di Giuseppe Bivona
“..questo paesaggio che ignora le vie di mezzo fra la mollezza lasciva e l’asprezza dannata ,che non è mai meschino,terra terra ,distensivo ,umano ,come dovrebbe essere un paese fatto per la dimora di esseri razionali ,questo paese che a poche miglia di distanza ha l’inferno attorno a Randazzo e la bellezza della baia di Taormina, ambedue fuor di misura, quindi pericolosi; questo clima che ci affligge, sei mesi di febbre a quaranta gradi; li conti Chevalley, li conti: Maggio, Giugno, Luglio, Agosto, Settembre e Ottobre; sei volte trenta giorni di sole a strapiombo sulle teste; questa nostra estate lunga e tetra, quanto l’inverno russo e contro il quale si lotta con minor successo;Lei non lo sa ancora, ma da noi si può dire che nevica fuoco, come sulle città maledette dalla Bibbia ; in ognuno di quei mesi ,se un siciliano lavorasse sul serio spenderebbe l’energia che dovrebbe essere sufficiente per tre;.e poi l’acqua che non c’è o che bisogna trasportare da tanto lontano, che ogni sua goccia è pagata da una goccia di sudore, e dopo ancora le piogge sempre più tempestose che fanno impazzire i torrenti asciutti che annegano bestie e uomini proprio lì dove una settimana prima le une e gli altri crepavano di sete”.Questa violenza del paesaggio,questa crudeltà del clima…..”
Don Fabrizio sembrava un fiume in piena, non riusciva a contenersi , era quasi eccitato , non lasciva spazio di parola al cavaliere Chevalley venuto dal lontano Piemonte .
Ma questi, pur essendo una persona beneducata, non era di certo uno stupido, trovò un varco e lo interruppe :
“ Principe, ho compreso tutto quello che mi avete esposto, ma consentitemi qualche osservazione.
Non ci sarà, per caso, oltre al clima ,alla violenza della natura, alla durezza dell’ambiente insomma qualcos’altro che opprima i siciliani o ,come meglio specificate voi ,la Sicilia? E questo strapotere baronale?: Questa aristocrazia impregnata fradicia fino alle ossa di spagnolismo ? Questo 2% dei siciliani che sono proprietari del 98% dei terreni coltivabili?.Sono forse una “benedizione” della natura? Questi territori agricoli che si estendono a perdita d’occhio, i feudi , senza un albero , ne una casa, una monotonia quasi ossessionante, opprimente per chi li percorre ,figurarsi per chi è costretto a viverci ?!
Si , Principe, devo confessarlo, siete scaltri e spregiudicati , detenete il potere “reale” da secoli, nelle vostre mani, ovvero l’economia, imponete rapporti contrattuali vessatori, ,vi servite dei gabelloti per garantirvi la rendita fondiaria e ,all’occorrenza della mafia per mantenere l’ordine costituito. Avete permesso che si stipulassero contratti di sub affitto dei vostri terreni, e poi i contratti promiscui , quelli verticali , le soccide più iugulatorie , una deriva concorrenziale fratricida tra poveri cristi, con la corsa al rialzo dei terraggi , poi, nelle male annate,dovevano, i disgraziati, vendersi l’asino o il mulo per pagare la gabella
Ma voi non vi accorgevate di nulla ,la cosa non vi interessava! Intenti come eravate a sciupare e scialacquare le vostre rendite a Palermo, a Napoli o a Parigi , spendendo e spandendo il ricavato estratto dal sudore , ma che dico sudore , “sangue” dei poveri contadini , braccianti ,”iurnateri” possessori di una zappa e del proprio corpo! Con la fatica e i sacrifici di tanti poveri cristi, Lei e i suoi degni compari di questa nobile aristocrazia siciliana , sperperavate ingenti risorse a feste, femmine e… buttane e poi quanto vi nauseavano , parchè il sesso vi usciva dal naso , dissipavate le “vostre” sostanze al gioco! Non avete avuto mai alcun ritegno , ne per le cose ,ne per le persone ne rispetto per le sofferenze o le fatiche altrui , d'altronde , molti di voi non sapevano dove erano le proprietà e ancor meno conosceva i confini dei possedimenti ,l’organizzazione dell’impresa feudale , i rapporti contrattuali . A voi bastava intrattenervi una volta l’anno con un ristretto manutengolo di gabelloti che, come i più feroci aguzzini, avevano più rispetto e attenzione o cura per il proprio cavallo che per il povero contadino . E che dire dei sovrastanti? Una milizia privata , decisa a far rispettare con ogni mezzo le regole da voi scritte . I poveri contadini affamati ,si scannavano tra di loro , rialzavano il terraggio per aggiudicarsi un pezzo di terra su cui seminare e poter sfamare la famiglia. Non possedevano la semente ,perciò veniva anticipata dai vostri affittuari prevaricatori ,che qualche giorno prima la inumidivano ,per aumentarne il volume o la trattavano col solfato di rame per impedire che il contadino ne sottrasse qualche pugno per sfamare i propri figli! .”
