Peppino Bivona
Caro Nino, ho letto il tuo intervento sulle ultime vicende accadute presso le Cantine Settesoli.
Ora malgrado i tuoi buoni propositi volti a valutare con
serenità le vicende, il contenuto di
fatto non aiutata a dissipare il
“nebuloso intreccio” che pare abbia sfociato in una congiura di Catilina memoria.
Come Libera Università Rurale in questi anni abbiamo cercato di “volare alto” ovvero tirarci fuori dalle polemiche e dai pettegolezzi che investono le vicissitudini paesane.Perciò colgo il tuo invito.
L’azienda Settesoli è
un “pezzo” del nostro vissuto è lo zoccolo duro su cui poggia
l’economia della nostra comunità, è la stessa
identità che da più parti ci viene riconosciuta,
è…. più di mezzo secolo di storia di questo paese.
Ora , questo prezioso patrimonio non c’è l’ha regalato
nessuno: è il felice risultato scaturito
della fatica dei nostri viticoltori , l’ intelligenza e la lungimiranza
di qualche cervello locale , la serietà e competenza di operai impiegati e
dirigenti nel perseguire gli obbiettivi.
Non vogliamo e non dobbiamo entrare nel merito dei risultati “elettorali” , nei sistemi elettivi la maggioranza decide e, a noi , non resta che prenderne atto, ogni altra possibile speculazione andava fatta prima che gli elettori si esprimessero .Questo non esclude che ci si possa soffermare sulle analisi del dopo voto. Ma solo se colpiamo il vero obiettivo.
L’articolo che tu hai riportato del Giornale di Sicilia del
2003 è stato “ commissionato” dalla Settesoli come inserto” pubblicitario” atto ad
accrescere la nostra immagine a livello nazionale; i terreni, il clima non sono dissimili da quelli delle contrade viciniore di Sciacca ,Sambuca o Castelvetrano anzi
relativamente al clima , non ci dispiacerebbe avere qualche punto in più
nel “salto termico” . Ma quello che alle realtà vinicole limitrofe è mancata è
stata la capacità intellettiva di una
classe dirigente che in tempi non
sospetti ha avuto il coraggio di dire di “No”: un No deciso al totale delle
liquidazione delle uve. Un No, alla
banalizazione del vino ridotto a “mosto muto”.Eppure in quegli anni i viticultori siciliani si
mobilitavano scendevano in piazza chiedevano a gran voce, una, due ,tre leggi
per la distillazione Qui da noi qualcuno
,intelligentemente ,percorse un itinerario diverso: puntò sulla ”bottiglia,
ovvero sulla qualità. Fu una scommessa avvincente non priva di resistenze e dissapori:
finché non ci si pose difronte al più grosso delle difficoltà.
Ovvero: come una
azienda di matrice cooperativa poteva porsi sul mercato dell’imbottigliato,
competere con le grosse aziende private , fare fronte alle liquidità
giornaliere dei fornitori, dei commissionari, dei rivenditori, delle enoteche?
Il salto di “qualità” per il presidente di allora Planeta era possibile:
bisognava costituire all’interno della Settesoli una “Finanziaria” ovvero
aprire la Cantina ai soci sovventori, piccoli risparmiatori locali,
con tutte le garanzie che gli erano dovute.Planeta inteligentemente sapeva che
i piccoli viticoltori non potevano
farcela avevano bisogno dell’artigiano, del commerciante, dei piccoli
risparmiatori che avrebbero attivato cosi una economia “circolare” Sono trascorsi quasi
venticinque anni e ancora rimbombano le voci stridule dei soci che quasi
all’unisono imprecavano “La cantina è dei viticoltori !!” Molti di costoro non
erano stati informati dai dirigenti del p.c.i o della Lega delle Cooperative
che in Emilia Romagna queste realtà vigevano da anni. Planeta e alcuni di noi abbiamo avuto
una cocente delusione , al limite della umiliazione,
avevamo fatto il passo più lumgo della gamba , capivamo che i nostri soci
stavano sbagliando ma Planeta ritrasse la sua proposta in attesa che i tempi maturassero: non abbandonò la nave. Da qualche anno una
finanziaria del Nord rastrella capitali per foraggiare le impresse della
padania ,,l’attore locale venne definito in una assise “portatore di luce” che
il latino si traduce in “ fero lux” ovvero Lucifero.
