martedì 17 ottobre 2023

“Il sole nel bicchiere, Menfi e il suo vino”

 Nino Sutera 

Menfi, Città del vino 2023 

Tradizione non è culto delle ceneri, ma custodia del fuoco. Omaggiare la tradizione non è chinare il capo al passato, non è lasciare alle ceneri del ricordo il compito di portare fino a noi le immagini di un tempo ormai andato. Omaggiare la tradizione è ben altro: è mantenere vivo quel fuoco, che brucia vispo nei solchi lasciati dalle vite di chi abita questa terra, e alimentarlo con storie evocative ed emozioni travolgenti. 

Gustav Mahler


        L’Autore, Peppino Bivona  nasce a Menfi, Sicilia, nel 1948. È laureato in Scienze Agrarie. Insegna materie professionali presso istituti agrari e dal 1976 è di ruolo nell’Assistenza Tecnica dell’Ente di Sviluppo Agricolo della Re­gione Siciliana, Direttore Generale in quiescenza dello stesso Ente,   Giornalista, ha scritto diversi articoli per Sicilia Agricola. Attual­mente pubblica articoli sul sito della Libera Università Rurale di cui è il Presidente. Per i Quaderni di Neoruralità ha pubblicato nel 2018 Diario dell'ulivo saraceno e nel 2021 Chicco di sole.

Le storie che leggerete in questo Quaderno di Neoruralità, “Il sole nel bicchiere, Menfi e il suo vino”  raccontano una meravigliosa “favola” che riguarda la Storia di Menfi e del suo territorio. Il vino rappresenta l’epilo­go al quale giungeranno i protagonisti attraverso il succeder­si di travagliati accadimenti, come i molti confronti e scontri che caratterizzarono le scelte più decisive.   La storia delle cantine Settesoli è intimamente legata al territorio  Negli anni a cavallo di questo secolo, Menfi è stata protagonista di una rivoluzione nel settore vitivi­nicolo.

 

La Libera Università Rurale già nel 2014 ha attribuito a Diego Planeta il riconoscimento di Ambasciatore dell'Identità Territoriale  

https://unirurale.blogspot.com/2014/06/inycon-2014-e-geniusloci-deco.html 

 

La Libera Università Rurale compie dieci anni di attività. Tra le iniziative di successo si annoverano: il percorso culturale “Borghi GenusLoci De.Co.” per la salvaguardia, la valorizzazione e la promozione dell’identità dei luoghi attraverso le prelibatezze e le unicità dei territori; la promozione dell’European Rural Parliament, che coordina per l’Italia, una campagna a lungo termine per dare voce alle popolazioni rurali; l’organizzazione di tanti eventi divulgativi; la cura del blog   https://liberauniversitrurale.blogspot.com/

Peppino Bivona,   profondo conoscitore delle tematiche legate al territorio, dall’identità alla storia, dalla cultura locale all’alimentazione, ci consegna un’opera vera, un racconto indelebile, essendo stato artefice e protagonista di una trasformazione agraria, ma anche sociale ed economica del territorio.  

