Giuseppe Bivona
L’anziano preside spense la sua quarta sigaretta della
mattinata, erano le otto del 15 maggio
1960 il cortile della scuola media “
Santi Bivona” rimbombava un
vocio festoso di ragazzi . Con qualche difficoltà riuscì a zittire i suoi giovani studenti e con voce
tremula cosi parlò : “Oggi è una giornata storica per la nostra patria , con lo
sbarco dei mille e la battaglia di Calata fimi , un secolo fa ,il generale Giuseppe Garibaldi e i suoi 1000 eroi posero le basi per la costituzione dell’unità
d’Italia.. Voi oggi avete il privilegio
di visitare questi storici luoghi che
furono teatro di una sanguinosa
battaglia che segna un pietra
miliare nell’epopea risorgimentale “
Un colpo di tosse , tipica del fumatore incallito ,
spense le ultime parole del preside, che
si modulavano sempre più piene di commozione .
Per molti ragazzi, era la prima volta che salivano su una corriera , perciò alla nuova esperienza pose una seria ipoteca la paura : silenziosi
e composti cantammo alcuni inni risorgimentale , tra cui la più gettonata “ Le campane di San Giusto”.
Un largo piazzale ospitò decine di pullman proveniente da
tutte le parti della provincie occidentali della Sicilia. A tutti fu
distribuito un volumetto commemorativo con la copertina raffigurante l’eroe dei
due mondi su un cavallo bianco .Con una
buona ora di ritardo prese avvio la
cerimonia ufficiale con gli interventi
di esponenti della politica , della cultura , del sindacato . L’intervento più toccante lo si deve ad un politico locale che descrisse
la battaglia cosi
verosimilmente tale da farla rivivere come
un sequenza cinematografica . Proprio qui, su questo colle, denominato
“Pianto Romano” dove una serie di
terrazzi naturali degradavano verso
valle,il valoroso Garibaldi rispose decisamente al perplesso Bixio: “ Qui si fa
l’Italia o si muore!”
Ora a distanza di più di centociquant’anni da quell’evento ci chiediamo stupiti e sgomenti : “ Ma come sia stato possibile che simili, madornali frottole , inventate di sana pianta ,abbiano colonizzato le menti di generazioni di insegnanti e riempito impunemente pagine di libri di storia?” . Possibile che sia stata data a bere una sonora sciocchezza , senza che alcuno ne verificasse la fondatezza: che su quella collina teatro della battaglia “Pianto Romano” non è mai avvenuta alcuna battaglia tra romani e segetani ,perciò i romani non furono sconfitti da alcunché e meno che mai …. versarono lacrime .Ma allora come spunta fuori questo singolare sito ?
Dovete sapere che
in Sicilia i nostri contadini sogliono
indicare la “ chianta” un
appezzamento piantato a vigneto durante
i primi anni di vita, perciò : chianta,- chianto – pianto. E’ Romano? Ebbene si tratta del nome del disgraziato
proprietario , il quale si vide rovinare
, in piena vegetazione , le piante di vite assieme al campo di grano. Il
poveretto fece esposto alle autorità per
essere risarcito dei danni, ma non
risulta che ne lui ne gli eredi abbiano ricevuto alcun ristoro.
Ora se la buonanima del mio vecchio preside aveva ragione
, ossia che la battaglia di
Caltafimi segna una tappa fondativa dell’unità d’Italia …. di certo le fondamenta
nazionali poggiano su un terreno franoso e alquanto cedevole.
Il dubbio che ci assale è , come sia stato possibile che un regno di dimensioni rispettabili, come lo era quello delle due Sicilie , con un esercito regolare di cui 25.000 uomini di stazza nella nostra isola , sia stato sconfitto da un numero risicato di uomini ,che appena superavano le mille unità che per colmo erano ,male armati e scarsamente equipaggiati?
Ne possiamo
sostenere , come sperato da Rosalino Pilo
e Crispi , che la Sicilia era un vulcano pronto ad esplodere. Ma la perplessità maggiore la poniamo su Garibaldi , il quale
malgrado fosse uno scavezzacollo , di
certo avrà valutato il rischio di fare
la fine dei fratelli Bandiera o di Carlo Pisacane!
La risposta c’è la da stranamente Giuseppe Cesare Abba, lo
storico della fortunosa spedizione .
il quale , nel suo resoconto accenna ad un concitato scambio di battute
tra Garibaldi e Bixio , circa l’opportunità di rispondere al fuoco nemico
. Ma andiamo per ordine.