Le strutture cooperate si reggono sul consenso, ovvero si va
avanti se il grosso della truppa è consenziente. I tempi di elaborazione e maturazione nel
mondo agricolo sono lenti e a volte stenuanti .I nostri viticoltori debbono
avere la consapevolezza che se vogliono sfidare il mercato debbono sottostare alle dure leggi della concorrenza comprese quelle aziende che disonestamente applicano le cosiddette
“asimetrie di mercato” ovvero comprare vino di dubbia qualità a prezzi sviliti
su cui sarà possibile esercitare tutti i ricarichi dettati dal marketing . Ed allora come uscirsene?
La Settesoli è un bolide lanciato, non può fermarsi né,
tanto meno, tornare indietro, ma per restare in pista e mantenere la giusta velocità,
ha bisogno di “carburante”
Ai nostri viticultori
non possiamo chiedere di più,”hanno già dato” Ma debbono sapere che le
bottiglie non camminano da sole, nessuno viene a prendersele dal magazzino
dell’imbottigliato!. Eppure non bisogna arrendersi, dobbiamo cercare idee innovative
a cominciare dalla forma societaria
I prossimi anni saranno decisivi per la Settesoli, perciò auguriamo buon lavoro al nuovo presidente Giuseppe Bursi e al consiglio di amministrazione…e con l’occasione
Buone Feste e Felice anno nuovo.
.
Si, caro Peppino l’obiettivo è aprire una discussione disinteressata, senza dare credito ai discorsi da bar.
RispondiEliminaHo riportato semplicemente l’articolo di giornale, del 2003, che come si vede nell’integrale è pieno zeppo di dichiarazioni ufficiali.
D’altronde agli inizi degli anni 2000, tutti raccontavano a tutti, che bisognava produrre di meno e investire sui marchi , con investimenti adeguati………
Bisognerà comprende meglio il “corto circuito” anche perchè, così come si è verificato una volta, potrebbe verificarsi ancora nel futuro prossimo.
A volte il solo difetto di comunicazione, produce e alimenta il “corto circuito”
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RispondiEliminahttp://www.risoluto.it/edizioni-locali/menfi/varvaro-attacca-planeta-bursi-pugnalato-sostituito-un-burocrate-non-tornero-piu-sicilia/
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RispondiEliminaAllora, accolgo l’invito, ed esterno il mio pensiero libero, sul “nebuloso intreccio”
RispondiEliminaAndiamo per ordine, auspicando che il commento non venga censurato, come spesso accade su questa tematica.
Non risulta, che durante la Presidenza del Manager Varvaro, ci siano state relazioni degli enti di certificazione al bilancio, e relazione del collegio sindacale, che hanno manifestato dissenso, rispetto alla gestione della cantina, ne tanto meno interventi degni di nota dei componenti del consiglio, che hanno esternato un’altra idea di gestione della struttura, in questi 6 anni. Anzi, c’è stato il contrario, consiglieri che lodavano il Presidente,(prima del golpe) giudizi sempre condivisi da tutti, interni ed esterni alla cantina, ma sopratutto dei soci
Voglio ricordare che stiamo parlando di un Manager di alto profilo, dalle capacità ampiamente riconosciute, e non di un esperto del nulla.
Ora fa discutere quello che è successo all’assemblea, ma soprattutto dopo.
Un’assemblea che all’unanimità approva la relazione del presidente (Varvaro) approva all' unanimità il bilancio (che spieghiamo meglio, per i non addetti ai lavori)che è la sintesi della strategia posta in essere dal Presidente e dal cda, che si tramuta in numeri di bilancio)
L’esclusione di Varvaro è stato deciso a tavolino, (o ai tanti tavolini carbonari)
Gli va dato atto, che in diverse occasioni, ha esternato con fermezza, la fonte, i motivi, di chi ne ha favorito e facilitato l’ estromissione.
La contro prova?
Le modalità, che i nuovi e vecchi rampanti, hanno scelto per il passaggio di consegne, che Varvaro, ha più volte spiegato nella sua pag fb.
