mercoledì 4 aprile 2012

L’incontro



Giuseppe Bivona

Oh , quale catastrofe, quale mutilazione dell’amore è quando questo viene ridotto a un mero sentimento personale,avulso dal sorgere  e del tramontare del sole e isolato dalla magica relazione del Solstizio e dal Equinozio !. Le nostre radici sanguinano perché le abbiamo recise dalla Terra, dal Sole e dalle stelle,e l’amore non è  altro che una ridicola parodia poiché, misero fiore , noi lo abbiamo staccato dall’albero della Vita e pensiamo  di poterlo mantenere in vita nel nostro civilizzato vaso sul tavolo
 D.H  Lawrence

Quell’anno la Pasqua  arrivò “bassa”  ovvero gli ultimi giorni di marzo. Ma per don “Ciccinu” , presidente del comitato per la festa  Pasquale “Di lu n’contru”, le cose si mettevano male.
Proprio in quei  primi mesi  dell’anno , come dicono i contadini “ sciacchitani” il signore s’era “messo le scarpe “, ossia pioveva a più non posso e non sembrava avesse voglia di smettere.
Se il detto “innaru siccu, massaru riccu” aveva un minimo di veridicità ,quella in corso sarebbe stata  una annata  tutta da dimenticare. Ma la preoccupazione  che più assillava  il vecchio  contadino   era un'altra, di non  facile soluzione: con che  cosa  avrebbero adornato le statue  di San Michele e di Gesù risorto,se l’acqua e il freddo avevano ritardato la fioritura e l’allegagione  delle  primizie?
L’addobbo dei santi   per i paesani non era cosa di poco conto  ,  non sarebbe passato inosservato ,in particolare San Michele aveva gli occhi puntati da parte di tutta la cittadinanza. Il piccolo santo aveva un  ruolo decisivo nella festa di Pasqua : comunicare alla Madonna che suo figlio era risorto .Il tutto si svolgeva nella via principale del centro storico ,per tre andirivieni,causa lo scetticismo della madre di Gesù. San Michele portato a spalla da quattro devoti , raggiungeva la Madonna  avvolta con un mantello nero a lutto ,per  annunciare la buona notizia: “ vostru figghiu allivisciu”  ed Ella scettica, rispondeva: nun ci criu” . Il povero santo spalleggiato , ritornava da Gesù risorto , il quale  lo pregava di insistere ancora una volta;  di nuovo altra corsa , ma…..altra risposta incredula. Finche Gesù spazientito  decide si andare egli stesso di persona è chiarire tutto.
 Perciò in fin dei conti l’addobbo floreale e le primizie orticole  non assolvevano che ad una funzione coreografica , un abbellimento  occasionale , un rituale non indispensabile per la tradizione e il messaggio cristiano. Anzi , non poche volte erano state occasione di scontro con padre arciprete che le reputava questa insistenza  e caparbietà del comitato, un retaggio pagano. 
Ma le cose non stavano così. La preoccupazione di “ Lu zù Ciccinu” era comune a tanti suoi amici contadini , ma anche a i molti artigiani ,calzolai, maniscalchi ,falegnami ,sarti ecc. i quali  non volevano saperne di mandare in giro il santo e Gesù risorto  disadorno  privo dei bei e pingui mazzi di bbalicu (viola cicche), di calle, delle infiorescenze vermigli di sulla  e poi dei baccelli lunghi e verdi di fave. Si , fave  San Pantaleo che gli ortolani  conservavano  i semi gelosamente.
La devozione di  adornare ed abbellire  la base della statua del santo e di Gesù risorto  aveva radici profonde e ragioni antiche che si perdevano nella notte dei tempi :era  considerata simultaneamente  una offerta votiva  ed un auspicio per propiziarsi i santi per una buona annata che avrebbe  legato a cascata il contadino ai  tanti ,diversi artigiani  che prestavano i  propri servizi per l’intero anno
Il povero padre arciprete ,ignorante e bigotto , non capiva questi legami , cosi come non avrebbe trovato  curiosa la connessione tra il “ suo” Natale e il Solstizio di inverno  o quello d’estate con la festa di San Giovanni . Tanto valeva ammettere  che i primi cristiani non persero tempo ad “assorbire” le antiche feste rituali  nel loro calendario liturgico!.
 Alla fine, anche quell’anno, i santi vennero adornati, la voce si era sparsa in tutto il paese , la ricerca delle “primizie” si estese pure ai paesi limitrofi , anche le casalinghe   offrirono i fiori riparati in casa nei vasi. I santi fecero la loro bella figura e il rito Pasquale si svolse in una magnifica giornata di sole primaverile
 Ora  “lu n’contru” era terminato,  i santi in fila ,si apprestavano a fare ritorno in chiesa per celebrare la messa. Dietro , fianco a fianco  li seguivano padre arciprete e “lu zù Ciccinu”.
Per ambedue la Pasqua era la festa della resurrezione di Cristo , un evento straordinario  un mistero  centrale della religione cattolica: la vita che sconfigge la morte, perciò della speranza nella divina  Provvidenza .
Ma per “lu zù Ciccinu” quel giorno, quella festa  era qualcosa di più, che andava oltre il rito liturgico.
Prende l’avvio il risveglio della natura, una rinnovata risurrezione  delle sue creature , i giorni sempre più solari ed i raggi sempre più caldi animano gli esseri viventi. Rinasce la speranza per la produzione di nuove messi, dei raccolti portati a buon fine .  Nella sua  visione “ciclica” il vecchio contadino ha la consapevolezza  che il seme gettato per  “morto” nel terreno, in questa primavera germinerà , cosi come le piante spogli fin dall’autunno cominciano a germogliare e curiosamente molti lo fanno vestendosi prima di tutto di fiori . Si, tanti fiori come volessero mandarci un  chiaro messaggio : il prevalere della la bellezza e la gioia di vivere.

BUONA PASQUA A TUTTI VOI
 E ALLE VOSTRE FAMIGLIE

    

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