ninosutera
……..Altro che
sovranità alimentare
Italia autosufficiente solo per
pollo, riso e vino. Dall'estero arriva il 40% del grano per fare la pasta e ben
il 60% dell'olio. Quasi tutto il pesce in scatola proviene da altre nazioni.
Ne
avevamo già parlato in tempi non sospetti il 15
luglio
https://liberauniversitrurale.blogspot.com/2022/07/dieta-mediterranea-un-falso-mito.html
Oggi, Vi parleremo di sovranità alimentare in un modo insolito, vi anticipiamo però che la visione del video che segue, è destinato a interferire sulle vostre abitudini alimentari.
https://www.youtube.com/watch?v=ZccE5fONLOc
La Sovranità Alimentare ritorna di grande
attualità La nuova dicitura ha aperto il dibattito sul ruolo che questo
ministero dovrà svolgere, difendere la nostra sovranità alimentare o puntare a
raggiungerla? In ogni caso la strada sarebbe molto impervia se pensiamo che al
momento dovessimo sfamarci solo con quanto produciamo dovremmo cibarci
solo di riso, pollo e in parte per frutta e verdura e dovremmo rinunciare ad
alimenti centrali della dieta mediterranea come olio di oliva e pasta. Questo
perché una parte importantissima della nostra alimentazione quotidiana proviene
dall'estero e non la coltiviamo o alleviamo direttamente.
Au revoir Dieta Mediterranea
A fornire dati
sull'attuale situazione è la Federalimentare, che monitora costantemente il
livello di autosufficienza del Belpaese. Il primo elemento che fa storcere il
naso riguarda la pasta. Importiamo il 40% dei grani assorbiti dalle industrie,
che poi riversano una parte importante della produzione in altri Paesi. La
situazione non è dissimile per le farine, dato che il 45% proviene da altri
Stati. Ancora peggio a guardare il settore dell'olio: ne recuperiamo il 60%
dall'estero, soprattutto dalla Spagna, per poi apporvi marchi “italiani”,
mentre nei nostri uliveti spesso non si hanno risorse per recuperare il
raccolto. Necessitiamo di un 40% di importazioni per soddisfare la produzione
di carni preparate e i salumi. Passando poi agli allevamenti, per
l'alimentazione animale ci riforniamo da luoghi oltre i nostri confini per oltre
il 65% dei mangimi.
Sparirebbe "na tazzulell 'e café"
Si arriva al 95% delle
importazioni per le conserve ittiche, come tonno e sgombro in scatola. Totale
poi la dipendenza dall'estero per un caposaldo delle abitudini italiane come il
caffè. Idem per il cacao, necessario per cioccolata e tutta l'industria
dolciaria. In entrambi i casi si tratta di colture che non sono adatte ai
nostri terreni né al nostro clima, nonostante stia facendo sempre più caldo
anche sul nostro territorio. L'indipendenza si ridurrebbe dunque alle carni dei
volatili, come polli e galline, e alle uova, dove comunque incide il fattore
“mangimi esteri” visto sopra. Limitate al 5% le importazioni di vino e acque
minerali. Stessa cifra per il riso, mentre latte e formaggi si fermano al 6%.
Nel settore dell'ortofrutta trasformata, di cui comunque siamo importanti
produttori, è necessario in ogni caso acquistare il 16% delle materie prime. In
definitiva, per diversi nostri prodotti simbolo non siamo certo autonomi.
Missile alimentare dalla Russia
Prima ancora che la
questione tornasse d'attualità con il governo Meloni e l'attributo della
Sovranità alimentare al ministero per l'Agricoltura, il problema
dell'indipendenza produttiva si era già posto nel corso della pandemia e a
seguito dell'invasione dell'Ucraina da parte della Russia. Nonostante i timori,
nel caso del Covid-19 l'impatto sul settore agroalimentare è stato importante,
ma l'Italia ha retto bene, grazie anche ai regimi di protezione attivati
nell'ambito dell'Unione europea. La crisi scatenata dalla guerra sta invece
avendo una gittata ben più lunga, tra le esportazioni di cereali e oli vegetali
sulle rotte del Mar Nero e i costi aumentati all'inverosimile di due
“input” agricoli: mangimi e fertilizzanti.
La "crisi dei mangimi"
Per i primi era fortissima
la dipendenza dal mais prodotto in Ucraina, mentre i secondi provengono in gran
parte da Russia e Bielorussia. “In questo quadro spicca la situazione critica
relativa al mais. Sarà necessario importare circa 20 milioni di tonnellate, in
concorrenza con la Cina, che è il primo importatore a livello mondiale”, ha
sottolineato pochi giorni fa Massimiliano Giansanti, presidente di
Confagricoltura. Con i prezzi del gas necessario a produrre i fertilizzanti
ormai fuori controllo, pur volendosi affidare ad una produzione interna i costi
per le aziende agricole restano proibitivi.
“Potrebbero mancare i fertilizzanti, a causa della
riduzione della produzione, con punte fino al 50%, determinata dall’eccezionale
incremento dei prezzi del gas”, ha affermato Giansanti, precisando che si
tratta di "un problema mondiale in termini di prezzi e disponibilità. Se
ne discuterà durante la riunione del G20 che si terrà in Indonesia il 15 e 16
novembre”. Una parte importante del problema quindi non dipende tanto dal
numero di terreni coltivati, come ha lasciato pensare il ministro Francesco
Lollobrigida, affermando di voler recuperare un milione di ettari
“sbloccandoli” dai vincoli Ue. Le regole previste dalla nuova Politica agricola
comune riguarderebbero in realtà solo 200mila ettari, per i quali comunque è in
vigore una deroga fino al 2023.
La crisi si annida da un lato nel sistema produttivo
agricolo, troppo dipendente da pesticidi, mangimi e fertilizzanti, e a livello
industriale dalle scelte di molti marchi “italiani”, che in realtà preferiscono
reperire materie prime dall'estero a prezzi più bassi, rivendendo al contempo i
loro prodotti all'estero fregiandosi dell'aura tipica del Made in Italy.
Infine, i cambiamenti climatici, con una siccità quasi perenne che mette in
crisi tantissime colture, innanzitutto quelle idrovore, come il mais. “La
siccità e le temperature sopra la media stanno ostacolando il normale
svolgimento delle semine in vista dei nuovi raccolti” ha evidenziato il
presidente di Confagricoltura. Dopo questo inizio di autunno dalle temperature
estive, la situazione nei campi resta caldissima. Da ogni punto di vista.
https://liberauniversitrurale.blogspot.com/2022/07/dieta-mediterranea-un-falso-mito.html