martedì 30 gennaio 2024

Dal Green Deal ai utili idioti.

 Le strategie del Green Deal, come la Strategia Farm to Fork e la Strategia Biodiversità 2030, sono politiche lungimiranti, malgrado qualche agitatore senza scrupolo sostiene il contrario.

Le proteste dell'europa del Nord, non hanno niente da spartire con gli interessi degli agricoltori del sud italia, per il semplice fatto che hanno interessi opposti.

Le proteste dei trattori degli agricoltori sono arrivate anche in Italia, dopo aver già coinvolto diversi paesi europei, tra cui Germania e Francia

Inizialmente, le proteste italiane hanno avuto una dimensione minore rispetto a quelle degli altri paesi.

Le proteste sono dirette contro le politiche agricole dell’Unione europea, che taluni ritengono penalizzanti per il loro settore, dal Nord al Sud del Paese. Tra le richieste degli agricoltori figurano:

  • Aumento dei sussidi

  • Riforma dei prezzi all’ingrosso

  • Stop alla carne sintetica

  • No alle cavallette come cibo   


Ma quali sono veri motivi rappresentati da agitatori senza scrupoli?

Le recenti proteste degli agricoltori, sebbene amplificate nelle ultime settimane, non sono un fenomeno nuovo. Nei mesi precedenti, si sono verificate in diverse occasioni in vari paesi europei, tra cui SpagnaPaesi BassiPoloniaRegno Unito e Serbia, oltre alla già citata Francia e Germania. La ragione alla base di tali proteste, che coinvolgono diversi paesi, è principalmente il Green Deal europeo. Si tratta di una serie di misure volte a rendere più sostenibile e meno dannosa per l’ambiente la produzione di energia e lo stile di vita dei cittadini europei, misure che sono state in gran parte approvate.


Il Green Deal per un sistema alimentare sostenibile

Il Green Deal pone i sistemi alimentari sostenibili al centro della sua strategia, riconoscendo il legame fondamentale tra persone sane, società sane e un pianeta sano. Questa iniziativa dell’Ue mira a stimolare l’economia, migliorare la salute e la qualità della vita dei cittadini, e preservare l’ambiente.

Il sistema agricolo e alimentare europeo, già considerato uno standard globale per sicurezza, approvvigionamento, nutrizione e qualità, è chiamato ora a diventare il punto di riferimento mondiale anche per la sostenibilità. La transizione verso un sistema alimentare sostenibile, garantendo al contempo la disponibilità di prodotti a prezzi accessibili, porta con sé benefici ambientali, sanitari e sociali, oltre a favorire una distribuzione più equa dei vantaggi economici.


Per supportare questo obiettivo, a luglio 2023 la Commissione europea ha adottato un pacchetto di misure per l’uso sostenibile delle principali risorse naturali. Questo pacchetto include nuove regolamentazioni sul monitoraggio dei suoli per promuovere la salute del suolo entro il 2050, regolamenti sulle piante prodotte mediante tecniche genomiche e misure per ridurre i rifiuti alimentari e tessili. Tali iniziative, inserite nel pilastro “Risorse naturali” del Green Deal, mirano a rafforzare la resilienza del settore agroalimentare europeo.


Gli ambiziosi obiettivi dell’Ue includono garantire la sicurezza alimentare in risposta alle incertezze geopolitiche, ai cambiamenti climatici e alla perdita di biodiversità, ridurre l’impronta ambientale e climatica del sistema alimentare dell’UE, rafforzare la sua resilienza e guidare la transizione globale verso una sostenibilità competitiva, dall’agricoltore al consumatore.


Green Deal: obiettivi ambiziosi

Il Green Deal europeo impone agli Stati membri dell’Unione Europea di ridurre le emissioni nette del 55% entro il 2030 e di azzerarle completamente entro il 2050. Tuttavia, per raggiungere tali obiettivi, sono necessarie diverse misure a livello europeo e nazionale, con significativi impatti sulla vita degli agricoltori europei. Una delle sfide più rilevanti è la necessità di riconvertire il 25% dei terreni coltivati all’agricoltura biologica entro il 2030. Inoltre, è oggetto di dibattito una proposta volta a ridurre drasticamente l’uso di pesticidi, introducendo ulteriori cambiamenti nel panorama agricolo.

La contestazione al Green Deal

Le manifestazioni di protesta degli agricoltori in Germania e Francia, ora riflesse anche in Italia, come abbiamo visto, sono ampiamente attribuite alle Strategie del Green Deal europeo. Tuttavia, la vera radice della crisi nell’agricoltura europea risiede nella dipendenza dalle fonti fossili e in un sistema agro-alimentare disfunzionale, sostenuto unicamente dai sussidi dell’Unione Europea.

Sabotaggio delle strategie del Green Deal: decisioni contrarie alle politiche ambientali

Le strategie del Green Deal, come la Strategia Farm to Fork e la Strategia Biodiversità 2030, sono accusate dalla coalizione di essere state sabotate dalle recenti decisioni delle istituzioni europee. Il voto contrario del Parlamento europeo su regolamenti chiave, come il Regolamento SUR per la riduzione dell’uso dei pesticidi, ha ridotto gli obiettivi del Green Deal a mere dichiarazioni di principio senza attuazione concreta nell’agricoltura e nella zootecnia.


Distanza tra obiettivi e realizzazione: lobby delle corporazioni agroindustriali

La realtà è che le azioni di lobby delle potenti corporazioni agricole e dell’agro-industria hanno notevolmente ridimensionato le ambizioni delle Strategie del Green Deal, favorendo gli interessi delle grandi aziende a scapito dell’ambiente, della salute e degli interessi pubblici.


Le proteste degli agricoltori in Italia, in particolare contro l’eliminazione delle agevolazioni per il gasolio, vengono strumentalizzate per contestare gli obblighi ambientali previsti dalla nuova condizionalità della PAC. Si rileva inoltre l’incoerenza di ciò, considerando che l’80% dei fondi della PAC va alle grandi aziende agricole, favorendo l’agricoltura intensiva e l’utilizzo di fertilizzanti e pesticidi chimici di sintesi.

Crisi strutturale e cause vere: dipendenza da fonti fossili e speculazioni finanziarie

La vera causa della crisi nel settore primario europeo è identificata dalle associazioni come la dipendenza da risorse fossili, la volatilità dei prezzi alla produzione e le speculazioni finanziarie. L’aumento dei costi di produzione, derivante dall’aumento dei costi energetici, fertilizzanti e pesticidi chimici, ha colpito gli agricoltori, mentre l’agroindustria e la grande distribuzione hanno protetto meglio i loro risultati economici.


