mercoledì 9 ottobre 2024

In ricordo del collega Peppino

 

                      Lucia Vintaloro, Agronomo 

È stato un caloroso abbraccio fra noi, in una fredda ma soleggiata giornata del Marzo scorso, quando  Peppino, avendo accettato prontamente il mio invito a tenere una lezione durante un "Corso di corretta gestione e potatura dell'oliveto" organizzato dalla SOPAT 66 DI BISACQUINO , dove lavoro, si presento' puntuale, attrezzato per venire in un Azienda di alta collina a Bisacquino, e con uno sguardo che comunicava sapienza, passione e anche tanta gioia di vivere.  Con calma e con numerosi dati scientifici e tecnici ci dimostro'  come rispettare gli alberi d olivo e nella lezione pratica nell' oliveto, abbiamo potuto apprezzare come, prima di procedere alla potatura , accarezzava gli alberi, li guardava , apprezzava la corteccia, verificava ramo per ramo la loro sanità e la loro  potenza vegetativa, lui,  Massimo esperto  nel riconoscimento della varietà e delle loro manifestazioni fenotipiche.

Ho avuto il piacere di rivederlo ancora a Maggio, ospite graditissimo con il prof . Di Prima e Leonardo Cannata, in occasione della Giornata Campi Aperti  che la SOPAT organizza nei campi dimostrativi di Grano duro per condividere con gli imprenditori i risultati. 

Mi sono commossa quella volta al loro arrivo,  tutti se ne sono accorti. Ero molto presa dall organizzazione dell'evento,  con la tensione di condurre al meglio la Giornata,  perché tutto funzionasse al meglio, la vista di Peppino Bivona, per la sua levatura professionale, per  le sue doti umane, per il suo sguardo capace di dire più cose che altre mille parole, mi è apparsa come un premio, come la certezza che con lui al fianco, tutto sarebbe andato bene e quando ha preso la parola,  il rumorio di tanta gente venuta,  si tramutò in un silenzio interessato a sentire e cogliere anche le più piccole sfumature, di un discorso che non poteva che scaturire dalle grandi conoscenze del mondo agricolo, dalla esperienza diretta e dalla sua capacità di entrare nei sentimenti  di chi ascoltava. Io TI PORTERÒ con me, nei miei pensieri e cercherò di esserne all'altezza.

In ricordo di Peppino Bivona

                                      Michele Termine 

               Divulgatore 

Ho appreso con enorme dispiacere la scomparsa di Peppino,  che conoscevo da tantissimi anni e che per vari motivi ci incontravamo in vari convegni a dibattire di agricoltura e sviluppo del territorio, ma anche a parlare di viticoltura e olivicoltura.

 La nostra amicizia si rafforzò quando iniziai a fare Argos e lui dirigeva il campo sperimentale Campo Carboj dell'Esa, dove l'università di Palermo aveva piantato un campo di ulivi raccolto decine e decine di piante d'ulivo per farne un museo vivente. Negli tempi l'ho avuto ospite a Trs dove conducevo il programma la Giostra presentando i suoi libri, quello sull'ulivo saraceno, quello sui grani e quello sulla viticoltura. Un agronomo portato sia alla ricerca sul campo ma anche alla divulgazione.

martedì 8 ottobre 2024

In ricordo dell'amico Peppino

                             Prof Vito Raia 

Anche Peppino Bivona, un mio amico da sempre, se ne è andato, come tanti altri della mia generazione purtroppo!

Ci sentivamo spesso, ci incontravamo con piacere. L'ultima volta ci siamo visti velocemente all'inizio di settembre e ci siamo impegnati a rivederci davanti a una pizza per le nostre solite chiacchierate senza tema prefissato e senza pregiudizi.
Era un gran sognatore, un vero romantico ma con i piedi per terra. Mi aveva mandato le bozze dei suoi testi perché li leggessi in anteprima per avere il mio giudizio e per curarne la forma ma anche, penso, per avere un argomento da sviscerare nelle nostre chiacchierate.
Figlio di piccoli agricoltori, legato alla terra è rimasto con un rapporto autentico all'ambiente e alla natura, rispondendo in modo egregio all'atteggiamento sprezzante di una certa vecchia scuola che considerava studenti come lui "braccia strappate alla terra".
Ricordo con malinconia le lontane serate estive presso il campo sperimentale Carboj da lui gestito, impegnati in chiacchierate su argomenti i più vari, di politica, libri, agricoltura ecc., con grandi abbuffate di sarde alla brace, annaffiate con ottimo vino bianco bevuto quasi fosse acqua.
I suoi testi sono tutti da leggere e approfondire per scoprire i prodotti più tipici della nostra terra (grano, olio, vino), la visione di Peppino riguardo alla tradizione contadina, ai cambiamenti culturali e colturali avvenuti nel tempo, alla difficoltà di conciliare le forme dell'agricoltura tradizionale destinata a scomparire del tutto con le richieste pressanti di un sistema industriale e commerciale che spinge sempre più verso produzioni intensive in grandi aziende fortemente strutturate.
Ma soprattutto ritroviamo il suo malinconico riferimento al mondo dei miti agresti che sembrano conservarsi e vivere nelle pratiche lente e rispettose dell'ambiente e dei ritmi stagionali dei contadini di una volta.
Grazie Peppino per tutto quello che ci hai lasciato. Con grande affetto, R.I.P.