Bisogna avere paura di questi giovani e vecchi rampanti, che chiaramente, non avevano il coraggio di guardare negli occhi l’incolpevole ormai Dott. Varvaro.
Sono li, che ancora festeggiano, per una rivincita personale, ma non per il successo del territorio, e per i viticoltori.
Costoro non meritano ne rispetto ne gloria!!
Infine Vi consegno una frase di un commento, che ho letto nel profilo del Dott. Varvaro, che deve far riflettere i liberi cittadini, i nuovi e vecchi rampanti, non penso che ne hanno le qualità intellettive per farlo.
“ Caro Presidente, condivido in pieno il suo messaggio e mi dispiace tanto.Io ho fatto tutto il possibile, ma la gente sembrava stregata. Quella gente che in fondo erano gli miei amici, gli miei vicini, gli miei paesani. Per me, da domenica sera la Settesoli non è più la stessa. Mi dispiace, ma la vedo come qualcosa di facile manipolazione.”
Sapete quanti messaggi ci sono a favore del golpe? Zero messaggi, l’ordine di scuderia è insabbiare tutto, tanto morto un papa se ne costruisce un altro……………………
Carissimi tutti, se volevate innescare una discussione schietta e leale sul “golpe ” avete fallito, nel senso che il dibattito non c’è stato, non è mai nato e il “nebuloso intreccio” come l'ha definito il dr bivona, è rimasto li irrisolto.
RispondiEliminaE’ pur vero che avete delle attenuanti, la parola d’ordine è insabbiare tutto, non rispondere alle provocazioni e nel giro di un mese o poco meno, tutti avranno dimenticato “ il golpe”
In effetti lo stratega o gli strateghi e affini, non si sono sbagliati, anche questa volta l’hanno azzeccata, come con la pianificazione del golpe, nei minimi dettagli!!
Certo in non pochi si chiedono, anche all’esterno (mass media) come mai un manager dell’esperienza internazionale manager in multinazionale come Procter & Gamble ed esperienze di gestione in alcune aziende del gruppo Della Valle come Tod’s e Marcolin, sia stato destituito nella peggiore dei modi?
Eppure il suo arrivo alla guida di una delle strutture più grandi del mezzogiorno è stata salutata da buoni auspici dalla stampa, solo per citare due link molto autorevoli
http://www.tgcom24.mediaset.it/economia/speciale-storie-d-impresa/varvaro-e-il-successo-di-settesoli-il-nostro-segreto-il-gioco-di-squadra-_2086106-201402a.shtml
https://www.milanofinanza.it/news-preview/varvaro-confermato-alla-guida-settesoli-1948699
Perfino Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, all’interno del loro ultimo libro Se il Sud muore, hanno elogiato …………….
Evidentemente ha dato fastidio, evidentemente non è sceso a compromessi, oppure più semplicemente non era facilmente “influenzabile” insomma voleva fare il manager in una terra disgraziata, senza futuro.
Nasce spontanea una domanda, l’agricoltore può anche non sapere che per guidare un’azienda di oltre 50 ml è indispensabile l’esperienza di un manager di successo, che ha rapporti internazionali, che parla tre – quattro lingue, ect, ma gli imprenditori evoluti, alcuni con due lauree, perché minimizzano?
………..tanto la struttura cammina da sola………..dicono in tanti, non solo ai bar!
Somiglia tanto a una storia vera, cioè quando i nonni raccontavano ai nipotini, che una volta, si andava in campagna di mattino presto, ancora con il buio, prima dell’alba, con il mulo, o l’asino.
C’era sempre tra i nipotini uno più spigliato, che osservava, ma nonno se c’ andvate con il con il buio, come faceva il mulo, a vedere la strada, mica aveva i fari della macchina?
Il nonno con estrema tranquillità, rispondeva, il mulo camminava da solo, sapeva bene dove doveva andare, …………… d’altronde aveva percorso quella strada tantissime volte che ormai, ormai, camminava da solo, proprio come alcuni sapientoni affermano a sproposito oggi
Cioè, si stà affermando un principio fuori ogni logica delle cose, sembrano tutti immolati all’approssimazione e alla scienza del fai da te, e all'esperienza del mulo.