                       Tratto dalla Premessa 

Menfi, Città del vino 2023     

Per molti miei concittadini, e particolarmente i giovani, questo significativo riconoscimento potrà sembrare naturale, quasi ovvio: un territorio dominato dalla coltura della vite, una Cantina sociale tra le più grandi d’Italia, un solido underground culturale che fa del vino addirittura una festa. Sì, Inycon è la massima testimonianza che questa comunità riconosce e celebra a se stessa. Si regala orgogliosamente l’ebbrezza del riposo dopo un anno di dura fatica. È nata da una felice coniugazione tra due istituzioni: il comune di Menfi e le Cantine Settesoli Eppure questo paese, fondato intorno alla prima metà del Seicento per soddisfare le, sempre più crescenti, esigenze di grano delle armate spagnole per la conquista dell’America Latina, non lasciava presagire nulla di questa realtà. Sono trascorsi quasi quattro secoli e noi siamo qui a chiederci come sia stato possibile questo “miracolo”. Protagonisti sono stati i tanti braccianti, mezzadri e contadini che in “forme” diverse assaltarono e frantumarono la secolare realtà feudale, che ancora sussisteva alla fine della Seconda guerra mondiale. Poi, le opere di adduzione dalla diga sul lago Arancio resero irrigue le nostre contrade. Prende così il via un vero e proprio “Rinascimento”  che in pochi decenni trasforma radicalmente lo scenario agricolo ridisegnando il paesaggio. Si passa, infatti, da una “agricoltura senza campagna”, tipicamente feudale, a una campagna dai connotati pur sempre agricoli ma permeati da spazi crescenti indirizzati al turismo. Un turismo dai lineamenti originali che, integrando il godimento della costa, ovvero del suo mare e delle sue spiagge, si estende verso l’entroterra più prossimo, ottimizzando la pressione antropica sul territorio tipica di uno sviluppo sostenibile. Le pagine che leggerete in questo libro cercheranno di raccontarvi questa meravigliosa “favola”. Il vino rappresenta l’epilogo al quale giungeranno i protagonisti attraverso il succedersi di travagliati accadimenti, come i molti confronti-scontri che caratterizzarono le scelte più decisive.  La prefazione è di Giuseppe Bursi, la presentazione di Nicola Cacioppo  e la postfazione di Nino Sutera. Conclude il lavoro il Manifesto sulla Neoruralità

  

lunedì 16 ottobre 2023

I MESTIERI DI MIRKO


 Gianna Bozzali


Una Produzione Rai Contenuti Digitali e Transmediali

 

Le eccellenze della tradizione artigianale siciliana

riscoperte da Mirko Matteucci

 

In esclusiva dal 16 ottobre su RaiPlay

 

 https://drive.google.com/file/d/1K_2xPHs8XVUKFmjmWwn4O5S-3OMUi8V7/view

 

Un viaggio nella terra del sole e del mare alla scoperta delle sue tradizioni artigianali. Dopo il successo delle precedenti edizioni, in esclusiva su RaiPlay dal 16 ottobre, torna “I mestieri di Mirko”, una produzione Rai Contenuti Digitali e Transmediali, con dieci nuovi episodi rilasciati ogni lunedì e interamente dedicati alla Sicilia. Mirko Matteucci l’attraverserà per lungo e per largo, per raccontare l’evoluzione dei lavori antichi che mantengono un legame indissolubile con il territorio e che vengono tenuti in vita dai tanti giovani che - con il giusto rinnovamento - rendono i “mestieri” italiani unici al mondo. Matteucci, accompagnerà il pubblico in questo viaggio con ironia e semplicità, ricoprendo al tempo stesso, il ruolo di cronista e quello di apprendista. E attraverso le sue vicissitudini, metterà in risalto l’abilità dei vari artigiani, rivolgendo una particolare attenzione ai giovani e all’imprenditoria femminile.



In Sicilia, il conduttore scoprirà i colori e il calore della “Vucciria”  di Palermo con la sua Street Food, l’arte incantatrice dell’opera dei pupi, la solennità delle saline, il fascino maestoso dell’Etna con le sue coltivazioni Dop, i viaggi mistici dei carretti siciliani, i suoni arcaici dei tamburi fatti a mano. Un occhio anche alle eccellenze culinarie locali: i cannoli, la cassata e la frutta martorana (ormai brand mondiali)i gamberi di Mazara del Vallo e i vini italiani IGP.

“I mestieri di Mirko” è un programma di Mariano D’Angelo, condotto da Mirko Matteucci per la regia di Paolo Tommasini. 

lunedì 9 ottobre 2023

Da Artusi a Marchesi, alla nidiata dei tanti allievi ecco la Cucina Italiana

 NinoSutera

Nel mondo si racconta, che si beve vino francese, si guida un auto tedesca, ma si mangia rigorosamente italiano. La rinascita della cucina italiana in continuità con Pellegrino Artusi, grazie a Gualtiero Marchesi e alla nidiata di tanti allievi diventati maestri, antagonisti dei colleghi francesi.