Soluzioni e necessità di cambiamento: la transizione ecologica e l’investimento nel biologico

 La soluzione non può essere la cancellazione delle norme ambientali, ma piuttosto la promozione della transizione ecologica e la liberazione del sistema primario dalla dipendenza delle risorse fossili. 

Le Strategie UE Farm to Fork e Biodiversità 2030, che prevedono la crescita dell’agricoltura biologica, sono indicate come una parziale soluzione. L’Italia, con il suo Piano Strategico della PAC 2023-2027 e il recente Piano di Azione nazionale per il biologico, sembra intraprendere passi nella giusta direzione.

In questa battaglia gli interessi dell'Europa del Nord e quella del Sud non hanno niente da condividere, per il semplice fatto che le Strategie UE Farm to Fork e Biodiversità 2030, non sono nemici del Sud Europa, per ovvi motivi


lunedì 29 gennaio 2024

Don Liborio, guardateve "u cuollo”

 


Peppino Bivona

 

                      Quando  alcuni anni fa,io,Nicola Cacioppo, Nino Sutera e Nino Alesi, decidemmo di fondare la “Libera Università Rurale”, informai dell'iniziativa il Prof Corrado Barberis direttore dell'Istituto di Sociologia Rurale a Roma. Conoscevo Barberis fin dagli anni settanta al tempo in cui ,dipendenti regionali nel ruolo dell'assistenza tecnica ,dovevamo frequentare  corsi di aggiornamento al FORMEZ di Napoli.

         Ricordo che mi chiese d'invitalo quando avremmo inaugurato l'iniziativa e se andavo a Roma mi avrebbe dato del materiale utile al progetto.

 

Fu cosi che dopo la disgrazia di mia moglie, ormai da qualche anno in pensione decisi di andare a trovare Barberis che da poco aveva trasferito l'Istituto in via della Scrofa. Una volta a Roma, colsi l'occasione per telefonare al mio collega Biagio, trasferitosi nella capitale dopo parecchi anni trascorsi presso l'azienda Pantanello  nel Metaponto. Io avevo lavorato per Campo Carboi al progetto “Liste varietali” del Ministero dell'Agricoltura per la regione Sicilia e Biagio per la Basilicata. Biagio da circa un anno si era sposato e quando seppe che ero a Roma volle assolutamente invitarmi a cena a casa sua.

Quella sera a casa di Biagio c'era una cugina di sua moglie, si chiamava Eugenia laureata in legge e lavorava presso gli uffici della Camera dei Deputati,Tre anni prima Le era morto il marito per una grave malattia e ora viveva con suo figlio . Dopo  i convenevoli delle presentazioni chiesi ad Eugenia se era romana,” No” rispose “ sono pugliese della penisola Salentina e precisamente  di Patù”.

“ Non mi dire che non conosci questo paese!” intervenne subito Biagio,con un velato senso ironico. Ammisi di  non averlo mai sentito, se non lo confondevo  col romanzo di Camilleri ovvero “La scomparsa di Patò” .Ma Eugenia, riprese insistendo” Avrai di certo sentito parlare di Liborio Romano” “ Certo “ risposi,” non mi dire che era un tuo compaesano?”

“Ebbene si” disse con una punta di orgoglio Eugenia, “La mia casa e quasi di fronte il vecchio palazzo che fu della famiglia Romano, oggi e sede di un Museo con tutti i libri di Liborio Romano.L'ultima discendente ,vendette l'intero immobile al comune e pare che abbia sposato un aristocratico siciliano..credo un Lanza.”

Vi confesso che mi trovai in difficoltà, le mie informazioni su Liborio Romano erano poche e lacunose, comunque tutte negative: da uno sceneggiato televisivo sugli ultimi giorni  dei Borboni a Napoli, il nostro don Liborio giurò come ministro nominato da FrancescoII. Fu In quella occasione che il re, conoscendo i suoi trascorsi liberali lo avvertì:” Don Libò,guardateve u cuollo “ .Da ministro  “infedele” del re borbone complottava con Garibaldi e Cavour, consigliando il re Francesco di abbandonare Napoli per rifugiarsi a Gaeta. Quando entrò a Napoli Garibaldi  don Liborio era un'autorità della nuova Italia e nel marasma generale di quei giorn,assegnò incarichi di polizia alla camorra,in particolare ad un certo De Crescente e della di lui sorella Giovanna tenutaria di un bordello.

Eugenia, ascoltava,qualche volta annuiva, ma ero certo che era molto più informata di me

“ Liborio Romano” riprese Eugenia” è certamente  il personaggio più diffamato, se non odiato, del Risorgimento, sia per i Borbonici che per i Savoia, ritenendolo un traditore.Ma Liborio Romano non aveva mai nascosto cos'era e cosa voleva: era massone e liberale e per questo  aveva patito,la persecuzione, il carcere, il confino l'esilio , per quarant'anni era stato vigilato e controllato perchè ritenuto particolarmente pericoloso. Un secolo dopo la sua morte viene pubblicato il suo “rendiconto politico” a cura dei suoi discendenti. Da quel testo Romano  spiega che i suoi comportamenti erano guidati dalla preoccupazione  di arrecare ,per quella “transizione” il minor male e danno possibile alle nostre popolazioni napoletane.”

Biagio che certamente ne sapeva più di me l'interruppe.” Ebbè, ma se aveva lottato con i liberali, perchè era inviso  pure al nuovo stato unitario?”

Eugenia con calma prosegui:”Nel nuovo parlamento Liborio Romano si accorge del vero disegno dei piemontesi e si rende conto di essere incapace di contrastare l'avidità e l'invadenza dei Savoia: decide di dimettersi! Ma prima ottiene un colloquio con Cavour e gli sottopone 10 punti  ovvero le piaghe del sud e la possibile soluzione. Era la fine di Maggio del 1861, Cavour capisce che sul mezzogiorno gli hanno raccontato un mare di balle, ammette il suo difetto di informazioni, riconosce che molte delle cose sostenute dal Romano erano giuste....ma pochi giorni dopo il 6 giugno Cavour muore, le male lingue dicono avvelenato.

Don Liborio si ritira nella sua Patù, non vuol vedere nessuno e pochi anni dopo muore, forse di...crepacuore.Si, non se lo potrà mai perdonare non era morto combattendo , ma peggio,essersi giocato la sua parola di galantuomo, la sua reputazione,la sua dignità , per un fine cosi inglorioso e umiliante per il suo ideale risorgimentale”

Eugenia pronuncia le ultime parole non senza tradire l'emozione, ma a volte il nostro destino  è cinico e baro!

