venerdì 31 maggio 2013

Chi ha rubato i semi dei contadini?


Giuseppe Bivona

Dobbiamo riportare i contadini a coltivare le varietà per la biodiversità, per loro stessi, per la sicurezza alimentare, per il futuro."
Vandana Shiva


Non abbiamo il diritto di consumare felicità senza produrne, proprio come non abbiamo il diritto di consumare ricchezza senza guadagnare

                                                       

Un tempo quando nelle menti albergava la ragione e il buon senso ,i  contadini  possedevano i loro semi,li selezionavano, li conservavano, li tramandavano, se li scambiavano, erano insomma  un patrimonio  della comunità. Selezionare i semi era un lavoro affidato quasi sempre ai più anziani, anno dopo anno venivano scelte i semi dai frutti  meglio coloriti , sani , resistenti .Erano  mediatori  , attenti e scrupolosi ,consapevoli  della necessità di non arrestare mai questo lungo e complesso processo di adattamento, sempre  in armonia  con il cambiamento climatico, con le condizioni  pedologiche  del luogo .

 Per strano che possa sembrare   ,le parole “ tramandare “ e  “mutare”   ci danno un segno tangibile del  mutamento e della tradizione. Il  cambiamento  che non conosce la continuità  genera  innovazioni senza radici , senza contesto , senza dare tempo alla comunità di accoglierlo, come un bene atteso , di apprenderne il corretto uso , e farne un bene comune .
 Di fatto le innovazioni  isolate, e distanti ,  generano una sorta  di eresia dalle  conoscenza .Non conosce il rispetto per il senso della vita
 Ma che senso avrebbe  la tradizione  senza il lento ,inesorabile  , cambiamento?
 Avremmo  espresso  una rigida  ripetizione  ,una monotona “clonazione”, buona per i musei o per alimentare nostalgie .
 No, la rigidità nega la vita , ne diventa inutile parodia , facendosi caricatura  del passato .
La Tradizione non è  conservatorismo  né fascinazione del passato  storico , niente è più lontano  dalla tradizione  di un museo folcloristico .” La verità  è che la tradizione non consiste    in un semplice trasmissione del sapere : è la trasmissione di un saper vivere . Il tradizionalismo  si contrappone  alla tradizione perché uccide  l’organismo vivente , per diventare un adepto  del fossile “  
 Il  percorso che accompagna la vita  delle varietà vegetali  , parte dalla selezione , lungo un intenerario  attraverso un   continuo adattamento . Ci ricorda che la natura  non esprime solo e solamente varietà agricole , cosi come noi le conosciamo ,ma che esistono le specie , le loro forme spontanee, , gli ecotipi , declinate  sulla  base delle condizioni climatiche,  agronomiche. Le varietà nella loro stretta accezione prendono  “forma”  da una precisa e definita attività umana , se volete “ comunitaria “ , come potrebbe accadere ad un “manufatto “ .
Le varietà ,a differenza degli ecotipi  non sono il prodotto di un incontro occasionale  , nel tempo , ma ben di più , ovvero  sono il prodotto  dell’incontro con la “ necessità “ con la cultura “ . Perciò sono varietà locali caratterizzate in modo originale e dinamico, sia nella loro modalità epigenetica , quale capacità di esprimere  una incessante capacita  di ridefinizione  del codice costitutivo , sia degli aspetti fenotipici  quali estensori di forma e di comportamento 
Cosi alla massima espressione genetica e diversità varietale   operata  dalle comunità rurali e contadine , assistiamo oggi  alla massima restrizione  genetica e fenotipica  dell’agricoltura industriale ,  semplificata e banalizzata  fino all’estrema  mortificazione  della diversità che sfocia nella pratica monoculturale  monovarietale.
 La monocoltura non appartiene al mondo contadino  essa è figlia  dell’agricoltura intensiva, di precisione , di ordine formale, industriale , quella che prima di produrre prodotti  coltiva profitti e contributi , ma produce erosione della terra e della diversità.
Oggi i prodotti  delle monocolture  , coltivate dalla “monocultura  delle menti” , odorano  di artificiosità , di moda , di intransigenza e fanatismo , di svalutazione  della diversità  della pluralità e dalla “contaminazione”  che in agricoltura sono elementi di ricchezza e in natura garanzie di sopravvivenza .
Le esigenze mercantile  legate all’uniformità  delle tecnologie colturali , di raccolta , confezione , distribuzione e vendita, hanno  sortito  un vero e proprio disorientamento identitario , un approccio astratto alla natura delle cose.
Quella della purezza  delle varietà  è una esigenza estranea al mondo contadino . Le nuove varietà commerciali  sono caratterizzate da uniformità , stabilita e distinguibilità . Sono requisiti  previsti  per l’iscrizione ai registri varietali , sono coordinate buoni  per i parametri ufficiali , definiscono i limiti per la commercializzazione delle sementi , sono caratteri conformi alla loro brevettazione, allo sfruttamento dei benefici commerciali  legati al loro uso .
 Quanto sono diversi e distanti dai campi dei contadini , dove le varietà si incrociano liberamente  dando vita a mescolanze di popolazioni!

Le ansie per la purezza varietale  tradiscono il misconoscimento  e la negazione  delle armonie  e dei movimenti  che spontaneamente e con sapienza anima la natura e ne sono rivelazione . Le ansie per la purezza  varietale tradiscono una volontà pianificatrice , una bonaria propensione alla separazione , al rigetto di cosa non è abbastanza puro  da compensare il disorientamento morale, estetico e ontologico che intesse la filigrana  della  modernità .         

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