martedì 1 ottobre 2024

PSP l'investimento nelle risorse immateriali

NinoSutera

 

Quando il trasferimento delle innovazioni e delle buone prassi, diventano  un opzional


Nell’ambito dei PSP, le Regioni e Province autonome hanno ormai definito le entità finanziarie da assegnare alle diverse AZIONI ed è quindi possibile fornire una prima considerazione anche con il supporto della rete rurale.  LINK

Come emerge, ci auguriamo che si possa ancora porre rimedio, l’impegno finanziario non è uniforme, forse perchè si ritiene che investire in termini di risorse immateriali rappresenta un'opzional, per alcune regioni. Interessane è anche il confronto sulle azioni ritenute necessarie e quelle superflue. 

 

Anche in questa programmazione, così come nelle precedenti, emerge un dato, le regioni che hanno una PLV corposa investo su AKIS, altre sono nella media, altre ancora, di gran lunga al di sotto della media nazionale, figuriamoci a quella europea.

L'analisi dei dati rende meglio l'idea.

l Piano Strategico Nazionale 2023-2027 prevede nove interventi afferenti all'Akis, non tutti però sono stati attivati dalle singole regioni o province autonome

(Fonte foto: Anna Vagnozzi, dirigente tecnologo presso il Crea Politiche e Bioeconomia)

Per vincere le sfide di un’economia sempre più globalizzata, occorre mentre investire in competenze, dare maggiore spazio alla produzione di idee e ai beni immateriali per uno sviluppo territoriale più innovativo e competitivo, promuovendo il trasferimento di conoscenze e l’innovazione nel settore agricolo e forestale e nelle zone rurali
L’olandese Roeling negli anni ’80 sottolineava come la conoscenza agricola non fosse un patrimonio dell’accademia o dei centri di ricerca, ma sia il combinato di una miriade di detentori di conoscenze che interagiscono, il cosiddetto Sistema di Conoscenze e Innovazione Agricola. Le crisi dell’agricoltura convenzionale, gli effetti collaterali della rivoluzione verde, l’inquinamento, etc. hanno spinto a teorizzare e praticare forme partecipative di ricerca applicata (ovviamente non di base), in cui le conoscenze degli agricoltori sono valorizzate. La necessità di percorrere vie nuove e diverse (il recupero della biodiversità, l’agricoltura biologica, l’agricoltura sociale, la vendita diretta, lo sviluppo rurale multisettoriale, ecc.), unitamente alla constatazione che l’agricoltura produce anche beni pubblici (protezione del suolo, paesaggio, assorbimento CO2, habitat naturali) spinge a cercare anche nuovi modelli di divulgazione e di consulenza, che almeno in un primo momento dovrebbero essere a carico del pubblico. Ecco quindi che negli ultimi tempi, nella stampa internazionale e anche negli ambienti più market oriented (USA, Olanda, Banca Mondiale, ecc.) vi è una riscoperta del ruolo pubblico nella divulgazione e consulenza, Si parla sempre di più di tecnici che siano animatori o facilitatori, che favoriscano la formazione di gruppi e di reti, collegando ricerca, pratica e istituzioni, stimolando così una crescita “dal basso verso l’alto” e la messa a punto di innovazioni appropriate (tecniche, organizzative, individuali e di gruppo, etc.). 
Ma si sa le mode in talune parti del mondo arrivano sempre con qualche anno di ritardo rispetto al continente.


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