L'eredità della memoria

    “...Il passato è una sorgente che alimenta il fiume del presente e ci spinge verso il futuro”  Gianfranco Ravasi,                                

                                       NinoSutera

          .. 

              Nasce  uno spazio virtuale "L'eredità della memoria" un modo per materializzare e rendere reale la "linfa", ma anche per fare in modo che "il volto della statua è illuminato, mentre il lume è spento"   qui  

         Peppino, nel corso degli anni  avrà pubblicato 300 e forse più articoli, tre pubblicazioni, e una su cui stava lavorando sui personaggi famosi di Menfi,  tantissime partecipazioni a eventi culturali, alcune anche registrate, che intendiamo riproporre in questo blog.. Siamo stati insieme recentemente a Santa Margherita Belice, ospiti del comune durante un evento di enogastronomia, e i primi di settembre mi ha inviato la bozza del nuovo lavoro  Lo spazio "l'Eredità della memoria" deve divenire uno spazio di tanti suoi amici, che voglio mantenere vivo il ricordo di un grande amico.  






lunedì 7 ottobre 2024

Ci lascia Peppino Bivona scrittore, giornalista e divulgatore, riferimento culturale per il territorio delle “Terre Sicane”

Mario Liberto 

Con grande dolore e incredulità apprendiamo la notizia della scomparsa di Giuseppe Bivona, per gli amici Peppino. La sua dipartita ci lascia attoniti e profondamente rattristati. Peppino è stato un professionista esemplare, dedicando la sua vita alla divulgazione agricola con una competenza e una passione senza eguali. La sua assenza lascia un vuoto incolmabile e priva il patrimonio culturale del territorio di Menfi di un faro di riferimento.

Nato a Menfi nel 1948, Peppino Bivona si è laureato in Scienze Agrarie e ha insegnato materie tecniche negli istituti agrari. Dal 1976 ha svolto un ruolo fondamentale nell’assistenza tecnica per l’Ente di Sviluppo Agricolo della Regione Siciliana, e fino al 2010 ha diretto con grande impegno l’azienda sperimentale dimostrativa. Oltre alla sua carriera professionale, Peppino è stato un giornalista attivo, collaborando con numerose testate del settore agricolo, tra cui il sito della Libera Università Rurale, di cui era presidente.

Tra le sue pubblicazioni ricordiamo “Diario dell’Ulivo Saraceno” (2018), “Chicco di Sole” (2021) e “Il Sole nel Bicchiere, Menfi e il suo territorio”. La sua opera ha contribuito in modo significativo alla valorizzazione del patrimonio agricolo e culturale delle Terre Sicane.

Gli amici e la redazione di Sicilia Agricoltura esprimono il loro più sentito cordoglio per la perdita di un collega e un amico stimato.

domenica 6 ottobre 2024

San Francesco

                       

Per una curiosa coincidenza, tempo addietro, Peppino aveva dedicato una sua riflessione a San Francesco. (4 Ottobre) leggiamola...

Tutti nella vita hanno uguale quantità di ghiaccio. I ricchi d’estate i poveri d’inverno”

Bat Masterson


Quei cattolici osservanti non si chiedevano se il lusso delle chiese non insultasse la miseria dei poveri”

Margherite Yourcenar ( Archivi del nord)


Nonna Nina non aveva alcun dubbio, se c’era un santo a cui rivolgersi per chiedere una grazia, questo era di certo Sant’Antonio: al suo attivo il padovano annoverava ben tredici miracoli!

Eppure se c’era un eletto“ specifico” dei poveri e per i poveri questi era senza discussione, San Francesco il “più santo degli italiani, il più italiano dei santi”

Ora, a parte che un santo si qualifica essenzialmente per i miracoli compiuti e San Francesco, se si esclude la discutibile favoletta del lupo di Gubbio, non è che si fosse prodigato più di tanto per farsi notare con insoliti prodigi e meno che mai sensazionali miracoli. Ma quello che lasciava perplessi i poveracci, era la sua storia: un ragazzotto, figlio di papà che, annoiatosi della vita agiata, si “spoglia” di tutte le sue ricchezze e……predica la povertà come “valore”!? I poveri hanno alle spalle, oltre che la miseria, anche l’ingiustizia, alla quale ribellarsi costava quasi sempre la vita, ma soprattutto e sostanzialmente sono….. ignoranti!.

Ora il dilemma è cornuto: o San Francesco con il suo “pusillo” spargeva sale sulle ferite o i poveri non avevano capito niente del messaggio del frate di Assise.

Proviamo a comprenderci qualcosa.