Se Artusi e Marchesi  maestri di tanti bravi allievi della cucina italiana nel mondo, sono ancora oggi di esempio., lo dimostra che in tantissimi preferiscono frequentare ristoranti, con bravi cuochi di quella scuola 

 

La cucina italiana è alternativa e antagonista dei fans dei francesi di Escoffier famoso all'epoca perchè si adoperò molto, eliminò l’aglio, sostituì l’olio di oliva EVO con il burro, e già all'epoca contestato dai bravo cuochi nostrani, quasi a rimarcare la differenza tra la cucina francese e quella italiana- mediterranea, dove come è noto l'aglio e l'olio EVO sono componenti essenziali.
D'altronde non si può essere estimatore del giacimento enogastronomico del Bel Paese e contemporaneamente ispirarsi a  modelli antagonisti  come quello francese per esempio. Sarebbe come essere tifosi della Roma e del Lazio nello stesso tempo, sarebbe come essere "ne carne ne pesce" 

Gualtiero Marchesi: la vera cucina è saper mangiare bene

La vera differenza tra Artusi e Marchesi

Una grande differenza fra loro era il modo di porsi in cucina davanti al fornello e nella creatività e scoperta di una ricetta. Artusi ha voluto soprattutto raccontare la cucina degli italiani che avevano perso, dimenticato, abbandonato; mentre Marchesi ha contribuito a creare un modo di vivere la cucina e la tavola insieme.

Pellegrino Artusi, non volle mai codificare o uniformare o catalogare la cucina italiana… la sua formazione letteraria e linguistica e il fatto di “raccogliere” ricette segnalate non lo fa un cuoco, ma più uno “scalco” nuova maniera.

Con la fine del Settecento la cucina italiana-medioevale-rinascimentale finisce, finisce con la fine degli “scalchi” figure particolari fra la cucina e la tavola aristocratica che non solo erano bravi macellai e tagliatori di carni, grandi ortolani, esperti di condimenti, bravi pescivendoli o pasticceri… ma soprattutto sapevano raccontare a voce la ricetta ai commensali del principe.

La cucina francese, nata dopo che Caterina de’ Medici regina di Francia importò dalla Toscana tante ricette italiane oltre che l’uso della forchetta allora ignota ai francesi, perdurò per molto tempo, ma l’Artusi favorì un risveglio nazionalistico, fortemente antagonista e alternativa rispetto a quella  francese. Artusi propone una cucina italiana domestica ed emotiva contro una cucina   francese  spesso banale.

… l’Artusi fu il primo blogger gastronomico

E’ da quel momento che la cucina italiana si propone come arte del divenire, delle molteplici interpretazioni e della condivisione rispetto ad un sapere omologato non modificabile. Inoltre l’Artusi fu il primo blogger gastronomico: pochissime ricette del suo libro prevedono un suo intervento, quasi tutte arrivano dalle lettere scambiate con le cuoche di tante case italiane.

… la pasta come elemento base del menu italiano

La prima edizione del libro “artusiano” riporta 475 ricette, l’ultimo 790 nell’arco di 20 anni di continui aggiustamenti.  Ad Artusi non si devono ricette, ma la scelta di porre “ la pasta” come elemento base del menù italiano. E’ in quegli anni di fine XIX° secolo (1891-1905) che nascono tante ricette di pasta, come il piatto “discriminante” di una tavola, di una regione, di un menù. E’ la pasta che rende la tavola veramente artigianale e biodiversa: rileggendo per esempio le ricette degli spaghetti o delle paste ripiene si nota come la omogeneità della produzione della pasta  sia poi firmata territorialmente da alcuni ingredienti unici esclusivi di un territorio.

In Italia ci si dimenticò totalmente della “cucina artusiana” pensando addirittura per anni (secondo dopoguerra fino agli anni ’70) ad una soluzione industriale della tavola e della cucina, preconizzando “pillole” tutto fare. Fortunatamente per l’Italia  nacque la generazione (in cucina) di cuochi “marchesiani” che non lasciarono dimenticare la storia artusiana e non si lasciarono abbindolare dalla regolarità  matematica e schematica delle salse, sughi, temperature, abbinamenti lineari della cucina francese.