Finita la piacevole serata ci salutiamo , non prima  che Eugenia mi invitasse a visitare Patù, l'ultimo sperone di roccia salentina che domina i due mari.

mercoledì 24 gennaio 2024

C’ERA UNA VOLTA IL RISO SICILIANO

 "Un popolo senza memoria è un popolo senza futuro"

(Luis Sepulveda).

Per comprendere l'autonomia differenziata, ma anche i rappresentanti del popolo dal 1861 ai giorni nostri e il ruolo di taluni...                                        

ERAVATE A CONOSCENZA CHE NEL 1861 LO STATO “UNITARIO” VIETO' LA COLTIVAZIONE DEL RISO IN SICILIA, IN QUANTO FACEVA CONCORRENZA AL RISO PIEMONTESE?

La risposta la conosciamo tutti…
Ma facciamo un passo indietro.
La storia del riso in questa penisola che chiamano “Italia” comincia dalla Sicilia.
Lo portarono gli Arabi intorno all’anno Mille. Non solo ce lo portarono, ma ci insegnarono a coltivarlo e le risaie erano presenti nella Piana di Catania, nella Piana di Ribera, di Lentini e di Gela, fino al 1861, quando, per regio decreto, furono vietate.


Fu così, vietato seminare il riso, con la grande bufala che provocava la malaria, in realtà era perché i Savoia mal tolleravano che il riso siciliano facesse concorrenza a quello piemontese, che veniva lanciato sul mercato in quegli anni.
Infatti il Governo Sabaudo, con il suo Presidente del Consiglio Camillo Benso Conte di Cavour, proibì la coltivazione del riso in Sicilia in quanto, a parer suo, le “risaie siciliane” portavano la malaria.
Solo quelle Siciliane però…
Invece le risaie Piemontesi e Lombarde erano salubri e salutari !
La verità mai scritta nei libri di storia è che il magnifico “Cavour” era, proprietario di risaie, dunque la qualità siciliana indubbiamente migliore di quella piemontese, per sapore e contenuto del chicco, risultava essere molto più richiesta di quella piemontese che cominciava ad avere un declino nei mercati.
Cavour a cui, nostro malgrado, vengono intitolate piazze e vie delle nostre città Siciliane, doveva favorire in tutti i modi il Nord Italia, maggiormente il Piemonte a discapito della Sicilia.
Purtroppo ancora ai nostri giorni non è cambiato nulla, anzi è peggiorato, se qualcuno lo avesse dimenticato.

La Rurh della Calabria

peppino bivona

 

Quasi tutti gli anni, io e la buon'anima di mia moglie,andavamo in Calabria: un pò per incontrare i parenti e.... per una breve vacanza.

Quell'anno decidemmo di fermarci un paio di giorni a Sarra San Bruno, nel vibonese. Da tempo il mio amico e collega Maurizio, agronomo forestale, ci aveva invitato  a Serra dove abitava con la moglie Ester e il piccolo Francesco.

Lasciammo l'autostrada e ci inerpichiamo verso Le Serre, attraversammo due piccoli paesi, Soriano e Sorianello, per poi arrivare nel tardo pomeriggio al paese di Maurizio.

L'indomani  la giornata era dedicata alla visita della Certosa  di San Bruno, fandata ,poco dopo l'anno mille, dal frate tedesco Bruno di Colonia,ma voluta  e finanziata da Ruggero d'Altavilla.

Nel monastero abitano i padri e i monaci ,in stato di clausura, solo il priore ha rapporti con l'esterno e di tanto in tanto riferisce ai confratelli le notizie del mondo esterno.

Dopo il disastroso sisma dei 1783, quasi cambiò la geografia di quei luoghi, la Certosa fu ricostruita in tutta la sua magnifica bellezza.

La visita e consentita due volte l'anno, ma non e consentito alle donne di varcare la soglia.i visitatori possono ammirare il "museo" dove sono esposte le opere pittoriche e le didascalie dei luoghi. Il percorso è accompagnato dalle note di musica sacra o con  sottofondo di cori Gregoriani.

Fuori, all'uscita sono stato colpito dalla statua di un monaco  inginocchiato dentro una vasca dacqua. chiedo lumi a Maurizio e sorridento mi dice che quello è il "Brunone" ovvero San Bruno il fondatore, il quale nel solco della "imitatio Cristi" ,nelli notti ivernali con l'acqua gelata , il sant'uomo si inginocchiava a pregare.

Avevamo finito la visitae ci avviavamo verso il posteggio, quando Maurizio mi dice: "Debbo farti vedere una cosa ineressante, dobbiamo fare solo qualche chilometro,non te ne pentirai!"

Lasciammo le nostre mogli ritornare in paese per preparare il pranzo ed io e Maurizio seguimmo la strada che si inerpicava per pochi chilometri e poi discendere verso la costa ionica.

Tutto era circondato da boschi di una bellezza aspra e sevaggia,l'aria satura delle essenze di lussureggianti latifogli.

  Ad un tratto, dopo una curva, scorgiamo un gruppetto di case immerse tra i boschi. "Siamo arrivati,mi dice Maurizio, questo paese è Mongiana"

Rimasi un pò perplesso, non capivo cosa poteva esserci di interessante in quel mucchietto di case!. Scendemmo dalla macchina e Maurizio, quasi interpretando il mio imbarazzo, mi disse subito: " Caro Peppino, non ci crederai ma qui  meno di due secoli fa , questo paese ,ospitava le più grandi e moderne acciaerie d'Italia. Era il più  ricco distretto minerario e siderurgico del Regno delle Due Sicilie. Qui si costruivano, i cannoni, i fucili, le sciabole per l'esercito,più avanti vedrai quello che resta degli " alti forni".

Vedevo Maurizio  dal carattere mite ,entusiasmarsi per queste vecchie glorie  e poi cambiare espressione, montava la rabbia  quasi l'ira di chi è costretto ad ascoltare le vergognose menzogne scritte e dette  su quel periodo storico.

" Ebbene si, " continuò Maurpzio "tutto questo dopo la cosidetta unità d'italia, venne smantellato, trasferirono le strutture a Terni e nel bresciano, compreso i tecnici e le maestranze. A nulla valse la petizione del comune di Mongiana, che si impegnavano a lavorare per più di otto ore e ridursi la paga.No, il coloniale governo sabaudo, aveva deciso: dopo la banche, i beni della chiesa ,toccava alle industrie,compresa quella della seta assai fiorente qui in Calabria."

