Peppino
Bivona
Quella
sera a cena Ulisse era particolarmente euforico, mangiava di buon
gusto, ma soprattutto il suo calice faceva parecchi andirivieni dal
capace cratere,colmo di buon vino. Penelope ,che assieme condivideva
la cena non si meravigliava più di tanto, ormai erano diverse sere
che l’eroe di Troia si attardava a tavola con la scusa di
raccontare tutte le sue avventure durate l’assenza durata
lunghissimi vent’anni. Tuttavia Penelope donna fedele ma non
stupida, in tutto il resoconto Odisseo, c’erano alcuni aspetti
della narrazione del marito che non la convincevano. Cosi pensò tra
se e se” Vuoi vedere che questa sera sarà la volta buona per
convincere Ulisse a chiarire alcuni punti oscuri del suo lungo
peregrinare?”. Penelope non perse tempo, allungò una coppa di
vino ad Ulisse e con parole amorevoli di moglie fedele gli disse:”
Mio caro Ulisse,mio eroe, ormai hai raccontato tutto del tuo lungo
viaggio,una storia cosi avventurosa ed appassionante, di cui pochi
uomini possono vantarsene. Eppure ci sono alcuni episodi del tuo
racconto che non mi convincono, ad esempio la storia di Circe, la
maga che tramuta i tuoi compagni in “porci” e la tua lunga
permanenza con Calipso. Ebbene, tralasciamo la faccenda di Circe, di
cui posso ipotizzare cosa sia avvenuto realmente, malgrado la mia
vita trascorsa chiusa tra queste mura, ricordati, che sono una donna
e certe “perversioni” di voi maschietti non mi sorprendono. Ma
ciò che mi riesce difficile, conoscendoti, come tu possa essere
rimasto , otto, dico otto lunghi anni solo in uno scoglio in mezzo al
mare ,con una sola donna, ripeto la stessa donna per otto lunghissimi
anni!!”
Ulisse
anche se aveva bevuto tanto, era ancora in grado di capire bene certe
cose e in particolare quella richiesta cosi decisa e perentoria
avanzata dalla moglie Penelope. A primo acchito cercò di divagare
,sostenendo che la ninfa lo teneva prigioniero e da quello scoglio in
mezzo al mare non sapeva dove andare. Ma Penelope non era donna da
accontentarsi di queste mezze spiegazioni e insistendo sulla sua
richiesta porse ad Ulisse l’ ennesima coppa di vino ,il quale non
perse tempo a svuotarla. L’insistenza di Penelope non dava tregua
a povero Ulisse che si sentiva in evidente difficoltà. Finché
all’ennesima coppa di vino Ulisse “capitolò”.Ora aveva voglia
di parlare,parlare a più non posso, anche se le parole le uscivano
dalla bocca spezzettate, impastate , lascicate: “Mia cara
Penelope, sposa devota,avrei preferito non entrare in questa vicenda,
tenermela come un mio intimo segreto e portarmela nella tomba”.Il
suo volto si fece serio ,cercava le parole giuste per raccontare quel
singolare episodio della sua vita. Alla fine si rivolse a Penelope
quasi intenerito: “ Mia cara,non giudicarmi male, ma devi sapere
che Calipso è una divinità marina bellissima,figlia di Zeus a
cui però si era rivoltata e per questo condannata a vivere sola su
quello scoglio ai confini del mondo. I suoi rapporti sessuali con
gli uomini erano rari e occasionali. Da Apollo ebbe un figlio
chiamato Imene,Ti dice niente questo nome?” No” disse secco
Penelope “Ognuno può chiamare il proprio figlio come meglio
piace!”. Ulisse comprese che Penelope,donna intelligente ,su questo
terreno faceva fatica a seguirla nel ragionamento.” Insomma cara
Penelope” riprese Ulisse “Giove nel condannarla a vivere in
quell’isolotto ,le fece,diciamo cosi,un dono particolare, ovvero
malgrado i ripetuti rapporti sessuali con uomini ….restava
vergine,insomma l’imene si ricomponeva,ossia tornava vergine come
se non fosse successo niente!!.” Penelope cominciò a capirci
qualcosa,ma non poté frenarsi:” E tu grullo, scimunito, hai
insistito tutti questi anni nel vano tentativo di deflorarla?”
“Io” riprese Ulisse “ avevo capito che qualcosa non andava, ma
la troietta, mi sfotteva! Mi dava dell’incapace , di impotente, di
scarsa virilità! Ora tu immagina se la notizia fosse arrivata in
Grecia, ma anche nella Magna Grecia, in Sicilia,prendi caso al
Circolo Universitario e di Cultura di Menfi,questa onta in bocca ai
soci del sodalizio,a quelle malelingue , a quel covo di maldicenti .
Dimmi tu come potevo ritornare a casa, cosa sarebbe rimasto della mia
fama!!”
Ora
il capo di Ulisse si chinò sul tavolo, stanco e amareggiato per la
confessione. Penelope in piede, lo guardava dall’alto dondolando la
testa: “Guarda un po' come può ridursi un Eroe,conquistatore di
città come Troia ,un uomo che ha sfidato gli Dei, i flutti marini
,le tempeste inenarrabili, sfarinarsi,annullarsi divenire “poca
cosa” di fronte ad una “pieghetta”!!
Si,
per Penelope il suo eroe non sfuggiva alla condanna che accumunava
tutti gli uomini. .Cominciano fin da piccoli a competere a chi la fa
più lunga il getto della pipì per finire ossessionati, ingombrati
dal fallo, dal “pezzo” che si ritrovano fra le gambe. Preoccupati
quasi esclusivamente ad ubbidire e rispondere, nell’atto amoroso,
ad una funzione “idraulica”: la sola che sembrano conoscere!
Poverini non sanno quello che si sono persi!.
Penelope,chiama
la vecchia nutrice per essere aiutata a mettere a letto Ulisse:
L’eroe dell’antichità.