Ecco che l’incrocio di Pellegrino Artusi e di Gualtiero Marchesi hanno generato una squadra attenta di giovani cuochi italiani bravi, non chiamiamoli “chef” ,  quelli lasciamoli ai francesi

La Flai Cgil Sicilia e la Fondazione Metes mercoledì presentano uno studio



  La Flai Cgil Sicilia e la Fondazione Metes mercoledì presentano uno studio

 

  “Verso un sistema agroecologico siciliano, per il cibo ‘giusto’, per le foreste, l’ambiente e per la qualità del lavoro”: è il titolo di uno studio a cura della Flai Cgil Sicilia e della Fondazione Metes,  realizzato col contributo di esperti e docenti universitari. Il lavoro sarà presentato mercoledì 11 ottobre alle 15 a Palermo, ai Cantieri culturali alla Zisa, Noz-Nuove officine. Interverranno Massimiliano D’Alessio (Fondazione Metes), Paolo Guarnaccia ( Università di Catania), Francesco Sottile ( Università di Palermo), Massimo Todaro ( Università di Palermo), Franco Andaloro ecologo e biologo marino), Tommaso La Mantia (Università di Palermo), autori degli interventi che compongono lo studio. Le conclusioni saranno del segretario generale della Flai cgil nazionale Giovanni Mininni . Prevista anche  partecipazione del Direttore Generale Dario Cartabellotta e  dell’Assessore regionale all’agricoltura Luca Sammartano  “Vogliamo aprire un dibattito- dice Tonino Russo, segretario generale della Flai Sicilia-  sui temi interconnessi della produzione di cibo, della salute, della salvaguardia del territorio, dell’agricoltura e del lavoro di qualità. Oggi riteniamo che non si stia andando nella direzione giusta- sottolinea-  ma solo in quella del massimo profitto. Un nuovo modello agroecologico in Sicilia è però possibile. Con questo studio auspichiamo si apra una discussione che faccia centrare questo obiettivo”.


 

venerdì 6 ottobre 2023

I Centro Studi di Danilo Dolci

 

 I Centro Studi di Danilo Dolci

 Franco Alasia

Uno anche a Menfi

La Sicilia occidentale è ancora una fra le zone più depresse d’Europa. Essa rappresenta però un enorme capitale di uomini e di risorse.

L’intervento dello Stato, per vari motivi, non è riuscito finora ad incrementare sviluppo. Il divario del reddito tra nord Italia e sud continua a crescere.



Per smuovere una situazione economico-sociale come quella della Sicilia occidentale – da secoli statica per gran parte –  non bastano alcuni interventi infrastrutturali. Non basta la sola azione di assistenza concreta (che rischia sempre di trasformarsi in opera di carità spicciola, inefficiente e mortificante per chi riceve), né la sola pressione e denuncia alle autorità e all’opinione pubblica (che troppo facilmente diventa sterile protesta); né bastano gli studi e le indagini dell’ambiente, se non tesi ad una responsabile utilizzazione, pratica e concreta.

Per un intervento efficace è necessaria la combinazione organica di questi elementi:

  • lo studio delle cause e delle manifestazioni dell’arretratezza, per appurare fatti e teorie, in modo da potersi poi muovere consapevolmente;
  • il lavoro pilota  paziente e pratico di ogni giorno per sperimentare e dimostrare le possibili soluzioni e valorizzazioni;
  • la pressione democratica nonviolenta (ove non bastano gli strumenti e l’azione silenziosa  per  superare  situazioni  intollerabili)  sulle autorità  responsabili,   stimolando  investimenti  di  natura  democratica:  e nei cittadini la speranza e l’attiva partecipazione.

Il Centro studi e iniziative, fondato nel ’58, ha posto le sue ragioni d’essere e di lavorare partendo da una concreta situazione economica-sociale – quella della Sicilia occidentale – e dalle esigenze che tale realtà dimostrava.