Si era fatto tardi e ci aspettavano per il pranzo, ma Maurizio era un fiume in piena ,aveva tantissime cosa da raccontarmi e per buona parte della giornata non si parlò di altro.

"Qesti luoghi erano conosciuti fin dall'antichità, pure dai Fenici, perche le rocce sono ricche di ferro e i Borboni avevano investito per la ricchezza di acqua e legna, compreso il carbon fossile,da qui partirono le rotaie per la costruzione del tratto ferrato Napoli- Portici,da qui uscirono le travi di ferro per la costruzione dei primi ponti sospesi!"

Ma la cosa più impressionante, secondo Maurizio è che abbiamo interiorizzato" questa nostra insularità , fiaccato la fiducia in noi stessi, nelle nostre capacità imprenditoriali . L'emigrazione  ci privò delle intelligenze più fervidi, meno adusi al compromesso o  a balordi baratti. 

Dopo quell'incontro conMaurizio la mia visione dei fatti risorgimentali apparivano meno "eroici",qualcuno aveva truccato le carti della storia.

Aveva scritto la storia a proprio uso e consumo

venerdì 19 gennaio 2024

L’ASINO “RISTUCCIARU” E LA REALTA’ “DEFORMATA”

  PeppinoBivona

 

Don Gaetano “lu uttaru” riparava botti ,ne curava la manutenzione prima della fermentazione e alla fine eseguiva a domicilio i travasi. Per il trasporto si serviva del suo inseparabile asino pantesco a cui affidava il traino di un singolare carretto : basso,stretto e lungo.

Il vecchio asino era sempre vissuto in paese e, a differenza dei suoi simili, impiegati nei lavori agricoli, non aveva mai, dico mai!,assaporato una boccata di erba fresca.

Era, quello che in gergo paesano veniva definito un “scecu ristucciaru”,ossia cresciuto con una alimentazione a base di sole stoppie di cereali.

Don Gaetano, egoisticamente se n’era fatto una ragione: non essendo aduso lo stomaco del suo asino, ormai da tanto tempo, a quell’età rischiava di provocare difficoltà digestive se non addirittura congestione.

Così lo guardava bene da ogni possibile od occasionale tentazione e per rompere la monotonia della paglia, di tanto in tanto allungava alla povera bestia una “manata” di fieno

Tuttavia da un po’ di tempo il vecchio “uttaru” assisteva ad un fatto inconsueto a cui non riusciva a dare una spiegazione logica.

Al sopraggiungere ogni anno della stagione primaverile, l’asino emetteva spesso e volentieri lunghi e rabbiosi ragli, tanto da innervosire tutto il vicinato!

Era forse il profumo dell’erba fresca, appena falciata. che i contadini la sera di ritorna dalla campagna trasportavano a basto dei muli? Oppure la bella stagione risvegliava un mai sopito istinto sessuale, ossia la voglia di femmina?

Don Gaetano il dilemma lo risolse casualmente un tardo pomeriggio ,ollorchè “lu zu Jacu “lasciò per un attimo incustodita la sua asina carica di due voluminosi fasci di sulla ,proprio vicino la bottega di Don Gaetano e a poca distanza dal nostro asino.

Saranno state certamente quelle infiorescenze rosso-granato che emergevano dalle verde foglie di sulla,fatto sta che la debolezza asinina ebbe il suo epilogo: poté più la fame di erba fresca che ogni possibile altra voglia repressa!

Si avventò con indescrivibile voracità, con la bocca spalancata su quei teneri germogli e…poco mancava che la povera asina finisse strattonata per terra!

C’e voluto un bel po’ perché don Gaetano, aiutato dallo“zu Jacu” riconducessero l’asino alla ragione.

Sta di fatto che da quel giorno la povera bestia non era più se stessa, alla connaturata tristezza si aggiunse la svogliatezza, rispondeva con ritardo al comando e talvolta non rispondeva affatto: un complesso quadro sintomatico che don Gaetano sentenziò:” lagnusia”.

Trascorsero alcuni giorni e non si notava alcun miglioramento anzi, sembrava addirittura che l’asino non avesse più voglia di campare, rifiutava il cibo!

Don Gaetano non era uomo da darsi facilmente per vinto e avendo, per un suo indiscutibile principio, poca stima degli uomini (figurarsi per gli animali!) pensò bene di assecondare l’asino nell’ insana voglia di erba fresca, ma…a modo suo!

Così la sera terminato che ebbe il lavoro di bottega. tirò fuori un paio di

vecchi” paraocchi”, in disuso, di quelli per intenderci che si applicavano agli animali adibiti al “giro” della “senia”

Con indiscussa maestria il vecchio artigiano incastonò a mo di occhiali due fondi di bottiglia del tipo verde intenso adattandoli per bene alla cavezza.

La mattina di buon ora sistemò senza alcuna difficoltà gli “occhiali" all’asino e senza perdere tempo gli lanciò una grossa “manata”di paglia,la stessa che il giorno prima aveva rifiutato.

Don Gaetano non credette ai suoi occhi! L’asino balzò con lo scatto di una molla e prese a divorare la paglia con la stessa avidità con cui giorni prima aveva addentato il fascio di sulla.

Ma c’era di più! La convessità dei fondi di bottiglia avevano “trasformato” anche i più sottili fili di paglia in gustosi , succulenti e teneri germogli .

Nel gustarsi lo spettacolo don Gaetano rideva soddisfatto e dondolando la testa pensava tra sé e se:”Ma guarda un po’ come basta così  poco per rendere felice una bestia.”

 

Ciò che il vecchio “uttaru” non poteva neanche lontanamente immaginare e che un giorno si poteva ripetere la scena …ma questa volta con le persone umane! Sostituendo i rozzi ed ingombranti “occhiali” di don Gaetano, con più sofisticati strumenti mediatici capaci di “alterare” e “deformare” la realtà con la stessa disinvoltura con  cui si avvalgono  i più consumati prestigiatori.

Il gioco è sempre lo stesso: offrire immagini della realtà sempre più scissa e disgiunta dalla sua originaria “matrice”.

Accade cosi che attraverso le tante “reclame” per i prodotti alimentari confezionati dall’industria passano immagini mediatiche quasi sempre associate alla visione di leggiadre e sinuose ragazze perfettamente in forma quasi che l’espressività fisica sia il naturale risultato del costante consumo  di brioche o merendine vari.

