lunedì 19 gennaio 2015

Lo sviluppo locale integrato e sostenibile

di Dario Costanzo  
Il nostro è proprio un mondo all’incontrario.
Nel nostro immaginario collettivo aspiriamo tutti a vivere in un ambiente pulito, sano, bello ma poi lo riempiamo di rifiuti non degradabili, costruiamo sul letto dei torrenti e vorremmo costruire dove ci pare e quanto ci piace, senza sottostare ad alcuna regola urbanistica o di sicurezza.
Amiamo i nostri figli più della nostra stessa vita, e pensiamo che un bambino in salute sia un bambino grassoccio; per questo motivo lo nutriamo a dismisura, dandogli molte più calorie di quelle di cui in effetti ha bisogno. 
Li facciamo giocare seduti alla scrivania con play station e videogiochi, dotandoli di telefonini sempre più performanti ma poi, un po’ per moda, un po’ perché ce lo dicono i medici, li iscriviamo in palestra per perdere peso. Naturalmente li accompagniamo in palestra in macchina, salvo poi farli sedere su biciclette statiche, cioè senza ruote; usciti dalla palestra li accompagniamo al catechismo in macchina, da Mc Donald’s in macchina e l’indomani, naturalmente, a scuola in macchina.
Gli mettiamo nello zaino merendine piene di grassi, zuccheri e conservanti, ma poi ci preoccupiamo se diventano “sovrappeso”, se non addirittura “obesi” perché sappiamo (lo abbiamo letto sulle riviste) che l’obesità infantile predispone all’obesità in età adulta e lo sappiamo (lo abbiamo letto sulle riviste) che l’obesità in età adulta predispone a malattie cardiocircolatorie, dismetaboliche, oncologiche … e chi più ne ha più ne metta.
Una volta raggiunta l’età da marito (come si usava dire una volta), portiamo le ragazzine dal dietologo e dall’estetista, perché le vogliamo più sane e più belle, come quelle delle riviste.
Per assicurare loro un futuro dignitoso, li facciamo studiare sino alla laurea, preparandoli a fare professioni che non hanno più alcuna possibilità di affermarsi, almeno in Italia, e poi ci lamentiamo se loro ci lasciano per andare a vivere all’estero e se non troviamo più un idraulico, un falegname o un calzolaio.
Compriamo automobili tedesche, motociclette giapponesi, elettrodomestici olandesi, computer coreani, abiti cinesi, giocattoli vietnamiti e tortellini emiliani, salvo poi a lamentarci che in Sicilia non c’è lavoro.
Ci arrabbiamo se non ci sono più concorsi alla Regione, perché vorremmo per i nostri figli un posto da impiegato, ben pagato e possibilmente con poche responsabilità. 
Naturalmente ho un po’ esagerato, anche se un fondo di verità esiste in tutto quello che ho detto.
Se questa realtà non ci piace, proviamo a cambiarla; proviamo ad immaginare un nuovo stile di vita, una nuova “dieta”, nel senso etimologico del termine greco. 
Proviamo a pensare che la crescita economica non può essere infinita, che le risorse del nostro pianeta sono limitate, che molti dei problemi attuali sono derivati da una pessima distribuzione delle risorse, sia in campo nazionale che, ancor di più, in campo internazionale.
Un gruppo di esaltati, al quale appartengo, pensano che invertendo la rotta si possa tentare di vivere meglio. Per questo motivo immaginano un modello di sviluppo non più dirigista, ma condiviso dal basso (i più colti lo chiamano Approccio Leader o Approccio Bottom – up). Alcuni di questi esaltati lavorano dentro strutture che prendono nomi strani (G.A.L., G.A.C.).
Questo nuovo modello di sviluppo pensa che 7.000 anni di storia dell’uomo sulla terra abbiano qualcosa da insegnarci. Essi pensano che l’equilibrato rapporto uomo-natura abbia selezionato frutti che magari non saranno tutti tondi, grandi e colorati, ma certamente ci possono accompagnare lungo tutta la stagione con una maturazione di tipo scalare, per nutrirci tutto l’anno senza ricorrere a conservanti chimici. Riscopriamo quindi la biodiversità.
In merito alla composizione della Dieta alimentare, essi pensano che sia necessario mettere alla base della piramide alimentare: attività fisica regolare, poi pane, pasta, riso e altri cereali possibilmente integrali, frutta, legumi, verdure e grassi derivanti esclusivamente dall’olio d’oliva. Salendo troviamo, in quantità inferiori, latte e latticini, pesce, carne bianca, uova, dolci e carne rossa (una volta al mese).
Gli esaltati di cui sopra pensano che l’utilizzo di questi prodotti e la loro corretta composizione nella dieta andrebbero estesi alle mense collettive (ad esempio quelle scolastiche) ed a quelle individuali (ad esempio quelle dei ristoranti italiani). 
La produzione di tali cibi, utilizzati in sempre maggiore quantità, pensano che potrebbe portare uno sviluppo dell’agricoltura mediterranea, possibilmente biologica ed eco-compatibile, con evidenti ripercussioni di ordine sociale ed economico.
Proviamo insieme, se ci crediamo, a pensare ad un modello di sviluppo basato non più su industrie automobilistiche, raffinerie di petrolio e trivelle, quanto piuttosto su una agricoltura moderna ma sostenibile, multifunzionale legata alla valorizzazione delle nostre identità locali.
Se riusciremo in questo intento, vivremo certamente un po’ più felici, sicuramente più sani e probabilmente più belli, nella consapevolezza che la BELLEZZA salverà il mondo.

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