In un lungo periodo iniziale – dal ’52 al ’56 –  Danilo Dolci e un piccolo gruppo di volontari collaboratori  si inserirono nel vivo della più tragica realtà siciliana, condividendo la vita quotidiana della parte più misera della popolazione locale. Questa esperienza diede frutti di sostanziale importanza su due diversi piani:  da un lato, attraverso episodi che alcuni forse ricordano, richiamò l’attenzione dell’opinione pubblica italiana e mondiale su una cruda realtà da molti ignorata o mal conosciuta (il digiuno di Trappeto,  lo “sciopero alla rovescia” sulla trazzera di Partinico, l’arresto di Danilo e dei sindacalisti,  il relativo processo, ecc.);  d’altro canto,  permise a Danilo e al piccolo nucleo dei suoi amici e collaboratori di iniziare uno studio approfondito dell’ambiente che li circondava, cominciando ad individuare le componenti dei fenomeni economico-sociale di quelle zone e ad indagare con rigore sulle interferenze ed interdipendenze di manifestazioni e situazioni caratteristiche della Sicilia occidentale: arretratezza economica, disoccupazione e sottoccupazione, basso livello tecnico – culturale,  difficoltà  alla  vita  associativa,  mafia.

Individuati i punti chiave per un lavoro pilota in tre zone omogenee – il Golfo di Castellammare, una zona collinosa all’interno e un tratto della costa sud occidentale – nel corso del ’58 si aprirono rispettivamente a Partinico, Corleone, Roccamena e Menfi i Centri studi e Iniziative nei quali hanno lavorato tecnici agrari,  assistenti sociali,  educatori e giovani volontari in grado di svolgere un preciso lavoro nell’ambito dell’organizzazione,  senza sostituirsi alle responsabilità degli Enti locali.

La zona di incidenza del lavoro interessa tre grandi vallate:  dello Jato,  del Belice e del Carboi.  Su tre fiumi, la possibilità di utilizzare più di 180 milioni di metri cubi d’acqua rappresenta la soluzione fondamentale per l’avvio sicuro di un sano sviluppo socio – eco- nomico della zona.  In tal senso s’è mossa l’iniziativa del Centro studi,  per cui in questi anni si è potuto avviare:

  • la completa valorizzazione delle acque del fiume Carboj,  il cui serbatoio capace  di 36 milioni di metri cubi di acqua, era già costruito ma pressoché completamente inutilizzato nel 1958;
  • la costruzione della diga sullo Jato a Partinico, con un invaso capace di 72 milioni di metri cubi di acqua, che ha permesso l’inizio dell’irrigazione di parte dei circa  9.000 ettari irrigabili,  nell’estate del 1971;
  • i lavori di sondaggio, progettazione e costruzione della diga sul Belice, nella zona di Roccamena, per raccogliere oltre 70 milioni di metri cubi di acqua.

Sul piano del lavoro di formazione di nuovi gruppi democratici sostitutivi dei vecchi gruppi clientelari – mafiosi,  si sono costituiti:

  • la Cooperativa cantina  “Il Progresso” di Menfi con 450 soci;la Cooperativa di abitazione a Menfi, dopo il terremoto, con 20 soci;
  • la Cooperativa  edile  “La Fontana” a Partinico, con 31 soci;
  • la Cooperativa cantina sociale  “Conca d’Oro” a Partinico con 60 soci;
  • la Cooperativa  intercomunale coltivatori ortofrutticoli,  a Partinico,  con 220 soci;
  • la Cooperativa  “Consorzio irriguo Jato”  a Partinico, con 800 soci.

Milleottocentottanta piccoli coltivatori e lavoratori organizzati in queste nuove cooperative suscettibili – in particolar modo per quanto riguarda il “Consorzio irriguo Jato” – di diventare molte migliaia nel giro di pochi anni.

Sempre in questo settore di lavoro per la promozione della cooperazione, particolare attenzione si è dedicata all’artigianato locale; per incrementarne il lavoro, si è aperto un punto di vendita di prodotti artigianali presso il Centro turistico  “Città del Mare”  nel Golfo di Castellammare,  con lo scopo di:  incentivare la produzione locale, offrendo un immediato smercio dei prodotti;  migliorarla, conservando quanto di valido la tradizione locale produce e studiando nuovi prodotti; avviarla verso la cooperazione con l’organizzazione di gruppi pre-cooperativi e cooperative vere e proprie in seguito.