Don Fabrizio aveva cambiato espressione ,il viso divenne paonazzo, arcuò le sopraciglia , guardò con disprezzo questo borghesuccio di un piemontese che, ricambiava la sua ospitalità con insulti e aveva l’ardire e l’arroganza di offendere la più alta e nobile aristocrazia siciliana . Si penti amaramente di averlo ospitato in casa propria! Tentò tuttavia di mantenere un contegno “nobiliare” e cercò di spiegare all’ignorante messo piemontese che quel tipo di ordinamento colturale , ovvero la coltivazione estensiva e l’impresa di tipo latifondista erano le soluzioni più razionali che una agricoltura poteva esercitar in quel contesto, anzi l’unica che meglio potesse rispettare il suo difficile rapporto con la natura e l’ambiente .
“ Sono secoli e secoli, fin dai tempi dei romani ,che restano validi nei nostri terreni questi ordinamenti ,queste coltivazioni, sono sistemi colturali consolidati da tempo immemorabili , sono dettati dal contesto agro-ambientale” disse quasi seccato, il principe di Salina .
Chevalley capi che aveva esagerato , ma non accettava le furberie mistificatorie di un rottame della vecchia, decadente aristocrazia isolana che era stata ed è la vera causa delle disgrazie della Sicilia e dei siciliani onesti . Perciò decise , a costo di farsi cacciare a pedate dai servi del principe, di dire, fino in fondo, la “sua “ verità . quello che sapeva, aveva sentito ed aveva costatato in quei pochi mesi che si era trasferito in Sicilia.
“ No principe , può darsi che il carattere dei siciliani sia stato segnato dalle vicende che Lei ha descritto ma il dramma”oggettivo” di questa terra in parte sta’ nella sua posizione e ancor più nella sua “dimensione” :Questa vostra ,purtroppo, è una isola né ,tanto piccola, da passare inosservata, ne tanto grande da potersi organizzare come stato autonomo e indipendente . Perciò il suo destino è stato di subire il perenne dominio di altri popoli, quasi una vocazione a passare di mano in mano. Ma voi l’avete favorevolmente sfruttata a vostro fine e favore, fu anzi, una abile arma in mano vostra che vi ha consentito di veicolare il dissenso sorto per i tanti soprusi e ingiustizie subite dalla povera gente, indirizzandoli ora verso gli imani musulmani, poi i francesi ,dopo gli aragonesi ora i piemontesi . I poveri “grulli” siciliani credevano di cacciare gli usurpatori ,i dominatori , di essersi liberati dagli oppressori, ma la vera causa dei loro mali eravate e restate voi. Li menavate per il naso, eravate sempre voi a condurre le “danze” , tante che se qualche regnante straniero , osava mettere in discussione i privilegi feudali della classe baronale ,eccoti serviti in tutte le salse: i “vespri siciliani “ !. E cosi per secoli avete gabbato il popolo siciliano, piegato la storia ai vostri intenti , scrivendola a vostro uso e consumo .
Ora debbo stare a sentire queste baggianate che Lei descrive come fossero “acute” analisi sociologiche o addirittura riflessioni “filosofiche” : i siciliani dormienti , onirici, immersi nell’oblio , l’immobilità voluttuosa , il desiderio di non cambiare, la pigrizia ,l’indolenza ..il desiderio di morte :
tutte frottole , tutta retorica, sofismi a buon mercato. Buon per voi, per continuare a campare sulle spalle dei poveracci”!.
Questa volta chissà quale santo trattenne il principe dal chiamare i servi e cacciare questo cialtrone! Si era amaramente pentito di averlo accolto in casa propria, meglio lasciarlo ospite della penosa e squallida locanda-spelonca di Zzu Menico!
Se è vero che i piemontesi sono falsi e cortesi , dov’è era la gentilezza? Nella sua vita non aveva incontrato un individuo cosi insolente e irrispettoso ! Tuttavia era curioso ,desiderava vedere dove andava a parare il piemontese.
Chevalley vistosi non interrotto ,riprese fiato ,ma stranamente cambiò tono :
“ Eccellenza, non me ne abbia, ho solo detto quello che ho letto, che so , che penso ed ho visto in questi giorni di mia permanenza in Sicilia, ma vorrei , se Lei ha la bontà di pazientare un po , di esporre un mio sogno, uno strano sogno che ho fatto lungo la strada che mi conduceva da Lei.
Ad un certo punto la strada da Agrigento diviene piana e confortevole si sentono meno gli urti e scossoni , perciò mi sono appisolato e non so per quanto tempo mi sono addormentato. Ma ho fatto un sogno stravagante che vorrei raccontarglielo.
