Giuseppe Bivona
Oh , quale
catastrofe, quale mutilazione dell’amore è quando questo viene ridotto a un
mero sentimento personale,avulso dal sorgere
e del tramontare del sole e isolato dalla magica relazione del Solstizio
e dal Equinozio !. Le nostre radici sanguinano perché le abbiamo recise dalla
Terra, dal Sole e dalle stelle,e l’amore non è
altro che una ridicola parodia poiché, misero fiore , noi lo abbiamo
staccato dall’albero della Vita e pensiamo
di poterlo mantenere in vita nel nostro civilizzato vaso sul tavolo
D.H Lawrence
Quell’anno
la Pasqua arrivò “bassa” ovvero gli ultimi giorni di marzo. Ma per don
“Ciccinu” , presidente del comitato per la festa Pasquale “Di lu n’contru”, le cose si
mettevano male.
Proprio in
quei primi mesi dell’anno , come dicono i contadini “
sciacchitani” il signore s’era “messo le scarpe “, ossia pioveva a più non
posso e non sembrava avesse voglia di smettere.
Se il detto
“innaru siccu, massaru riccu” aveva un minimo di veridicità ,quella in corso sarebbe
stata una annata tutta da dimenticare. Ma la
preoccupazione che più assillava il vecchio
contadino era un'altra, di
non facile soluzione: con che cosa avrebbero adornato le statue di San Michele e di Gesù risorto,se l’acqua e
il freddo avevano ritardato la fioritura e l’allegagione delle
primizie?
L’addobbo
dei santi per i paesani non era cosa di
poco conto , non sarebbe passato inosservato ,in
particolare San Michele aveva gli occhi puntati da parte di tutta la
cittadinanza. Il piccolo santo aveva un
ruolo decisivo nella festa di Pasqua : comunicare alla Madonna che suo
figlio era risorto .Il tutto si svolgeva nella via principale del centro
storico ,per tre andirivieni,causa lo scetticismo della madre di Gesù. San
Michele portato a spalla da quattro devoti , raggiungeva la Madonna avvolta con un mantello nero a lutto ,per annunciare la buona notizia: “ vostru figghiu
allivisciu” ed Ella scettica,
rispondeva: nun ci criu” . Il povero santo spalleggiato , ritornava da Gesù
risorto , il quale lo pregava di
insistere ancora una volta; di nuovo
altra corsa , ma…..altra risposta incredula. Finche Gesù spazientito decide si andare egli stesso di persona è
chiarire tutto.
Perciò in fin dei conti l’addobbo floreale e
le primizie orticole non assolvevano che
ad una funzione coreografica , un abbellimento
occasionale , un rituale non indispensabile per la tradizione e il
messaggio cristiano. Anzi , non poche volte erano state occasione di scontro
con padre arciprete che le reputava questa insistenza e caparbietà del comitato, un retaggio
pagano.
Ma le cose
non stavano così. La preoccupazione di “ Lu zù Ciccinu” era comune a tanti suoi
amici contadini , ma anche a i molti artigiani ,calzolai, maniscalchi
,falegnami ,sarti ecc. i quali non
volevano saperne di mandare in giro il santo e Gesù risorto disadorno
privo dei bei e pingui mazzi di bbalicu (viola cicche), di calle, delle
infiorescenze vermigli di sulla e poi
dei baccelli lunghi e verdi di fave. Si , fave
San Pantaleo che gli ortolani
conservavano i semi gelosamente.
La devozione
di adornare ed abbellire la base della statua del santo e di Gesù
risorto aveva radici profonde e ragioni
antiche che si perdevano nella notte dei tempi :era considerata simultaneamente una offerta votiva ed un auspicio per propiziarsi i santi per
una buona annata che avrebbe legato a
cascata il contadino ai tanti ,diversi
artigiani che prestavano i propri servizi per l’intero anno
Il povero
padre arciprete ,ignorante e bigotto , non capiva questi legami , cosi come non
avrebbe trovato curiosa la connessione
tra il “ suo” Natale e il Solstizio di inverno
o quello d’estate con la festa di San Giovanni . Tanto valeva
ammettere che i primi cristiani non
persero tempo ad “assorbire” le antiche feste rituali nel loro calendario liturgico!.
Alla fine, anche quell’anno, i santi vennero
adornati, la voce si era sparsa in tutto il paese , la ricerca delle “primizie”
si estese pure ai paesi limitrofi , anche le casalinghe offrirono i fiori riparati in casa nei vasi.
I santi fecero la loro bella figura e il rito Pasquale si svolse in una
magnifica giornata di sole primaverile
Ora “lu
n’contru” era terminato, i santi in fila
,si apprestavano a fare ritorno in chiesa per celebrare la messa. Dietro ,
fianco a fianco li seguivano padre
arciprete e “lu zù Ciccinu”.
Per ambedue
la Pasqua era la festa della resurrezione di Cristo , un evento
straordinario un mistero centrale della religione cattolica: la vita
che sconfigge la morte, perciò della speranza nella divina Provvidenza .
Ma per “lu
zù Ciccinu” quel giorno, quella festa
era qualcosa di più, che andava oltre il rito liturgico.
Prende
l’avvio il risveglio della natura, una rinnovata risurrezione delle sue creature , i giorni sempre più solari
ed i raggi sempre più caldi animano gli esseri viventi. Rinasce la speranza per
la produzione di nuove messi, dei raccolti portati a buon fine . Nella sua
visione “ciclica” il vecchio contadino ha la consapevolezza che il seme gettato per “morto” nel terreno, in questa primavera
germinerà , cosi come le piante spogli fin dall’autunno cominciano a
germogliare e curiosamente molti lo fanno vestendosi prima di tutto di fiori .
Si, tanti fiori come volessero mandarci un
chiaro messaggio : il prevalere della la bellezza e la gioia di vivere.
BUONA PASQUA A TUTTI VOI
E ALLE VOSTRE FAMIGLIE
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