Alla Dott.ssa Giada Bellanca il
riconoscimento della lurss.onlus “Ambasciatrice
dell’Identità Territoriale”
La consegna del prestigioso riconoscimento avverrà in occasione della II° edizione di Donne&Territorio organizzato dal Comune di Sambuca di Sicilia il prossimo otto Marzo alle ore 17.30 al Teatro Idea
Giada Bellanca, 31 anni, siciliana di Sciacca, medico
specializzato in emergenze e disastri, lavora da due anni per il Corpo Italiano
di Soccorso dell’Ordine di Malta con cui ha accompagnato le operazioni «Mare
Nostrum» e «Triton», al largo della Libia. Dal 15 dicembre scorso fa parte
dell’equipaggio della «Responder», la nave in missione di soccorso nell’Egeo
Il suo è un racconto
in prima linea, giorno e notte con turni di un mese a contendersi con il mare
la vita di chi fugge dalla morte: «L’Egeo è diverso dal Mediterraneo, lì
intervenivamo anche a 200 miglia di distanza, qui i tempi di salvataggio sono
brevi, due ore in tutto. Ma per paradosso è più pericoloso, perché è un mare
chiuso dove le correnti cambiano rapidamente e perché i migranti vedono la riva
e pur non sapendo nuotare contano di farcela mentre basta un po’ di vento perchè
affondino nelle acque gelide a pochi metri da terra».
«Una mattina all’alba
ci chiama la guardia costiera greca, erano i primi giorni di gennaio, un freddo
infernale. Tempo tre minuti e noi del team medico più due soccorritori siamo a
bordo della lancia diretti al luogo del naufragio, davanti ad Agathonissi,
l’isola detta degli spilli perché gli scogli sono a pelo d’acqua e i gommoni si
squarciano come fossero di carta. Mi accorgo al volo che tra quelle 50 persone,
quasi tutte famiglie siriane, c’è una mamma con in braccio un bambino di due
mesi in ipotermia profonda. Un altro di tre anni è già morto, ci sono diversi
ragazzini sanguinanti sulla riva. La donna urla in arabo, ha accanto il
marito e altri 4 figli, è ferita come tutti ma il piccolo non respira, il cuore
tace, la pelle ha un colore bluastro, marezzato. In casi così la salvezza è
questione di istanti, una lezione che insegna solo l’esperienza. Lo portiamo in
un capanno pieno di cani, c’è un tavolaccio ma almeno siamo a terra. Mi getto a
rianimarlo e non smetto fino al primo battito, un’ora dopo, uno sforzo fisico
enorme. Poi il bambino reagisce, apre gli occhi, è fuori pericolo...».
Da quando è in mare la
dottoressa Bellanca ha soccorso 14 mila persone, siriani, malesi, eritrei, un
matematico senegalese che voleva continuare l’università: «Il bimbo siriano e
la sua famiglia li ho rivisti due giorni dopo a Samos, cercavano il centro di
accoglienza, gli ho dato dei biscotti, erano poveri. Dopo li ho persi, come
tutti, quando congedandoci ci diciamo “insciallah” non posso e non voglio
sapere più nulla, ho fatto un giuramento e non m’importa chi salvo, da dove
viene, cosa fa. Li porto a terra mostrando loro la riva, “l’Europa”, e
ripetendo “you are safe”,
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