Per una curiosa coincidenza, tempo addietro, Peppino aveva dedicato una sua riflessione a San Francesco. (4 Ottobre) leggiamola...
“Tutti
nella vita hanno uguale quantità di ghiaccio. I ricchi d’estate i
poveri d’inverno”
Bat
Masterson
“Quei
cattolici osservanti non si chiedevano se il lusso delle chiese non
insultasse la miseria dei poveri”
Margherite
Yourcenar ( Archivi del nord)
Nonna
Nina non aveva alcun dubbio, se c’era un santo a cui rivolgersi
per chiedere una grazia, questo era di certo Sant’Antonio: al suo
attivo il padovano annoverava ben tredici miracoli!
Eppure
se c’era un eletto“ specifico” dei poveri e per i poveri questi
era senza discussione, San Francesco il “più santo degli italiani,
il più italiano dei santi”
Ora,
a parte che un santo si qualifica essenzialmente per i miracoli
compiuti e San Francesco, se si esclude la discutibile favoletta del
lupo di Gubbio, non è che si fosse prodigato più di tanto per farsi
notare con insoliti prodigi e meno che mai sensazionali miracoli. Ma
quello che lasciava perplessi i poveracci, era la sua storia: un
ragazzotto, figlio di papà che, annoiatosi della vita agiata, si
“spoglia” di tutte le sue ricchezze e……predica la povertà
come “valore”!? I poveri hanno alle spalle, oltre che la
miseria, anche l’ingiustizia, alla quale ribellarsi costava quasi
sempre la vita, ma soprattutto e sostanzialmente sono…..
ignoranti!.
Ora
il dilemma è cornuto: o San Francesco con il suo “pusillo”
spargeva sale sulle ferite o i poveri non avevano capito niente del
messaggio del frate di Assise.
Proviamo
a comprenderci qualcosa.
Negli
anni, più o meno, in cui visse Francesco, prese avvio una sorta di
“rivoluzione occidentale” che
pose le basi del mondo moderno. Un geniale rovesciamento dei rapporti
tra produzione e consumo. Un vero ribaltamento sulla base del quale
non fu più la produzione regolare i ritmi del consumo, come si era
sempre verificato e avrebbe continuato a verificarsi in qualunque
altra parte del mondo, bensì, questa a dover seguire il trend in
definitivamente ascendente di quello di una travolgente corsa verso
l’altrettanto indefinita crescita del profitto.
Questa
rivoluzione accompagnata dalla riscoperta di valori nuovi, consente
la nascita di un individualismo, sempre più assoluto assieme al
primato dell’economia, sorretta dalle scoperte e invenzioni, che
le stanno dietro.
Tutto
ciò indusse,e per certi versi obbligò il mondo occidentale a farsi
“padrone” della terra compresi i popoli che l’abitavano,
istaurando l’economia-mondo e con esso lo scambio” ineguale”.
In
questo contesto il povero di Assisi fu un santo radicalmente
“antimoderno”. La povertà francescana, o meglio la paupertas è
in perfetta linea con il discorso della Beatitudine di Gesù, anzi
Francesco va oltre il puro e semplice rifiuto della ricchezza
materiale, spingendosi verso la “mitezza”, la totale e radicale
rinuncia verso qualunque tipo di “volontà di potenza”
individuale a partire dalla sapienza e dalla cultura, a loro volta
forme fondamentali di ricchezza e potere.
Il
modello e l’esempio di San Francesco colpiscono al cuore la
modernità col suo culto sfrenato e unidirezionale di qualunque
forma di individualismo.
Per capire Francesco dobbiamo sostituire alla nozione di “bene”,
che domina il pensare comune con un nuovo paradigma retto dal
“giusto”.
Ora,
la povertà è la sola condizione per vivere con “giustizia” in
questo mondo sorretto dall’eccesso, la ricchezza è una anomalia,
una ipertrofia, la dismisura, l’arroganza che le leggi di natura
non consentono a nessuna entità. Esiste, vero, l’abbondanza così
come la scarsità, ma sono condizioni transitorie e meno che mai
istituzionalizzate.
Non
si può essere “ricchi” in mezzo ai poveri, né restare sempre
“poveri” in mezzo ai ricchi.
Perciò
Francesco resta per gli Italiani il più disatteso, il più
tradito, il più incompreso dei santi!
Disatteso:
il suo rapporto con gli enti di natura supera e spiana la concezione
giudaica-cristiana: l’uomo è parte del tutto, gli esseri viventi
hanno pari “dignità”, la correlazione tra gli esseri viventi è
piena e totale.
Tradito,
proprio da chi ogni anno il 4 ottobre monta il solenne scenario
ricorrenziale, trasformatosi ormai in una oscena e blasfema
parodia. La chiesa di oggi è priva di coraggio, ha perso la sua
carica dirompente, secolarizzata è rimasta imbrigliata nella realtà
della modernità, lascia da soli i sostenitori radicali
dell’ecologia profonda, la nuova visione della economia della
decrescita ,compresa la teoria del dono.
Il
povero Francesco resta incompreso, dai poveri, i quali, poveracci, si
illudono di combattere la loro povertà con la “ricchezza”,
l’abbondanza come regola di vita. Eppure è la “mancanza” ciò
che muove il mondo, la vita!