Negli anni, più o meno, in cui visse Francesco, prese avvio una sorta di “rivoluzione occidentale” che pose le basi del mondo moderno. Un geniale rovesciamento dei rapporti tra produzione e consumo. Un vero ribaltamento sulla base del quale non fu più la produzione regolare i ritmi del consumo, come si era sempre verificato e avrebbe continuato a verificarsi in qualunque altra parte del mondo, bensì, questa a dover seguire il trend in definitivamente ascendente di quello di una travolgente corsa verso l’altrettanto indefinita crescita del profitto.

Questa rivoluzione accompagnata dalla riscoperta di valori nuovi, consente la nascita di un individualismo, sempre più assoluto assieme al primato dell’economia, sorretta dalle scoperte e invenzioni, che le stanno dietro.

Tutto ciò indusse,e per certi versi obbligò il mondo occidentale a farsi “padrone” della terra compresi i popoli che l’abitavano, istaurando l’economia-mondo e con esso lo scambio” ineguale”.

In questo contesto il povero di Assisi fu un santo radicalmente “antimoderno”. La povertà francescana, o meglio la paupertas è in perfetta linea con il discorso della Beatitudine di Gesù, anzi Francesco va oltre il puro e semplice rifiuto della ricchezza materiale, spingendosi verso la “mitezza”, la totale e radicale rinuncia verso qualunque tipo di “volontà di potenza” individuale a partire dalla sapienza e dalla cultura, a loro volta forme fondamentali di ricchezza e potere.

Il modello e l’esempio di San Francesco colpiscono al cuore la modernità col suo culto sfrenato e unidirezionale di qualunque forma di individualismo. Per capire Francesco dobbiamo sostituire alla nozione di “bene”, che domina il pensare comune con un nuovo paradigma retto dal “giusto”.

Ora, la povertà è la sola condizione per vivere con “giustizia” in questo mondo sorretto dall’eccesso, la ricchezza è una anomalia, una ipertrofia, la dismisura, l’arroganza che le leggi di natura non consentono a nessuna entità. Esiste, vero, l’abbondanza così come la scarsità, ma sono condizioni transitorie e meno che mai istituzionalizzate.

Non si può essere “ricchi” in mezzo ai poveri, né restare sempre “poveri” in mezzo ai ricchi.

Perciò Francesco resta per gli Italiani il più disatteso, il più tradito, il più incompreso dei santi!

Disatteso: il suo rapporto con gli enti di natura supera e spiana la concezione giudaica-cristiana: l’uomo è parte del tutto, gli esseri viventi hanno pari “dignità”, la correlazione tra gli esseri viventi è piena e totale.

Tradito, proprio da chi ogni anno il 4 ottobre monta il solenne scenario ricorrenziale, trasformatosi ormai in una oscena e blasfema parodia. La chiesa di oggi è priva di coraggio, ha perso la sua carica dirompente, secolarizzata è rimasta imbrigliata nella realtà della modernità, lascia da soli i sostenitori radicali dell’ecologia profonda, la nuova visione della economia della decrescita ,compresa la teoria del dono.

Il povero Francesco resta incompreso, dai poveri, i quali, poveracci, si illudono di combattere la loro povertà con la “ricchezza”, l’abbondanza come regola di vita. Eppure è la “mancanza” ciò che muove il mondo, la vita!



sabato 5 ottobre 2024

Buon viaggio

NinoSutera

Caro Peppino, pensiamo che il modo migliore per salutarti sia quello di prendere in prestito un tuo articolo che recentemente hai pubblicato su queste pagine. 


 Peppino infatti scriveva... 

" In una sua opera, ovvero, una istallazione, intitolata “a lume spento” il grande artista contemporaneo Claudio Parmiggiani, rappresenta   il volto di una statua  accanto ad un lume. La stranezza ci sorprende dal momento che il volto della statua è illuminato, mentre il lume è spento!  Ci chiediamo stupiti, da dove arriva la luce che illumina il volto statuario?


Parmigiani  prende spunto e si avvale di alcuni concetti di astrofisica secondo cui la luce che arriva a noi  dalle stelle, viene emessa da corpi celesti  morti o collassati  migliaia di anni fa! Insomma le stelle sono morte ma la loro luce “vive” e arriva a noi anche dopo milioni di anni

Ora noi siamo qui a chiederci, la vita umana finisce con la morte come una stella? Per noi laici e non credenti possiamo accettare che la morte sia l'ultima parola sulla vita? Possiamo vivere una trascendenza nell'immanenza?

La morte è la fine naturale di tutte le cose. Ma la vita umana pienamente vissuta, una vita viva, costellata di passioni, operosa, animata da desideri, eccedente la vita stessa... non muore!

             


Come scrisse il grande filosofo francese, Jan-Luc Nancy da poco scomparso  nel suo testamento:  “Portatemi con voi”  Ai suoi amici, ai suoi familiari non chiedeva preghiere ne suffragi  ”non venite a piangere sulla mia tomba, fatemi diventare linfa che possa dare vita  e alimentare agli alberi.”

Ai familiari le più sentite condoglianze.