Nell’ambito del lavoro per la demolizione delle vecchie strutture clientelari – mafiose, conservatrici e parassitarie, va vista la campagna antimafia del Centro studi e Iniziative:  la precisa ed approfondita inchiesta sui rapporti mafia-politica nella Sicilia occidentale, se da una parte ha avuto una fondamentale funzione educativa in quanto ha favorito e sollecitato la presa di coscienza e l’assunzione di responsabilità nelle gente locale (determinando inoltre l’apertura di un processo a Roma contro Danilo Dolci e Franco Alasia), ha permesso il pubblico dibattito sul come si costituisce il potere politico in questa zona mettendo a nudo situazioni malsane e pericolose, e ha determinato il crollo politico di un Ministro e di due Sottosegretari collusi con la mafia delinquenziale locale.

Particolare impegno si è avuto per la zona terremotata dopo il sisma del ’68, per la quale è stato preparato un piano di sviluppo organico,  in collaborazione con la popolazione stessa ed un gruppo di esperti. Va vista nella direzione dello sviluppo della zona terremotata la campagna di pressioni del ’69, con digiuni, marce e denunce, e l’iniziativa di “Radio libera a Partinico”, l’emittente installata al Centro studi di Partinico nel marzo del ’70  con la quale, per 27 ore consecutive, prima che l’intervento delle forze di polizia la mettesse a tacere, sono state trasmesse (con le voci di donne, bambini, vecchi, medici, maestri, lavoratori) una serie di precise denunce documentate sulle responsabilità e le inadempienze governative riguardo il futuro della popolazione colpita dal terremoto nella valle del Belice.

Per rispondere all’esigenza di nuovi quadri locali capaci di promuovere nuovo sviluppo, da inserire nella realtà della Sicilia occidentale,  oltre che nel Centro studi,  al Borgo di Trappeto si sono tenuti sin dal 1960 dei corsi per la formazione di operatori di sviluppo. Nel 1968 viene cos-truito il  “Centro di Formazione per la Pianificazione organica”  a Trap-peto:  uno strumento cioè che ha lo scopo di formare mediante stages, corsi, seminari, incontri, dibattiti, nuovi educatori, nuovi cooperativisti, nuovi tecnici capaci di rapporti maieutici con la popolazione.

Fondamentalmente per rispondere alle medesime esigenze di portare nuova cultura, per incidere sempre più a maggiore profondità nella situazione, per i bambini della scuola materna fino ai 14 anni, in una zo-na dove l’intervento statale è più che altrove deplorevolmente insufficie-nte, nel 1971 è nata l’iniziativa, in corso di realizzazione, della creazione di un nuovo Centro educativo a Mirto, dove una sana, libera educazione di effettiva democrazia possa contribuire a creare persone nuove, rispondendo alle pur necessarie proteste contro una scuola vecchia e autoritaria con una concreta indicazione di una nuova educazione.

In questa chiave va anche vista l’azione del Centro studi per introdurre nelle scuole lo studio di uno strumento elementare e puro come il flauto dolce, mettendo i giovani in condizione di fare della musica in modo attivo e valorizzando un patrimonio musicale non conosciuto.

Una ventina sono i collaboratori a pieno tempo.

I fondi per il Centro studi e Iniziative vengono da fonti private e volontarie, raccolti soprattutto da comitati di sostegno in varie città italiane e all’estero.

In Italia particolarmente, gli artisti, pittori e scultori soprattutto, in varie occasioni hanno donato loro opere per il lavoro del Centro studi.

L’essere stati costantemente impegnati in un lavoro che non si piega alle esigenze di potenti o dove vanno le mode, che non vuol legarsi a nessun partito politico – non per agnosticismo ma per poter operare le proprie scelte di fondo in coscienza senza dover sottostare a calcoli di convenzione – non ha certamente favorito il reperimento dei fondi per il lavoro, per cui una costante difficoltà al Centro studi è sempre stata per tutti questi anni la scarsezza dei mezzi finanziari.

Dallo Stato italiano, e dalla Regione siciliana, il Centro studi e Iniziative non ha mai ricevuto, in tutti questi anni di attività, una lira.