domenica 9 giugno 2013

La vita contadina nel cerchio del tempo


                
Giuseppe Bivona  

  Sorge il mattino in compagnìa dell’alba
innanzi al sol che di poi grande appare
su l’estremo orizzonte a render lieti
gli animali e le piante e i campi e l’onde.
Allora il buon villan sorge dal caro
letto cui la fedel sposa, e i minori
suoi figlioletti intepidìr la notte;
poi sul collo recando i sacri arnesi
che prima ritrovâr Cerere, e Pale,
va col bue lento innanzi al campo, e scuote
lungo il picciol sentier da’ curvi rami
il rugiadoso umor che, quasi gemma,
i nascenti del sol raggi rifrange.
Allora sorge il fabbro, e la sonante
officina riapre, e all’opre torna
l’altro dì non perfette, o se di chiave
ardua e ferrati ingegni all’inquieto
ricco l’arche assecura, o se d’argento
e d’oro incider vuol giojelli e vasi
per ornamento a nuove spose o a mense.

      Ma che? tu inorridisci, e mostri in capo,
qual istrice pungente, irti i capegli
al suon di mie parole? Ah non è questo,
signore, il tuo mattin. Tu col cadente
sol non sedesti a parca mensa, e al lume
dell’incerto crepuscolo non gisti
jeri a corcarti in male agiate piume,
come dannato è a far l’umile vulgo.

      A voi celeste prole, a voi concilio
di Semidei terreni altro concesse
Giove benigno: e con altr’arti e leggi
per novo calle a me convien guidarvi.

      Tu tra le veglie, e le canore scene,
e il patetico gioco oltre più assai
producesti la notte; e stanco alfine
in aureo cocchio, col fragor di calde
precipitose rote, e il calpestìo
di volanti corsier, lunge agitasti
il queto aere notturno, e le tenèbre
con fiaccole superbe intorno apristi,
siccome allor che il siculo terreno
dall’uno all’altro mar rimbombar feo
Pluto col carro a cui splendeano innanzi
le tede de le Furie anguicrinite.

      Da “Il giorno” di Parini



                                   
Per gli anziani contadini la più piccola unità di misura  del tempo  era …il battito del cuore che in quiete batte una volta al secondo  
Cosi come la misura dello spazio  era il passo del viandante  oppure della capienza ,erano le mani giunte  a conchiglia . infine lo sguardo , il solo metro che misurava il movimento del cielo  , le forme delle realtà e le dimensioni delle cose .  La “ cosa” che per essere misurata ha bisogno di una macchina ,non s’addice all’esperienza contadina  e ,fuori dall’esperienza  il mondo si dirada nelle estrazioni
 Il giorno inizia con l’alba quando il sole emerge dall’orizzonte  e termina con il tramonto quando il sole scende  dietro l’orizzonte , L’alba e il tramonto durano pochi minuti , quanto ci vuole perché il sole faccia un passo grande quanto il suo diametro .  Ma l’alba per in contadino è più intrigante , ha un suo sviluppo temporale   un divenire  partoriente tanto che lne conta…. “ sette” . Si le sette  albe!.
In questa complessa nascita del giorno ,il contadino si serve della complicità del gallo. Il pennuto percepisce la prima alba ,ovvero quando la parte più nera e profonda della notte …prelude al nuovo giorno. Non e più notte ma ancora non può definirsi giorno ,il gallo sporge la testa dall’uscio del pollaio ed osserva che le stelle non hanno più la stessa luminosità , il loro splendore scema lentamente, perciò inizia il suo primo canto. Il canto del gallo scandisce  attraverso l’intensità e la frequenza il divenire del giorno, le cose  cominciano ad assumere le prime forme ,i lineamenti divengono più precisi e infine mostrano il loro colore
 Accade con il crepuscolo  quando no è più giorno ,ma non è ancora notte . E un tempo mediano  dove i due mondi si incontrano e le ombre diventano vive  come le cose che le proiettano…anche dentro di noi : è il tempo per le riflessioni  il più adatto per entrare in contatto con i due mondi .
L’ultima luce del giorno ,al crepuscolo  è un piccolo raggio  bluastro ,  emesso come un lampo .
Si dice che il profumo dei fiori in questo momento è più intenso
La metafora del giorno si estende  per tutto quanto esiste  cosi come non c’è alcun dubbio che dopo la notte spunterà l’aurora  ,dopo l’inverno  il risveglio primaverile e dopo il sonno profondo il risveglio  .
Ma la nostra aurora, quel tempo che non è più notte ,ma ancora non è giorno,  non potrebbe coincidere  con il tempo che dal concepimento accompagna la nascita?
Questo nostro mondo moderno  sorretto dal tempo lineare  siamo perennemente tesi come una corda tra la nascita  e la morte  . Una freccia  scoccata verso uno bersaglio, tante freccie veloci quasi ad esorcizzare la morte.
Nel mondo contadino  domina l’armonia del tempo circolare  si accetta la morte  ma di fatto la “ morte” non esiste  e come per ciò che non esiste , forse no c’è  motivo  di averne paura
 Il cerchio del tempo  è fatto di stagioni . per tutto c’è un tempo : c’è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo : c’è un tempo per seminare e uno per raccogliere , uno per abbracciare e uno per astenersi dagli abbracci , cosi è scritto nel libro  dell’Ecclesiaste
Il periodo di luce , dal chiarore  dell’aurora  fino all’ultima luce  del crepuscolo  è fatto per la veglia , quello del giorno per le occupazioni , quello  della notte  per la quiete ,il sonno .
Fuori dal cerchio , tutto diventa uguale  e senza il senso delle stagioni  si sveglia di notte e si dorme di giorno .
Fuori dal cerchio la morte esiste e fa paura . perciò  cerchiamo affannosamente di  rimuoverla ed allontanarla con l’inganno , fingendoci giovani quando non l’ho si è più , cancellando i degni del tempo come una vergogna , curando il corpo come un feticcio  per mantenerlo lucido e performante : un guscio refrattario al tempo ma anche alla nostra anima


La nostra stupida visione del tempo lineare , alla quale siamo addomesticati, ignora la verità profonda delle “stagioni” e il piacere del ritorno   

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