venerdì 5 aprile 2024

Per una riconversione agro-ecologica della zootecnia

 

 

La Sicilia è una delle prime regioni italiane per numero di allevamenti estensivi 

Il nostro sistema di produzione di carne, basato sugli allevamenti intensivi, è insostenibile sia dal punto di vista ambientale che economico: divora risorse naturali e fondi pubblici, spinge fuori dal mercato le piccole aziende, e solo le più grandi si arricchiscono.

Per questo,  alcune Associazioni, hanno presentato una proposta di legge, sostenuta da un gruppo trasversale di parlamentari, per fermare con una moratoria l’espansione degli allevamenti intensivi e avviare un piano nazionale di riconversione agro-ecologica del settore zootecnico.

L’obiettivo è creare le condizioni per un sistema produttivo basato su piccola scala e con minori impatti, che garantisca margini di guadagno più equi per i produttori e l’accesso a cibi sani e di qualità.

Il sistema zootecnico europeo, compreso quello italiano, richiede una grande quantità di risorse naturali (due terzi dei terreni agricoli europei sono destinati all’alimentazione animale) e produce grandi quantità di sostanze inquinanti.

Gli impatti degli allevamenti intensivi, soprattutto nelle zone in cui queste attività sono più concentrate, come la Pianura Padana, sono ormai ampiamente documentati: riguardano principalmente le emissioni di ammoniaca (NH3) e il conseguente inquinamento da polveri fini (PM 2,5), responsabili ogni anno di migliaia di morti premature in Italia.

Le grandi quantità di azoto prodotto rappresentano inoltre un problema per l’inquinamento del suolo e dei corpi idrici, soprattutto nelle regioni ad alta densità zootecnica.

Da tempo il sistema zootecnico è soggetto a cicliche crisi in parte legate alle sue stesse caratteristiche: l’elevata dipendenza da input esterni (energia, mangimi, acqua) lo rende infatti particolarmente fragile, così come le condizioni di allevamento (tanti animali geneticamente simili rinchiusi in spazi ristretti) lo rendono vulnerabile alle epidemie sempre più frequenti. Questo ne fa un sistema non in grado di autosostenersi dal punto di vista economico, ma bisognoso di continui e ingenti aiuti pubblici, europei e nazionali.

La continua necessità di enormi quantità di mangimi rende il sistema zootecnico italiano fortemente dipendente dall’estero: quasi il 60% dei cereali e delle farine proteiche impiegate per produrre mangimi sono importati da Paesi extra UE, con un impatto ambientale enorme per la perdita di biodiversità a causa della distruzione delle foreste primarie e l’utilizzo di pesticidi, in particolare per la produzione di mais e soia in paesi del sud America come Argentina e Brasile.

Una domanda così alta non può trovare risposta in un aumento delle produzioni nazionali ed europee, dove circa 2⁄3 dei terreni agricoli sono già dedicati all’alimentazione animale, per questo è necessario cambiare il modello, superando il concetto di “allevamenti senza terra”.

La proposta di legge, promossa da Greenpeace Italia, ISDE, Lipu, Terra! e WWF, intende modificare in senso agroecologico proprio quelle caratteristiche del nostro sistema zootecnico che sono alla radice dell'insostenibilità ambientale ed economica del settore, a partire dai metodi di allevamento e dall’eccessivo numero di animali allevati, nonché dalla dipendenza dai prodotti farmaceutici (antibiotici), avendo come obiettivo anche quello di migliorare il benessere degli animali.

Scarica qui di seguito il testo della proposta di legge con la relazione illustrativa – “Disposizioni in materia di riconversione del settore zootecnico per la progressiva transizione agroecologica e il Manifesto Pubblico “Oltre gli allevamenti intensivi” 

                          LINK


Nessun commento:

Posta un commento