Sempre seduto nella vettura mi sporgo dal finestrino e come per miracolo vedo il paesaggio agricolo radicalmente mutato , quasi irriconoscibile. Le docili colline che come larghe terrazze degradavano verso mare interrotti dall’alternanza di vallate e promontori , erano coperte da una rigogliosa vegetazione . Non più aridi e brulli , desolate distese di palme nane, ma si coprirono pian piano quasi per miracolo ,di verde , pare fossero filari di vigna ben allineate e perfettamente in riga ordinate secondo un precisa linearità geometrica , . Sulle sommità spuntavano fabbricati rurali , casette pulite circondate da alberi e ogni sorta di vegetazione , che rendeva il paesaggio quasi simile a quello toscano. Poi ad un tratto vedo un frutteto non so se pereto o altro genere di frutta , non aveva più le foglie, siamo a novembre! ma ben tenuto , pulito con alberi tutti della stessa altezza e dimensione. Subito appresso seguiva un oliveto con piante non molto grandi con la fronda piegata dalla carica di olive , tra gli alberi scorgevo donne e uomini intenti alla raccolta. . La campagna pullulava di vita voce gioiose di ragazzi si espandevano nelle vallate I terreni seminativi erano una esiguità , come pure i sulleti e gli appezzamenti destinati alla fava. Ma ciò che mi lasciò estere fatto fu la vista di molti terreni coltivati ad arance , con i frutti che cominciavano a colorarsi di giallo-oro E poi ogni tanto laghetti colmi di acqua negli impluvi delle colline vedevo dei specchi di acqua, e sotto tutta una vegetazione lussureggiante
Ad un tratto dopo una curva vedo un anziano contadino che riempiva la borraccia da una strana fontana, da cui usciva un zampillo di acqua continua . Un arco sovrastava questa strana fonte e sopra c’era una scritta stravagante “ERAS”. Curioso decisi di fermarmi e chiedere delucidazione “Buona giornata a voi , buon uomo ,ditemi ,sono queste le terre del feudo del principe Fabrizio di Salina? E questa sigla che vedo scritta la sopra appartiene forse ad un altro proprietario?” Il povero uomo si guardò intorno stupito , quasi a chiedersi : “ma questo da dove viene? “ Il contadino si fece avanti e con modi gentili mi propose di dissetarmi che prontamente feci . L’anziano contadino si appoggiò al muretto e con calma e naturalezza mi disse che quelle terre erano sue e dei suoi fratelli da più di mezzo secolo e continuò:
“Voi siete certamente un forestiero e non conoscete le vicende di queste terre
Mio nonno e il padre di mio nonno lavoravano nel feudo di questo principe ,don Fabrizio , mio nonno mi raccontò che lo aveva visto una sola volta perché passo, per puro caso dalle nostre parti, mentre andava a caccia. Tutte queste terre erano sue fino a perdita d’occhio , anche se ogni tanto ne vendeva un pezzo… che puntualmente comprava don Calogero , mi pare Sedara, la cui figlia “stranamente “ andò in sposa al nipote del principe, tale Tancredi. A quei tempi la vita era impossibile ,ogni tanto c’erano rivolte per la fame ,mio nonno si ricordava dei fasci , del tentativo di organizzare i contadini per le affittanze collettive, poi l’ondata migratoria, la guerra , il fascismo, e poi di nuovo la guerra . Ma questa volta le cose cambiarono. Occupammo queste terre. La mattina presto il paese si svuotava tutti, a piedi e in groppa ai muli ,con le bandiere rosse occupammo questo feudo . Insomma con le buone o con le cattive riuscimmo a strappare queste terre al principe. Prima erano tutte lande desolate si coltivava solo grano e un po’ di foraggio per nutrire l’asino o il mulo non c’era un albero , le sole fontanelle o abbeveratoi erano alla periferia del paese. La scritta che Lei legge sta per Ente per la Riforma Agraria in Sicilia . Se ne sono mangiati soldi ! Ma qualcosa, come vede, è rimasto! . Deve sapere che in questi luoghi ,quando li possedeva il principe “gattopardo”,erano quasi sempre inaccessibili per la malaria perché nella zona bassa ristagnava acqua paludosa – e i contadini si avventuravano come scheletri umani per raccogliere la palma nana .Ora si trovano aziende che praticano l’agriturismo , gente della città che trascorre le sue vacanze in campagna . .Ma la più grossa novità di queste zone sono state le dighe. Deve sapere che qui da noi piove forte e violentemente e per poco tempo , e l’acqua si perde tutta a mare. Invece cosi la raccogliamo in questi grandi invasi e l’utilizziamo nei mesi siccitosi: l’estate non è più un inferno ne per gli animali ,ne per gli uomini ,ne per le piante! “
Non credevo ai miei occhi e meno che mai alle mie orecchie: la terra ai contadini? La terra a chi la lavora? Ma questi sono pazzi, questi “gratta terra” divenuti proprietari…!
Il vecchio , vide il mio viso sconvolto , non comprendeva il mio stupore, perciò mi chiese da quale paese venisse. . Io rimasi imbarazzato, non sapevo che dire ,cosi risposi che venivo …dal secolo passato!. Fortuna volle che la carrozza prese un grosso ciottolo che la fece sobbalzare e cosi mi svegliai , tornai alla realtà”
“ Che minchia di sogno avete fatto” disse seccato don Fabrizio
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