domenica 28 ottobre 2012

Alla ricerca delle radici perdute Seconda parte



Giuseppe Bivona

“Il tuo dio visibile  che fonde insieme le cose impossibili e li costringe a baciarsi… Oro,oro giallo ,fiammeggiante prezioso? . No ,oh Dei, non sono un vostro vano adoratore. Radici  chiedo ai limpidi cieli

W. Shake sperare “ Timone d’Atene “
                                                              Alice socchiude leggermente gli occhi, gli ultimi raggi di sole s’infrangono con le foglie cangianti del suo albero di noce ,  i colori si fondono e nello stesso tempo si confondono…
 Stranamente  i suoi occhi si posarono sul terreno dove prende avvio lo  sviluppo del  tronco:
 Chissà cosa ci riserva la gran  mole di radici !         
Che strano, pensava tra se e se Alice,  non sarà che  la metafora delle radici  permette  di far passare  per ordine naturale  la sottomissione  ad una autorità ? O giustificare la “tradizione?   Cosa vorrebbe comunicare questo singolare albero di noce  se la sua unica “espressione”   sarebbe costituita solo dalla sua  identità ?
Alice  rimane perplessa, non comprende appieno  perche la “tradizione “ abbia  la necessità di  una metafora .
 Cosa che non accade  invece per il progresso . l’uguaglianza,   e la libertà :  le sole in grado di spiegarsi da sole ….
  La folta chioma del noce nasconde la gran massa di radice: sono un immenso groviglio di esili filamenti , sparsi in tutte le direzione  , esplorano ogni tratto del terreno, si accrescono ogni anno …come la nostra  identità : cose vive e concretate , atti ,patrimoni , eredità,esperienze , legami , gesti ,  modi di dire,  simboli, ….
Forse senza il richiamo alle radici  un “tradizionalista” non riuscirebbe  a dirci come sia concretamente costituita  la tradizione o l’identità
In fondo  le radici sono  un simbolo  riassuntivo  che lega  l’uomo alla terra  , la vita umana alla natura
  Per Alice  l’albero . le piante  , le radici  hanno sempre costituito la  più semplice , ma nello stesso tempo la più profonda , configurazione dell’umano.

Eppure   nella storia sell’uomo, il richiamo alle radici,  paradossalmente   hanno costituito  le premesse  per rancori e odi, verso chi non condivide le nostre radici o  manifestato  intolleranze verso chi  non li riconosce

Alice non sembra avere  dubbi:  spesso le radici degenerano in alibi . La violenza nasce dal capovolgere  le radici  in frutto  e poi brandirli come rami, violando la loro nascosta profondità
La stessa cosa non è forse accaduto in nome dei diritti  umani dell’uguaglianza, della libertà ,o persino della fede?
Oggi viviamo in un tempo di continui “trapianti” , sembrano quasi logici  il vivere e lo sradicarsi frequentemente  senza curarsi della nostra capacità di “attecchimento” .
 Chissà ,pensò Alice se esistono persone che possono vivere senza radici ….le colture idroponiche nella loro insensatezza, producono.
No, non si può imporre l’amore  delle radici , a chi non le ha, non le sente , non le riconosce.
Il vero dramma della nostra epoca e la perdita delle “radici” ovvero dei legami, lo spaesamento, la solitudine, la vita labile e precaria che si agita sconclusionata.
Avere radici   vuol dire non esaurire la propria vita nel presente o nell’egoismo di una esistenza autarchica, nella consapevolezza che si viene da lontano , avere un passato e di certo un avvenire, coltivare la vita e non consumarla, amare le proprie origini e stabilirne connessioni .
L’atto dello sradicamento  evoca in se violenza , cosa che è completamente assente nel radicarsi.
Per la Weil lo sradicamento “è la più pericolosa  delle malattie della società umana”. 


 

lunedì 22 ottobre 2012

La neoruralità, tra vocazione e necessità

                                Dopo anni in cui i giovani si disinteressavano dell’agricoltura e all'allevamento, ora la politica di rigore estremo cui è soggetta la Spagna, e le sue conseguenze devastanti, ha portato a un numero crescente di giovani con un’istruzione superiore a fare del lavoro nei campi la loro professione, un trend mai registrato prima nel Paese.