In un balordo “carosello” di immagini ,musiche e doppi sensi,con una efficacia quasi subliminale,i messaggi vengono naturalmente “interiorizzati” traducendosi in particolare negli adolescenti in comportamenti e abitudini alimentari errati.Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti:Più del 25% degli adolescenti sono obesi!

I tentativi di arginare una così perniciosa tendenza ha  coinvolto il ministero della Sanità e quello dell’Agricoltura per ovvie ragioni .Ma  non tutte le regioni hanno attivato unicità di comportamento preferendo alcune privilegiare il “fumo” anziché “l’arrosto”

Se volete un esempio abbastanza eloquente lo si può cogliere dall’esperienza avviata in questi anni a proposito di “sedicenti”programmi di educazione alimentare svolte nelle scuole ai quali il nostro Assessorato all’Agricoltura non ha risparmiato “uomini “ e “mezzi”

Questi programmi nascono da un ingenuo equivoco di fondo: si scambia per “educazione alimentare”lavoro complesso,articolato e interdisciplinare,dagli esiti non sempre scontati ,con un abituale ,,ordinario e comunicativo “informazione alimentare”.   

Così sarebbe interessante conoscere quanti alunni in una qualsiasi scuola elementare hanno ,a seguito dell’intervento “educativo”,abbandonato la cattiva abitudine di fare colazione con prodotti ricchi di grassi idrogenati e siano convertiti alla più salutare frutta di stagione.

Siamo convinti che,aldilà delle buone intenzioni,abbiamo speso tempo e risorse preziose in una colpevole ingenuità , quasi che bastasse qualche ora al mese per illustrare i vantaggi della frutta e verdura e quant’altro contribuisse al buon stato di salute ,sottovalutando  lo strapotere  mediatico delle multinazionali dell’agro-alimentare che confortati dal felice esperienza dell’asino di don Gaetano rendono “felici “milioni di consumatori!

 

giovedì 18 gennaio 2024

TERRA MIA AMARA di L. Balistreri

 TRATTO DAL LIBRO “TERRA MIA AMARA” di Leonardo Balistreri

Il periodo trattato dal romanzo abbraccia i fatti accaduti dal 1947 al 1994 in un paese immaginario della Sicilia: Borgo Solare, dove un falegname prestato alla politica (Nino Burano) è costretto a subire e a denunciare le prepotenze di una società che tarda a diventare una vera democrazia.



(L’opera è stata classificata tra le migliori delle venti opere della sezione “NARRATIVA” sulle 220 opere presentate nel premio letterario “Città di Castello” XV edizione 2021)


Questo libro è acquistabile con il Bonus Cultura e/o Carta del Docente presso 

“Amazon libri”.

Quanti figli del popolo abbiamo conosciuto che dopo aver beneficiato di una società migliore frutto di lotte, dopo aver raggiunto il traguardo di una professione o di un impiego dirigenziale poi, come per incanto, smorzano gli iniziali ideali di giustizia e di riscatto sociale, per mettersi a disposizione di quello stesso potere che i loro padri hanno estenuamene combattuto?”





Nino continuava instancabile a seguire la politica e gli avvenimenti internazionali consultando i giornali al circolo Operai guidati dalla mente dove era uno dei soci più anziani, rispettato ed ammirato per la sua intelligenza. In un certo qual modo era la memoria storica del paese perché ne ricordava fatti e avvenimenti, tanto che spesso veniva interpellato per la sua esperienza di vita.

La sala di lettura, non ampia, aveva al centro un tavolo in legno massiccio di colore marrone scuro a forma ellissoidale; sopra, sparpagliati, alcuni giornali sui cui dorsi erano ammorsate le stecche di legno per non farli sgualcire e permettere una comoda lettura; a giro erano poste delle sedie di fattura economica con il fondo di spago intrecciato; alle pareti delle antiche foto di gruppo, che ritraevano memorabili serate danzanti. Quel pomeriggio, con Nino Burano attorno al tavolo erano seduti gli amici Carmelo Polino e Paolino Zuto e si discuteva della crisi dei vecchi partiti politici e del nuovo che stava nascendo.

− I partiti – Affermava Zuto − Sono in crisi perché da alcuni decenni si sono sempre più svuotati di quei fondamentali valori che erano il collante che aggregava le persone; questa mancanza di forza ideale ha portato inevitabilmente alla corruzione e alla creazione di una casta politica affine ai partiti di governo e di opposizione, facendo della nobile arte di governare, un fatto di furbizia e di menzogna.

− La corruzione in politica c’è sempre stata, ma non ha mai coinvolto tutti i partiti politici in una forma così coesa … oggi questo vergognoso ripartirsi di ingenti mazzette, può provocare nella pubblica opinione il germe pericoloso dell’antipolitica. – Precisò Polino.

− I politici che noi stiamo criticando sono stati regolarmente eletti e votati da tutti noi. La stragrande maggioranza degli elettori è convinta che il politico abbia una visione opportunistica e affaristica del potere e per questo molti cittadini guardano ai loro rappresentanti come a coloro che con intrecci, intrallazzi e favoritismi possono procurar loro una miriade di piccoli-grandi benefici, quali posti di lavoro e autorizzazioni varie. Al politico, con la promessa di esaudire le specifiche richieste di codesti “questuanti”, arriva il consenso, che è poi il volano per moltiplicare potere, potenza e corruzione! – Esternava Zuto con passione. − Quindi in buona sostanza − Sentenziò − Chi ci rappresenta non è altro che lo specchio della nostra società.

Nino Burano, nel condividere parzialmente le parole dell’amico Zuto, affermò che l’intricata burocratizzazione dell’apparato statale era funzionale alla politica clientelare e che, se le strutture burocratiche dello Stato si semplificassero e funzionassero con equità, la forza ricattatoria della politica si annullerebbe drasticamente.

E tal proposito Nino raccontò un aneddoto.

Un marinaio durante una battuta di pesca, mentre liberava i pesci dalla rete, casualmente il guizzo di un pesce più grosso gli conficcò una spina dorsale nel braccio che subito gli gonfiò. Il marinaio ebbe bisogno di cure e, con un cesto di pesci come presente, andò da un medico suo amico il quale, anziché eseguire il giusto intervento per togliere la spina, si limitò a una disinfettazione superficiale della ferita. Questo tipo di terapia durò per altre due sedute, sempre anticipate da cesti di pesci di qualità. Sul braccio del marinaio non si notava nessun miglioramento e nemmeno peggioramento, tutto era stabile. Alla quarta seduta, sempre accompagnato dal solito cesto di pesci, al posto di trovare il padre medico, il pescatore trovò il figlio, anch’esso medico, che vedendo lo stato della ferita, si apprestò a fare un’incisione, fare uscire la spina e a disinfettare in profondità. L’intervento, dall’oggi al domani, fu risolutivo per la guarigione del braccio. Alcuni giorni dopo il medico padre, non vedendo arrivare il marinaio, chiese al figlio se era venuto un paziente con la spina nel braccio. Il figlio rispose di sì, che aveva trovato la ferita in cattive condizioni e aveva eseguito l’intervento necessario per la sua guarigione.