…….chissà se è un modello esportabile?
AntonioGiunone.
*spero che lo pubblicate!
La rana e il bue
EliminaDopo l’intervento di Nino Sutera e mio sulle ultime elezioni svoltesi alla Settesoli, abbiamo ricevuto parecchi commenti, tutti anonimi e dai toni palesemente offensivi e per questo non meritevoli di essere divulgati.
Tuttavia, per correttezza e nella speranza di contribuire a ristabilire un clima più sereno, abbiamo deciso di pubblicarne un paio che, seppure intrisi di astio per la congiura subita, ponevano in modo civile alcune riflessioni.
Con questo ultimo commento , vorremmo porre fine ad una vicenda che credo ha segnato un momento non esaltante nella vita delle Cantine Settesoli , niente d’ora in poi sarà più come prima, lo sguardo è rimasto offuscato da dubbi ed interrogativi. L’immagine della Cantina rischia di uscirne appannata e tutti sappiamo che una azienda vive di trasparenza e dell’identità che gli altri sanno riconoscerci.
Ora, nel tempo de “elaborazione del lutto “dobbiamo interrogarci sul perché questo sia potuto accadere. Le argomentazioni addotte dai nostri commentatori anonimi tendono tutte ad “esternarne” la principale causa, semplificando gli accadimenti sotto la sigla del “golpe”. Una vasta e puntigliosa campagna disseminatrice di maldicenze, artatamente organizzata, come virus letali hanno permeato le menti della maggioranza dei nostri viticultori. A questo punto sorgono spontanee tre obiezioni:
la prima: sappiamo tutti che i virus per “attecchire “hanno bisogno di un substrato sufficientemente fertile
la seconda: appare alquanto strano che lo sviluppo di questi virus non abbia trovato alcun anticorpo a fronteggiarli
la terza: possibile che non siano stati notati in questi anni manifestazioni “sintomatiche”
Ora al di là degli accadimenti e delle differenti versioni dei fatti, siamo qui a chiederci:
Ma in questo contesto, cosi “liquido”, il futuro della Settesoli non rischia forse di essere lastricato dai tanti dott. Varvaro che intelligentemente e in buona fede si impegnano a far crescere l’azienda Settesoli?.
Dov’è il” collo di bottiglia”,il nodo cruciale su cui rischiamo di fare la fine della rana cosi come raccontata da Fedro?
C’e un tempo per ogni cosa e in questo mondo globalizzato “todo cambia “recita una poesia cilena
Il modello societario cooperativo non appare sufficientemente adeguato a fronteggiare le sfide dei nuovi mercati. Il nodo è tutto qui, presto detto:
Dobbiamo avere il coraggio di separare “l’uva” dal “vino”, avere la consapevolezza di lasciare l’identità mutualistica della cooperativa alle soli fasi che riguardano il conferimento e la trasformazione ,mentre bisogna organizzare un modello flessibile societario per tutto il processo relativo all’imbottigliamento e relativa commercializzazione. Affinché ciò possa realizzarsi bisogna che la cantina si” apra” e con essa la mente dei tanti piccoli viticultori soci
La nostra base sociale è costituita da viticultori proprietari di piccoli aree vitate a cui non possiamo chiedere di continuare a stingere la cinghia per investire sulla bottiglia, in particolare quest’anno quando a pochi giorni dalla vendemmia, si sono visti decurtare la produzione del 30-40%. La rabbia è una cattiva consigliera.
Il sistema di conferimento “obbliga “ i soci a produrre un uva di qualità entro parametri ben precisi e ciò richiede un impegno non indifferente. Ascoltano o vedono passar sotto i loro occhi cifre per milioni di bottiglie ma…. come dice il poeta “la gloria non veggo”
Il modello misto cooperazione –società è stato realizzato da molte aziende vitivinicole con indiscusso successo, vedi Mezzacorona . Il presidente Planeta l’aveva proposto venti anni fa ,ma pregiudizi e preconcetti di varie estrazioni la fecero spegnere miseramente. Abbiamo perso una buona occasione . Siamo ancora in tempo a riproporla?
dott.g.bivona