giovedì 12 ottobre 2017

Peppino Bivona

 

Peppino Bivona, agronomo, 

giornalista pubblicista,  


ci racconta una storia esemplare






Le famiglie contadine quando si potevano permettere di fare studiare i figli  l’indirizzavano sempre  verso la carriera di medico,avvocato, ingegnere , professioni di sicuro avvenire, un lavoro sotto “li canali” (le tegole, al sicuro), se poi , magari, aveva la vocazione ,divenivano alti prelati. Per contro, i figli meno perspicaci, con poche ambizioni ,restavano a lavorare la terra.

Così negli anni  in agricoltura si “sedimentò” e “stratificò” uno strato sociale che divenne “causa ed effetto”  della sua  debolezza strutturale  ovvero una perenne ed incisiva subordinazione dell’agricoltura nei confronti di altri settori e comparti dell’economia.
Le istituzioni delle scuole agrarie o delle stesse facoltà di agraria , nella prima metà del XX° secolo non diedero maggior sollievo alla nostra agricoltura . A tutt’oggi il settore dispone  di “uomini  e mezzi “ ragguardevoli , studi e ricerche per  ogni settore e per specifica coltura si sprecano , le innovazioni sia di prodotto che di processo invadono le campagne ….. eppure l’agricoltura langue,  vive in perenne stato comatoso: perciò  nessuno vuole restare a lavorare la terra!
Ora siamo a chiederci: dove abbiamo sbagliato?.Cosa non abbiamo capito?  Cosa non ha funzionato?
L’errore fondamentale che gli “addetti”  all’agricoltura  abbiamo commesso  e stato quello di  porre tutta la nostra attenzione, il nostro interesse su tematiche “tecniche “ ed “economiche” inerenti le produzioni agro-alimentari . Insomma ci siamo preoccupati del cibo come “merce”  attenzionandolo dalla campagna fino  al mercato. Da questo punto in poi l’abbiamo lasciato nelle mani dell’industria di trasformazione agro-alimentare , alla ristorazione, ai cuochi ,ai nutrizionisti ,ai medici.
Questi soggetti in relazione alle loro convenienze e necessità  l’hanno  modificato ,alterato, arricchito, stravolto, denaturato, con il silenzio e la remissività di tutto il mondo agricolo.
Ma quali  profonde trasformazione  sono  avvenute in questo mezzo secolo?
I nuovi modelli  di agricoltura convenzionali ,oltre a influenzare  le quantità prodotte , ne hanno modificato pure la qualità? Insomma cosa ha di diverso il nostro cibo  con quello che consumavano le nostre nonne? Tutto!
Ebbene tutta la filiera del cibo è radicalmente modificata
-il suolo,la sua struttura,i livelli di humus, di sostanza organica ,di fertilità  ,le micorrize  e la ricca presenza di fauna e flora ,ecc.
-le piante  coltivate hanno modificato in parte il loro patrimonio genetico, riducendone  le varietà , impoverendone  la biodiversità ecc.
Gli ordinamenti colturali sono stati semplificati, banalizzati ,i sistemi  produttivi,appiatti, ed “omogeneizzate “ le tecniche colturali
-L’azienda agricola ha perso la sua “autonomia” , la “ciclicità” ,E divenuta sempre più dipendente dall’energia  sussidiaria esterna: la meccanizzazione,la difesa delle piante, la concimazione ecc
Esiste una stretta correlazione tra lo stato di salute del suolo e quello delle persone che si alimentano con il cibo da esso derivato. Un suolo ricco ,fertile, strutturato, consente la crescita di piante sane i cui frutti sono  ricchi di “nutrienti”, e “metaboliti secondari”  Questi  alimentano e garantiscono una buona salute ai consumatori.
Ma la vera rivoluzione il cibo la subisce quando varca i cancelli dell’azienda.
L’industria agro-alimentare ha denaturato gli alimenti. Dalla conservazione alla trasformazione ,  dalla farina alle conserve, dai succhi di frutta ai prodotti da forno.
Cosi  il terreno coltivato non è più lo stesso, le cultivar di grano  sono diverse ,le tecniche colturali radicalmente modificate, la molitura del grano innovata, la panificazione  “modernizzata”.
Perciò il pane , per mille ragioni, non è più lo stesso! Tutte le coltivazioni al pari del grano hanno subito questa “  rivoluzione” in nome della produttività  ,della redditività ed  economicità ,insomma al fine di elevare il PIL. Cosi il contenuto di omega 3 nelle uova provenienti da galline allevate all’aperto ,alimentate con erba è cento volte superiore a quello contenuto nelle uova di un allevamento industriale. Le olive conservate col sale al naturale ,contengono quasi tutte intere i Sali e gli amminoacidi di quelli trattati industrialmente con la soda. Il lardo dei maiali allevati spontaneamente ,liberi di pascolare,ha un contenuto rilevante di acido linolenico. L’estratto di pomodoro essiccato al sole ha 100volte più licopene disponibile di quello concentrato industrialmente con la centrifugazione , Il vino passito ricavato dalle uve essiccate al sole,  ha un contenuto10 volte maggiore di resveratrolo di quello, le cui uve sono state essiccate in un comodo forno elettrico. E che dire dei fichi essiccati al naturale /o delle prugne?   . Sono prodotti “diversi” che non andavano confusi.   Eppure tutto ciò è avvenuto con il silenzio  e spesso con la complicità delle istituzioni scientifiche e di ricerca . In modo particolare le istituzioni legate all’agricoltura.
 Chi ne ha pagato le spese  di questa  balordaggine sono stati gli agricoltori e i consumatori! . Le ragioni sono sempre più evidenti da un decennio , da quanto  prestigiose  istituzioni scientifiche come Campredg, Oxford e la Cornell Università , hanno attenzionato il cibo e la sua funzione metabolica nel nostro organismo. I nuovi sviluppi  della ricerca alimentare influiranno sulla nostra salute  e di riflesso sull’attività agricola  Il binomio cibo-salute passerà obbligatoriamente da un rinnovato modello di gestione agricola .
 

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