Carmelo Polino commentò:

− Il medico padre è come certi politici che con l’intento di carpire consenso, promettono di concedere un beneficio senza poi mantenerlo, mentre l’operato del figlio, avvalora la tesi che anche in politica ci sono persone d’integrità morale.

Nino Burano ricordò i grandi uomini che, all’indomani della Seconda guerra mondiale, avevano scritto la Costituzione.

− I Padri della nostra Repubblica, nella stragrande maggioranza, erano esponenti di una classe dirigente che credeva in un insieme di valori democratici, erano gli esponenti di partiti politici forgiati intorno ad una ideologia precisa, alla quale rimanevano fedeli sempre. In cinquanta anni, l’Italia ha vissuto alterne vicende: stragi, terrorismo, corruzione, tentativi di sovvertire la sovranità popolare, criminalità a diversi livelli che l’hanno scossa dalle fondamenta. Del resto il Dettato costituzionale non si è mai pienamente concretizzato per quanto riguarda la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano in concreto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini! E allora, − Scandì Nino con tono severo − Come possiamo pensare che il nuovo corso politico che sta nascendo e quello che nascerà potranno realizzare nei fatti quel diritto se il “nuovo” è rappresentato dai soliti svariati gruppi economici uniti da interessi comuni, con l’unico obiettivo di depredare le risorse pubbliche?

Con rassegnazione continuò:

− L’unica ideologia che è rimasta è l'ideologia del potere per il potere, il potere protetto e incontrastato. Se questa deriva non sarà ostacolata da un sincero slancio ideale e morale, rischiamo a breve di assistere a un pericoloso regresso democratico della società.

− Anche nel nostro paese si evidenzia questa metamorfosi – riprese Carmelo Polino. − Pur con le dovute proporzioni di una piccola comunità. Le solite persone influenti si sono attivate a criticare apertamente il sistema politico di cui facevano parte pochi anni prima, mettendo subito in atto un cambio di casacca per conservare lo stesso standard di potere.

− Ma Benessere e Libertà e Progresso Continuo, non sono le due liste civiche del nostro Paese? – Chiese Zuto.

− Sono il simbolo della crisi dei partiti tradizionali. – Spiegò Nino Burano − Si sfidano due liste civiche che non hanno alcun particolare fondamento ideologico, si dichiarano contrapposte ma sono l’una uguale all’altra. Queste liste sono solo una maschera dietro cui si celano politici locali già noti, sempre alla ricerca di rinnovato consenso elettorale per non scollarsi dalle poltrone e rintuzzare il loro potere.

Mentre i partiti politici di una volta raccoglievano persone unite da un insieme di valori e ideali, scopi e progetti di interesse generale, nelle moderne liste civiche si trovano dei gruppi locali di attori uniti da interessi comuni che per finzione si contrappongono ad altre liste, mettendo in atto un gioco delle parti con il risultato che, indipendentemente dagli esiti elettorali, loro non perdono, mentre i cittadini rimangono sempre beffati.

– A proposito di cittadini beffati – Intervenne Paolino Zuto – quanti paesani sono rimasti beffati dalla chiusura della Cooperativa agrumicola Gli orgogliosi agricoltori?

– Sono trascorsi undici anni dal suo fallimento – Aggiunse Nino Burano con dolente rammarico. – Quanto lavoro, quanta energia per far nascere quella struttura economica a beneficio dei lavoratori della terra del nostro paese…

– Gli “orgogliosi” agricoltori sono caduti in cattive mani. – disse Zuto – Nell’ultimo periodo, sotto la guida del presidente Vincenzo Bitoni la Cooperativa ha avuto un crollo, mentre la Società guidata dal notaio Ferru, cresceva con l’unico obiettivo di eliminare la struttura concorrente … quel Vincenzo Bitoni che ha beffato i nostri agricoltori e che ora svolge attività professionale presso una Azienda Agricola del Notaio: Nino, che te ne pare … è un altro caso di cambio di casacca?

Nino, che era una persona corretta e assennata, anche se aveva una sua idea di come potevano essere andate le cose, disse che la sua opinione era quella evidenziata dalle indagini a suo tempo eseguite dagli organi inquirenti: una casuale truffa perpetrata dalla criminalità organizzata internazionale.

− Il Bitoni è un professionista, quindi è libero di prestare servizio dove meglio crede poi, se ci sono state intese inconfessabili tra i due, questo riguarda soltanto le loro coscienze.

Carmelo Polino, interruppe quella discussione e, per arcani collegamenti mentali, rivolgendosi ai due amici disse:

− Ho appreso con molto ritardo che il caso giudiziario della ricostruzione delle zone terremotate si è chiuso definitivamente senza colpevoli. I processi sono tutti finiti tra amnistie, condoni e annullamenti della Cassazione. Questo è il risultato dopo che abbiamo assistito per decenni a risse tra i vari partiti e alla nomina di una Commissione Parlamentare d’inchiesta…

− Come disse uno straordinario Presidente, − Citò Burano – “non c’è infamia peggiore di speculare sulle altrui disgrazie” e questo è quasi sempre ricorrente nel nostro paese dove soldi e amicizia rompono le braccia alla giustizia.



mercoledì 10 gennaio 2024

La PAC e gli azionisti di maggioranza



Non si può parlare di PAC ignorando la genesi.

La PAC esiste solo ed esclusivamente perchè i consumatori, cittadini europei, nonchè azionisti di maggioranza  continuano a pagare le tasse,  per alimentare il sistema dei sussidi.

Nel corso dei sessanta anni di vita, la PAC ha subito frequenti evoluzioni, proprio perchè gli azionisti di maggioranza sono diventati molto esigenti.

Una sorta di vero scambio,(scritto anche nei reg.cee) io cittadino europeo continuo a sostenere il mondo agricolo, pagando le tasse, tu  agricoltore adotti una serie di soluzioni, a favore dell'ambiente, dell'alimentazione e del prossimo.

