venerdì 17 maggio 2024

Le viticolture, tra utopie e realtà

                                                            NinoSutera

Convivono nell’isola due viticolture una da reddito e una di sussistenza,  in perenne crisi

La “cultura” della vite, in Sicilia, trae origine da conoscenze e saperi antichi e investe aspetti sociali, economici ed ambientali di eccezionale importanza; le specificità territoriali, la natura dei suoli, il clima e le genti, trovano poliedriche espressioni e caratteristiche variegate, contribuendo a costituire una piattaforma produttiva vasta e multiforme. 

Sebbene la presenza della vite sull'isola in forma spontanea fosse precedente alla colonizzazione greca (come testimonia il ritrovamento di viti fossili risalenti al diciassettesimo secolo a.C. nell'agrigentino, a Grotte, e presso Paternò Castello, in provincia di Catania), ed è testimoniata dalla documentazione letteraria e da quella archeologica (ritrovamenti di ceramica micenea appartenenti all’ultimo quarto del sec. XII a.C.) la coltura sistematica della vite risale ai tempi in cui i primi coloni greci giunsero in Sicilia, nell'ottavo secolo avanti Cristo.   Il percorso storico realizzato dalla Sicilia del vino, si riflette sulla composizione varietale del vigneto siciliano, caratterizzato da un ampio e variegato patrimonio ampelografico: dagli autoctoni di antica tradizione caratterizzati ormai da una ricca selezione policlonale, ai vitigni internazionali, che acquisiscono nei territori siciliani caratteri distintivi e di grande personalità. 

Il sistema vitivinicolo siciliano è oggi costituito da un universo di strutture produttive, orientamenti e politiche imprenditoriali assai diversificate:   aziende produttrici di vino costituite da strutture cooperative e cantine, ancora orientate alla produzione di vino sfuso, e alla grande distribuzione, con margini irrisori per i produttori,  mentre emergono nel mercato interno e nel panorama internazionale le imprese  private  dotate di un intenso dinamismo evolutivo, nelle quali organizzazione e strutture produttive sono basate su alta professionalità e su gestioni fortemente orientate al mercato ed al soddisfacimento dei bisogni dei consumatori sempre più attenti.   
La storia della vitivinicoltura siciliana, e le dinamiche che hanno dapprima posto la Sicilia al centro degli scambi e dei commerci nel Mediterraneo, e successivamente hanno visto alternarsi, periodi floridi, densi di scambi con i diversi popoli europei, a periodi di profonda crisi strutturale, come dimostrano la distillazione obbligatoria e per conto, l'abbandono definitivo della superfice vitata, la vendemmia verde, a queste vanno aggiunte le avversità climatiche e patologiche.
Senza orma di smentita convivono   due viticolture, una da reddito e una di mera sussistenza. La prima non è frutto del caso, ma scaturisce da precise strategie commerciali facilmente deducibili dal documento pubblico  relativo agli importatori e distributori di vino nel mondo,  che se pur riferito al 2012 fornisce un esauriente spaccato della rete commerciale che le aziende private, e qualche cantina sociale lungimirante sono stati capaci di costruire.  La seconda, la viticoltura di crisi,   confinata alle  cooperative, che se pur intercettano grande masse di prodotto, sono pressochè assenti dalla rete mondiale di distribuzione del vino che conta. La crisi è stata ulteriormente aggravata dalle criticità emerse negli ultimi tempi, ecco perchè è facile attraversare territori vitati, e osservare tutta la manifestazione della crisi, in distese di vigneti abbandonati. Certo va anche aggiunto che chi è stato capace di conquistarsi fette del mercato nazionale e  mondiale del vino all'inizio di questo millennio, o forse anche prima, non ha nessuna intenzione di condividerla con nessuno, se a questo aggiungete anche la riduzione dei consumi, ne viene fuori una situazione irreversibile. La realtà è che  la crisi ha radici antiche si,  ma anche ben precise responsabilità. 
L'incapacità di sapersi adeguare ai cambiamenti dei tempi in cui viviamo,  cosa che hanno saputo fare cantine sociali del centro e nord Italia,   i conflitti di interessi  o presunti tali, hanno fatto il resto,  un accurata analisi darebbe  meglio l'idea dell'origine della crisi. Nei piccoli centri agricoli, che stentano a divenire  aree rurali di successo, collettivo e diffuso, difficilmente si riesce ad affrontare un confronto consapevole sui motivi della crisi, si preferisce dividersi sul sesso degli angeli, che assumere e sostenere un processo di autocritica sull'intreccio politico-imprenditoriale, che visto i risultati  non  ha saputo, ne tracciare un percorso lungimirante, ne intravedere scelte profondamente errate, che hanno determinato lo stato di crisi attuale. Spesso le due viticolture, quella da crisi e quella da reddito e di crescita (basterebbe analizzare a caso, due bilanci  quello del 2000 e quello del 2023 di qualsiasi cantina sociale e cantina privata,  i   numeri rendono sempre meglio l'idea)  convivono pacificamente, anzi a volte i motivi della crisi vengono individuati addebitati,  a una imprecisata maledizione divina, più che terrena. 
Insomma nei centri agricoli, che stentano a divenire  aree rurali di successo per tutti, e non solo per qualcuno, ha prevalso e forse prevale ancora oggi, il pensiero dominate, "non disturbate i manovratori". 
Sembrerebbe ispirato e sostenuto, da un filo conduttore che unisce due affermazioni, poco felici, per essere generosi,  la prima recentissima di questi giorni, " per fortuna la siccità ha colpito solo il sud e sopratutto la Sicilia"  a un' altra affermazione, qualcuno ricorderà vagamente, molto datata nel tempo" la migliore uva la vinifichiamo nella nostra cantina, per il resto c'è sempre la cantina sociale........" 
E' fu così, che quello che era stato definito un promettente distretto vitivinicolo d'eccellenza, non c'è più traccia, ma  neanche nelle ricerche del web. E' l'agricoltore? è stato spettatore passivo, alcuni hanno ceduto i  diritti al reimpianto, altri hanno sostituito i vigneti con nuovi impianti di uliveto, a testimonianza del fatto che, si hanno capito, ma ancora una volta non sono stati capaci di ribellarsi!
     Ogni riferimento a cose e fatti è puramente casuale, un racconto  fantasioso di un qualsiasi piccolo centro agricolo, che immerso in un profondo sonno non ha nessuna intenzione di svegliarsi,   ognuno è libero di ambientarlo dove      vuole, ma chi conosce fatti e circostanze, sa dove di preciso.

 

 

 

 

 

 



 

1 commento:

  1. Analisi perfetta, se pur l'autore si è mantenuto molto alla larga dei manovratori e dei incantatori. Mentre la viticoltura è in profonda crisi, c'è chi pensa di rifare inycon, alla faccia del dissesto. Non è bastato lo sperpero di oltre venti anni, a solo vantaggio del big. E' evidente che i manovratori continuano a monovrare. Congratulazioni

    RispondiElimina