Ormai il termine bio o Bio, sembra essere
sulla bocca di tutti o quasi, Se ci fate caso, non si utilizza più il termine biologico, ma bio. pare infatti che fa più breccia nell'ignaro consumatore
Non tutti sanno che... .. .. .. ...
Pubblichiamo la riflessione di Elena Cattaneo, che condividiamo in toto.
Farmacologa, biologa e senatrice italiana.
Nota per i suoi studi sulla malattia di Huntington e per le sue ricerche sulle
cellule staminali, è stata nominata senatrice a vita il 30 agosto 2013.
L'agricoltura biologica fa uso di
pesticidi. E i campi coltivati a biologico possono inquinare il terreno con un
metallo pesante più tossico del glifosato. Strano, ma vero! Credo sia davvero
importante squarciare quel velo di ignoranza che ci fa annuire acriticamente
agli slogan "No ai pesticidi. Sì al biologico" e aderire a iniziative
"contro l'agricoltura chimica" (tout court) e per "la salute
della terra e dell'uomo". Iniziative che spesso finiscono col chiedere
allo Stato, cioè noi, specifiche (ulteriori) risorse.
Oggi la narrazione del biologico
teorizza, godendo di sponsor istituzionali, un ritorno al passato a
"pesticidi zero". Ma forse non tutti sanno che la stessa agricoltura
biologica, quella del "ritorno alla natura", di pesticidi ne fa un
uso sistematico, elencandoli in appositi disciplinari. Essi, infatti, sono
"microrganismi o sostanze chimiche (naturali e prodotte industrialmente)
utilizzati in agricoltura per eliminare tutto ciò che danneggia le piante
coltivate". Lo ricorda l'Istituto Superiore di Sanità.
La contrapposizione tra pesticidi (o per
meglio dire agrofarmaci) di sintesi e non di sintesi è vincente in termini di
marketing, ma, in termini di sostenibilità, non è funzionale a evitare un
maggior inquinamento. Il rame, ad esempio, uno dei più antichi, utilizzati e
"naturali" pesticidi bio della storia, è un metallo pesante che
inquina molto di più ed è molto più dannoso per uomini e animali di alcuni
prodotti di sintesi con funzioni analoghe. Le evidenze scientifiche, infatti,
ne dimostrano tossicità e persistenza nel suolo per tempi indefiniti.
Il tanto demonizzato erbicida glifosato, ad
esempio, ha un profilo tossicologico meno pericoloso.
L'effetto del rame è anche poco mirato:
la pianta da trattare deve esserne ben ricoperta, quindi ne serve di più
rispetto a fitofarmaci di sintesi più specifici; inoltre, essendo facilmente
dilavato da piogge o rugiada, va riapplicato spesso, col risultato di aumentare
l'inquinamento. Sia chiaro, il rame è usato anche nell'agricoltura integrata
che, però, ne fa un uso più contenuto avendo a disposizione prodotti
tecnologicamente più avanzati per sostituirlo. In quella biologica non esiste
alternativa.
Nonostante l'uso di pesticidi,
l'agricoltura biologica ha una resa molto bassa. Per mais, frumento, riso e
soia, le quattro commodities che nutrono il mondo, il biologico produce fino al
50% in meno. Per portare solo prodotti bio sulle nostre tavole, e realizzare
così il "lieto fine" della favola del biologico, avremmo bisogno del
doppio della terra da coltivare, sottraendola a foreste e praterie. Ma questo
significa anche il quadruplo di emissioni di gas serra per effetto dei
dissodamenti generalizzati.
Quindi: l'agricoltura biologica, per cui
il consumatore finale è disposto a pagare di più credendo di contribuire alla
sostenibilità, usa anche pesticidi che inquinano e permangono nel terreno.
Ipotizzare una massiccia conversione delle terre a biologico, per aumentare
l'attuale 15,4% delle superfici coltivate in Italia, comporterebbe un consumo
di suolo enormemente maggiore per avere rese paragonabili alle attuali. Senza
contare che circa la metà dei terreni certificati bio (e riceventi sussidi come
tali), ad oggi, è costituita da prati e pascoli nella cui gestione il biologico
non si differenzia dal convenzionale. Davvero questo è il modello del futuro da
sovvenzionare?
L'alternativa c'è ed è già "in campo":
è l'agricoltura integrata, degli imprenditori che innovano, che integra tutti
gli strumenti di protezione delle colture (agronomici, fisici, biologici,
chimici) secondo uno schema razionale per produrre quanto più possibile con le
risorse disponibili usate nel modo più efficiente possibile. Un approccio tanto
ragionevole e razionale da sembrare, di questi tempi, un'eresia.