Se si dovesse interrompere questo patto tra galantuomini, il mondo agricolo non ne trarrebbe nessun beneficio, anzi! Ricordiamo anche che L’80% dei finanziamenti PAC va al 20% degli imprenditori agricoli e premia l’agricoltura intensiva.

 

 



Le strategie del Green Deal, come la Strategia Farm to Fork e la Strategia Biodiversità 2030, sono politiche lungimiranti, malgrado qualche agitatore senza scrupolo sostiene il contrario.

Le proteste dell'europa del Nord, non hanno niente da spartire con gli interessi degli agricoltori del sud italia, per il semplice fatto che hanno interessi opposti.

                                                                                                                                                Delegato  Azionista di Maggioranza

Ora  ricordiamo un po di genesi sulla PAC

Una delle conseguenze del “perenne” processo di riforma della Politica Agricola Comunitaria (Pac) è il progressivo avvicinamento dell’agricoltura (nel suo senso più ampio) ai consumatori e più in generale ai cittadini europei. Oggi il settore agricolo, nella moderna logica della Commissione, si pone sempre di più al servizio dei cittadini e dei consumatori fornendo cibi sempre più “sicuri”, in quanto sani, salubri, ottenuti con tecniche rispettose dell’ambiente e degli animali, e in linea con il ruolo multifunzionale che contraddistingue l’agricoltura europea. Lo scopo della Pac non è più quello di rispondere ad una esigenza di food security ma bensì di food safety, offrendo ai consumatori europei cibi e contenuti di qualità. Qualità intesa nel senso più ampio del termine.
Se questo è lo scenario attuale, quali sono le tappe che sono state seguite e quali sono le ripercussioni, per i consumatori e per le imprese delle filiere alimentari, di una politica agricola che, di fatto, tiene in maggiore considerazione rispetto al passato le istanze e le aspettative dei consumatori ?

Verso una PAC “consumer oriented

La PAC sin dalla sua nascita ha posto grande attenzione ai consumatori. L’art. 33 del Trattato di Roma poneva infatti tra gli obiettivi da perseguire quelli di “aumentare la produttività dell’agricoltura” di “garantire la sicurezza degli approvvigionamenti” e “assicurare prezzi ragionevoli nelle consegne ai consumatori”. In altre parole, la nascente Pac perseguiva chiaramente una politica di food security e accesso al cibo anche alle fasce di popolazione meno abbiente.
Dopo anni di guerra, in piena fase di ricostruzione economica e industriale dell’Europa e in una società ancora profondamente radicata nelle aree rurali e legata all’agricoltura, questo obiettivo era sicuramente teso a facilitare l’avvio di una industria alimentare, facilitare l’accesso al cibo da parte dei consumatori e a lasciare parte del bilancio famigliare per spese diverse da quelle alimentari e, quindi, sviluppare altre tipologie di consumo consentendo la crescita di altri settori economici.
L’azione della 
Pac, sotto la spinta dell’allora “Politica dei prezzi”, ha contribuito significativamente al crescere generale dell’economia europea, alla nascita di nuovi modelli di consumo, nonché alla progressiva internazionalizzazione. Quest’ultima azione dovuta sia alla “necessità” di riversare sul mercato mondiale le commodities eccedenti al fabbisogno del mercato europeo sia alla possibilità di esportare prodotti agricoli trasformati ad alto valore aggiunto. Rimanendo in campo europeo, però l’apertura concreta di uno “spazio europeo” o meglio di un Mercato Unico, ha dato la possibilità alle aziende di espandere i propri mercati sia nella fase di collocamento dei beni di consumo che, soprattutto nella fase di reperimento delle materie prime e dei prodotti semilavorati da utilizzarsi all’interno delle filiere. In altre parole si è passati da filiere locali (su base regionale e nazionale) a filiere internazionali, spesso molto parcellizzate, sviluppate su scala europea dove, le materie prime viaggiavano da un Paese ad un altro proprio per soddisfare gli interessi delle industrie (di qualità e prezzo) e, di conseguenza, dei consumatori europei.
Questa nuova condizione di tipo economico e organizzativo, avvenuta in Europa a metà degli anni 90 ha avuto una notevole ripercussione anche sulla 
Pac in quanto si è presentata la necessità di garantire ai consumatori europei la qualità delle derrate agricole in seguito a fenomeni di contaminazione e intossicazione degli alimenti dovuti rispettivamente a tecniche di produzione troppo intensive e dell’azione (fraudolenta) di alcuni intermediari di filiera che non svolgevano in modo adeguato e rigoroso alcune trasformazioni tecniche e i relativi controlli sulle materie prime ricevute e poi commercializzate. Ne sono derivati veri e propri “scandali alimentari” che, rispettivamente nel settore della carne bovina e nel settore della carni avicole, hanno generato, come conseguenza diretta, una generale sfiducia dei consumatori europei nei confronti delle produzioni agricole e una conseguente crisi di mercato a seguito di un vero e proprio crollo dei consumi per queste derrate.
Davanti alla concreta possibilità di mettere in crisi intere filiere alimentari europee e per affrontare la crescente “sfiducia” verso una sistema produttivo agricolo molto costoso per le casse dell’Unione Europea, la Commissione ha iniziato un percorso, non ancora terminato, che si pone come obiettivo quello di innalzare il livello qualitativo dei prodotti alimentari europei attraverso una serie di azioni da intraprendere con ricadute dirette sulla fase produttiva agricola, sulla trasformazione industriale, sul trasporto e sulla conservazione delle derrate, sulla distribuzione e quindi sul consumatore.