Garibaldi dopo lo sbarco non ha incontrato alcuna
resistenza, L’esercito borbonico al
comando del generale Francesco Landi si
attesta col suo esercito di 6000
uomini sulla strada che da Salemi
conduce a Calatafimi, strada obbligata per raggiungere Palermo. Il generale
borbonico invia in avanscoperta circa 600 uomini “ma solo per avvistare il
nemico”. Garibaldi, vede questo piccola frazione dei Nazionali che avanza con
compostezza e determinazione, e assalito da qualche dubbio si ritira prontamente sulle colline circostanti a meditare. Il comandante Sforza che guida i
sodati borbonici, consulta i suoi uomini e pur non avendo il permesso di
attaccare , sente forte il bisogno di
dare una lezione a quei “carognoni”. Cosi apre il fuoco che fa arretrare i garibaldini i quali non si
aspettavano una cosi energica
reazione ma ancor più Garibaldi , che
resta trasecolato. Bixio ,furibondo lo affianca ( le promesse ricevute che
svaniscono all’improvviso?)
Intanto gli uomini del comandante Sforza finiscono le
munizioni e lo stesso invia una staffetta al generale Landi , che a 73 anni e
pieno di acciacchi si spostava in carrozza
. Questi non solo nega gli aiuti
ma accusa Sforza di aver
disobbedito ai suoi ordini e fa suonare inopinatamente la ritirata.
Quelle trombe
recano a Garibaldi la prova che
quanto promesso e pattuito è seriamente rispettato.
I garibaldini non credono ai loro occhi , e pieni di
baldanza si lanciano all’attacco, mentre i soldati borbonici sono costretti a
lasciare sul campo i feriti più gravi. Non mancano tuttavia episodi di eroismo tra le fila dei soldati napoletani , tanto che riescono a strappare la
bandiera , cimelio, regalato a Garibaldi da alcune donne cilene. I Mille
conquistano la collina a caro prezzo, lasciando sul campo più di trenta morti .
La battaglia di Calatafimi è stata come da copione
concordato, uno scontro programmato , una sorta di tragicommedia e, come tutte
le rappresentazioni teatrali, non mancano gli spettatori :gli abitanti del
luogo . Probabilmente anch’essi si saranno poste delle domande
sull’autenticità del combattimento, il
quale se pur sanguinoso era stato
contemporaneamente una finzione e una realtà Nella notte tra il 15 e il
16 maggio Landi tiene un consiglio, il suo dispaccio redatto , prima della
riunione degli suoi ufficiali , parla di preponderanza numerica del nemico, di
codardia dei suoi soldati e della mancanza
assoluta di rifornimenti. Contro il parere di tutti ordina la ritirata verso Palermo alla massima
velocità, attraversando celermente anche Alcamo, che per l’ottima posizione
naturale poteva diventare un
baluardo per i garibaldini. Questa storia finisce con un epilogo
infamante. L’anno successivo Landi si presenta allo sportello del Banco di
Napoli per riscuotere una fede di credito di 14.000 ducati . Il cassiere gira e rigira tra le mani il documento , poi
consulta il direttore che si avvicina all’ex generale :” Ma non si è accorto che questo credito è stato
falsificato, vede come sono stati aggiunti, maldestramente i tre zero con un
altro inchiostro! Questo vale 14 ducati!
Landi nella concitazione
esasperata , confessa di aver ricevuto il titolo da Garibaldi!
Non passa molto
tempo che muore di crepacuore.
Riscrivere la storia e demolire un mito nazionale non credo sia bene accetto dalla maggioranza delle persone, credo che molti contesterebbero ciò che si racconta, lo contesterebbero nonostante si avessero delle prove inconfutabili, perchè le persone valorose, i cosidetti eroi, diventano nel tempo intoccabili.
RispondiEliminaComunque...se fosse vero...mi fa piacere che quel generale sia rimasto con un pugno di mosche in mano al posto dei suoi denari.
" La storia si differenzia dalla cronaca, perchè i fatti non sono "viziati" da interessi di parte, hanno avuto il tempo di sedimentare rancori , sottoposti a giudizi sereni, rispolverati documenti tenuti ,spesso ,interessatamente nascosti. I protagonisti e gli eredi diretti sono passati a "miglior vita". Ma noi siamo cresciuti, siamo adulti , non abbiamo più bisogno delle favole zeppe di storie fantastiche e di mitici eroi.... a meno che qualcuno non ci consideri ancora dei ragazzini e ....non molto svegli!
Niente di "personale" nei confronti di Garibaldi, vorremmo,se ci fosse data l'opportunità, porgere all'eroe dei "due monti" alcune domande circa la sua attività negli anni passati in sud-America, la sua storia con Anita, i morti di Bronte e Biancavilla...
Giuseppe Bivona