera dei Deputati,Tre anni prima Le era morto il marito per una grave malattia e ora viveva con suo figlio . Dopo i convenevoli delle presentazioni chiesi ad Eugenia se era romana,” No” rispose “ sono pugliese della penisola Salentina e precisamente di Patù”.
“ Non mi dire
che non conosci questo paese!” intervenne subito Biagio,con un velato senso
ironico. Ammisi di non averlo mai
sentito, se non lo confondevo col
romanzo di Camilleri ovvero “La scomparsa di Patò” .Ma Eugenia, riprese
insistendo” Avrai di certo sentito parlare di Liborio Romano” “ Certo “
risposi,” non mi dire che era un tuo compaesano?”
“Ebbene si”
disse con una punta di orgoglio Eugenia, “La mia casa e quasi di fronte il
vecchio palazzo che fu della famiglia Romano, oggi e sede di un Museo con tutti
i libri di Liborio Romano.L'ultima discendente ,vendette l'intero immobile al
comune e pare che abbia sposato un aristocratico siciliano..credo un Lanza.”
Vi confesso che mi trovai in difficoltà, le mie informazioni su Liborio Romano erano poche e lacunose, comunque tutte negative: da uno sceneggiato televisivo sugli ultimi giorni dei Borboni a Napoli, il nostro don Liborio giurò come ministro nominato da FrancescoII. Fu In quella occasione che il re, conoscendo i suoi trascorsi liberali lo avvertì:” Don Libò,guardateve u cuollo “ .Da ministro “infedele” del re borbone complottava con Garibaldi e Cavour, consigliando il re Francesco di abbandonare Napoli per rifugiarsi a Gaeta. Quando entrò a Napoli Garibaldi don Liborio era un'autorità della nuova Italia e nel marasma generale di quei giorn,assegnò incarichi di polizia alla camorra,in particolare ad un certo De Crescente e della di lui sorella Giovanna tenutaria di un bordello.
Eugenia,
ascoltava,qualche volta annuiva, ma ero certo che era molto più informata di me
“ Liborio
Romano” riprese Eugenia” è certamente il
personaggio più diffamato, se non odiato, del Risorgimento, sia per i Borbonici
che per i Savoia, ritenendolo un traditore.Ma Liborio Romano non aveva mai
nascosto cos'era e cosa voleva: era massone e liberale e per questo aveva patito,la persecuzione, il carcere, il
confino l'esilio , per quarant'anni era stato vigilato e controllato perchè
ritenuto particolarmente pericoloso. Un secolo dopo la sua morte viene
pubblicato il suo “rendiconto politico” a cura dei suoi discendenti. Da quel
testo Romano spiega che i suoi
comportamenti erano guidati dalla preoccupazione di arrecare ,per quella “transizione” il
minor male e danno possibile alle nostre popolazioni napoletane.”
Biagio che
certamente ne sapeva più di me l'interruppe.” Ebbè, ma se aveva lottato con i
liberali, perchè era inviso pure al
nuovo stato unitario?”
Eugenia con calma prosegui:”Nel nuovo parlamento Liborio Romano si accorge del vero disegno dei piemontesi e si rende conto di essere incapace di contrastare l'avidità e l'invadenza dei Savoia: decide di dimettersi! Ma prima ottiene un colloquio con Cavour e gli sottopone 10 punti ovvero le piaghe del sud e la possibile soluzione. Era la fine di Maggio del 1861, Cavour capisce che sul mezzogiorno gli hanno raccontato un mare di balle, ammette il suo difetto di informazioni, riconosce che molte delle cose sostenute dal Romano erano giuste....ma pochi giorni dopo il 6 giugno Cavour muore, le male lingue dicono avvelenato.
Don Liborio
si ritira nella sua Patù, non vuol vedere nessuno e pochi anni dopo muore,
forse di...crepacuore.Si, non se lo potrà mai perdonare non era morto combattendo
, ma peggio,essersi giocato la sua parola di galantuomo, la sua reputazione,la
sua dignità , per un fine cosi inglorioso e umiliante per il suo ideale
risorgimentale”
Eugenia
pronuncia le ultime parole non senza tradire l'emozione, ma a volte il nostro
destino è cinico e baro!
Finita la
piacevole serata ci salutiamo , non prima
che Eugenia mi invitasse a visitare Patù, l'ultimo sperone di roccia
salentina che domina i due mari.
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