"Dal campo alla tavola”: come la tracciabilità sta cambiando il mercato

Il progetto con cui l’Europa ha affrontato il tema della sicurezza alimentare (intesa come food safety) è contenuta nell’ormai famoso Libro bianco sulla Sicurezza Alimentare (EU, COM 719/99). Nello spirito europeo, sicurezza degli alimenti non significa uniformità, ma anzi l’UE promuove la diversità basata sulla qualità e in questo l’UE incoraggia i suoi agricoltori a concentrarsi sulla qualità, non solo degli alimenti ma anche dell’ambiente rurale. Nondimeno l’UE rispetta il diritto dei consumatori a scelte consapevoli: diffondendo e promuovendo la conoscenza in tema alimentare, imponendo etichette che informino, pubblicando pareri scientifici, il tutto con l’obiettivo di innalzare nei consumatori la fiducia negli alimenti di cui si nutrono (Commissione Europea 2004.a; Commissione Europea, 2007).
Lo strumento principale previsto dal “Libro bianco”, che idealmente unisce gli agricoltori (e i loro prodotti) ai consumatori, è rappresentato dalla tracciabilità degli alimenti (Reg. Ce. 178/2002). Lo “slogan” “
from farm to fork” (Commissione Europea. 2004.b) è stato molto più che un intervento tecnico in quanto nel tempo è diventato sempre di più strumento di garanzia, di sicurezza, di marketing, di organizzazione, di promozione. Di fatto, la tracciabilità (associata alle certificazioni volontarie) sta cambiando i mercati agricoli in quanto obbliga gli operatori della filiera a conoscersi (le imprese devono poter identificare i propri fornitori e i propri clienti, ciò che in gergo si chiama one-step-backward, one-step-forward) e a far conoscere le tecniche di produzione / trasformazione, mettendo a disposizione delle aziende della filiera le informazioni relative alle quantità e alla qualità di input che vengono usati nei processi produttivi. In questo ambito, il ruolo del consumatore nei confronti della tracciabilità è da considerarsi da “utente finale” del processo, senza possibilità di interagire se non manifestando l’apprezzamento (o meno) per il servizio offerto mediante la reiterazione dell’acquisto. La tracciabilità ha avviato una nuova fase nei rapporti commerciali tra gli attori in quanto ha contribuito ad innalzare il livello di fiducia per i consumatori e per tutti gli operatori della filiera (DG SANCO, 2006; Fischer et al., 2006; Mazzocchi et alt. 2006), ma ha anche spinto gli operatori ad adottare nuove forme contrattuali (sviluppando ulteriormente i contratti di integrazione) basate proprio sulla qualità e la sicurezza. Un esempio concreto delle relazioni tra fiducia, organizzazione e risposta dei consumatori si è registrato in occasione delle recenti crisi alimentari, dove si è osservata una caduta dei prezzi inferiore alla media per i prodotti gestiti direttamente dalla distribuzione (ad es. la filiera qualità di Carrefour) (Giacomini e Mancini 2006). Tutto ciò ha portato, e porta, a ricercare nuove forme di integrazione e a dotarsi di strutture organizzative (soprattutto dal lato dell’offerta agricola) in grado di fare fronte alle esigenze contrattuali di chi utilizza maggiormente la tracciabilità (e la certificazione) come elemento di garanzia verso i consumatori: la grande industria alimentare (ovvero le multinazionali dell’alimentare) e la Grande Distribuzione Organizzata (GDO) (Giacomini e Mancini, 2006, Schulze et alt. 2006).
Possiamo dire che tutto il sistema alimentare, sotto la spinta della tracciabilità e all’introduzione di sistemi basati sull’
Information Comunication Techonology (ICT), è diventato più moderno, più trasparente, più efficiente e più competitivo (DG SANCO 2006; ISMEA, 2006). Tuttavia, vi sono alcuni aspetti che devono essere considerati nel valutare le ricadute sul settore agricolo. In questa profonda riorganizzazione della filiera alimentare e del suo assetto logistico, infatti, proprio la componente agricola sembra essere stata quella in maggiore difficoltà in quanto:

  • risente maggiormente del potere contrattuale della controparte industriale / distributiva sia dal lato della definizione dei prezzi che della qualità;

  • ha difficoltà di rispondere in modo adeguato alle esigenze logistiche della GDO;

  • data la sua parcellizzazione e bassa integrazione presenta elevata difficoltà di ammodernamento organizzativo e strutturale.

Ne risulta che spesso i benefici che ne potrebbero derivare da un sistema più efficiente e trasparente non arrivano alla componente agricola ma vanno ad appannaggio dell’industria e della GDO, mentre al settore agricolo (comprensivo delle forme associazionistiche), spesso, rimangono i costi (Banterle A., Stranieri S. Baldi L., 2006).
In conclusione la tracciabilità, associata all’ICT, ha contribuito ad aumentare il livello di competitività nel sistema, ma proprio per questo motivo il settore agricolo deve anch’esso ammodernarsi ed adeguarsi ai nuovi standard pena il rischio di essere esclusi dal mercato in quanto obsoleti.

La nuova PAC e le opportunità per il settore agricolo

Il rapporto tra Pac e consumatori non si esaurisce nella spinta alla sicurezza degli alimenti e nello sviluppare un clima di fiducia lungo la filiera ma, sempre in una logica di qualità, agisce anche nella direzione di aumentare e diversificare l’offerta alimentare. Infatti, oggi, il concetto di qualità è legato a beni ottenuti adottando tecniche rispettose dell’ambiente e della salute degli animali e beni che esprimono un legame molto forte con il territorio e con le persone che lo rendono vivo (Fischer Boel M., 2007).
Nel primo caso la 
Pac, sin da Agenda 2000 e mediante un Regolamento specifico (Reg.2092/91), ha con forza incentivato l’avvio delle produzioni biologiche, offrendo contributi, definendo le regole, obbligando i produttori a certificarsi e dando la possibilità di adottare un marchio di qualità che consentisse ai consumatori il riconoscimento del prodotto.
Oggi, l’azione di fornire alimenti ottenuti a seguito dell’applicazione di “buone pratiche” è stata arricchita dal Reg. 1782/03 il quale vincola il Premio unico aziendale (
Pua) alla “eco-condizionalità. Quest’ultima obbliga gli agricoltori ad adottare “buone pratiche agricole” per la gestione dei terreni agricoli e gli allevatori ad adottare sistemi di allevamento rispettosi del “benessere degli animali”. Il Regolamento non prevede un marchio che permette ai consumatori il riconoscimento di tali beni in quanto la qualità, definita da questi obblighi, diventa il livello qualitativo minimo per attuare la produzione e accedere al mercato.
Sempre nel tentativo di offrire prodotti di qualità la 
Pac ha fortemente contribuito a far “emergere” dalle aree rurali veri e propri “giacimenti eno-gastronomici”, tutelandoli e consentendo loro di poter essere riconosciuti dai consumatori mediante un apposito segno di qualità. L’avvio di una politica di tutela delle Denominazioni di Origine (DO) in ambito europeo ha spinto molti agricoltori ad associarsi e a valorizzare il loro ruolo di custodi di conoscenze e di tradizioni in grado di arricchire in misura significativa la qualità degli alimenti offrendo loro un valore culturale, storico, e quindi simbolico.
La 
Pac, quindi, al servizio dei consumatori ma rispettosa della “diversità” che contraddistingue l’offerta alimentare europea, è non solo politica di sussidi ma strumenti e opportunità a disposizione del sistema agricolo europeo.