I numeri presentati da Asaja (Associazione Agraria di giovani agricoltori), e spiegati dal suo presidente, Pedro Barato, mostrano che negli ultimi cinque anni 2.500 giovani si sono dati all’agricoltura in Castilla e León, mentre in Castilla-La Mancha, tra il 2000 e il 2010 sono stati 8764. Crescono con forza le vocazioni agricole, in parte a causa del crollo del valore del mattone, in parte per necessità. Ma ci sono altre ragioni. "La gente vuole lavorare in un'attività basata sull'economia reale, e poi vivere in campagna è più conveniente che in città", dice Pedro Barato. "Anche se quello che vogliono veramente è una vita diversa." Pertanto, l'esperto ritiene che " nell’agricoltura tira aria nuova."
La stessa aria che si respira in tutta l’Unione europea, dove la percentuale media della popolazione agricola è di 6,4%, rispetto al 4% spagnolo. Quindi questo movimento di ritorno - che si registra anche in Portogallo - ha ancora spazio per crescere in Spagna, dimostrando che il settore è in una fase di cambiamento strutturale completo. E vi sono prove evidenti di questa trasformazione. "La superficie coltivata a fragola ‘Huelva’ è aumentata dopo che molti laureati sono venuti a lavorare i campi", ha detto Eduardo Lopez, responsabile dei rapporti di lavoro per il coordinamento delle organizzazioni di agricoltori e allevatori (COAG).
E alcuni luoghi comuni stanno cambiando. Se il canone tradizionale vuole il contadino spagnolo generalmente di sesso maschile, di età avanzata (secondo la INE, ci sono 167 mila agricoltori che hanno più di 49 anni) e poco avvezzo alle tecnologie informatiche e le nuove tecniche agricole, casi come quello di Miguel Minguet, Juan Luis González, María del Mar Ferral o Miren Belate mostrano che, poco a poco, altri agricoltori stanno cercando il loro posto nei nostri campi.
C’è persino chi ha dato un nome a questo movimento: "I nuovi contadini". Così racconta Gustavo Duch, coordinatore della rivista Soberanía alimentaria, che tratteggia il ritratto di questi nuovi agricoltori. "Queste persone che rientrano nei campi creano aziende agricole piccole e sostenibili, fondate su coltivazioni biologiche. Inoltre, non desiderano utilizzare le sovvenzioni agricole europee e non fanno affidamento su grandi superfici per vendere i loro prodotti, vogliono il contatto con i consumatori e la distribuzione via Internet ."
Miguel Minguet è un giovane (37 anni) ingegnere, laureatosi in Inghilterra, che ha trovato nel riso il suo sbocco professionale. Coltiva 16 varietà diverse nel parco nazionale della Albufera (Valencia), e "nella sua vita passata" era stato consulente tecnologico: era venuto a lavorare per la compagnia automobilistica Ford. Ma nel 2008 ha dovuto prendere una decisione. O si metteva al lavoro nella fattoria di famiglia o questa avrebbe chiuso. Suo padre era avanti con l’età e aveva bisogno di un ‘erede’. Sono passati quattro anni: ora Miguel raccoglie un milione e mezzo di chili di riso. "Ci sono molti giovani che stanno tornando nei campi, ma ce ne sono altri che invece se ne sono semplicemente andati via," racconta Minguet.
Questo senso di appartenenza o di attaccamento al territorio che è anche un senso di appartenenza culturale, è proprio di Miren Belate, una 32enne di Pamplona che dal 2009 a Ilarregui (Navarra) ha un'azienda di 40 ettari con 75 vacche da latte. In queste terre verdi e ripide produce annualmente 340 mila litri di latte, che vende alla Danone. Per lei "il lavoro è vita, e il bestiame è una vita felice". Ha lavorato quattro anni come avvocato. Anni che, nella sua memoria, sono come una nuvola oscura. Non è stato facile. "Ho passato il periodo in cui tutti dicevano 'Questa ragazza è pazza', ma per me il bestiame non era solo una risposta alla crisi, ma soprattutto una vocazione", dice. "E 'stato un modo di usare la terra e il lavoro che per anni mia madre aveva svolto nel settore."
In fondo è un modo per riscoprire l'agricoltura e ricordare che, come dice Gertjan van der Geer, gestore del fondo di investimento Pictet Agricoltura, "le buone pratiche migliorano la qualità dei terreni agricoli, riducono l'impiego di beni strumentali agricoli e i costi."
Ma forse una delle lezioni più interessanti di questo nuovo trend è che non solo risponde alle difficoltà economiche, ma "è anche accompagnato da una ideologia politica e pensiero sociale che difende la vita di campagna e i valori ad essa associati e di cui, per inciso, noi tutti abbiamo bisogno ", sottolinea Gustavo Duch.
Un cambiamento fondamentale di cui le persone hanno sempre più bisogno. Maria del Mar Ferral, 37 anni, ora cammina tra i suoi 40 ettari di ulivi. Si tratta di una proprietà che appartiene alla famiglia, e ben presto inizierà a produrre, insieme al fratello Luis, l'olio con il proprio marchio Ferral. Maria, laureata in Relazioni industriali, ricorda che c'è stato un momento nella sua vita in cui spediva curriculum e pensava di trasferirsi all'estero. "Ma ho deciso di prendere in mano l'attività di famiglia, invece di cercare altre opzioni." E oggi ha la sensazione che sia stata la scelta giusta. "Nel campo faccio di tutto, tranne usare il trattore" dichiara con un sorriso complice. 
E' in italia? da noi complice una politica miope e inadeguata, ci sono timidi tentativi verso il modello europeo.Bisognerebbe incoraggiarli, piuttosto che boicottarle.Il futuro è degli ottimisti, gli spazi di discussione sulla tematica della neoruralità proliferano, anche grazie alle nuove tecnologie, ora bisogna organizzarle, per tramutarle in un innovazione di prodotto e di processo, senza precedenti. Nel mondo rurale, il tempo è maturo per avviare una delle rivoluzioni culturali destinate ad essere ricordate e tramandate alle generazioni future.

martedì 16 ottobre 2012

Alla ricerca delle radici perdute (prima parte)




Giuseppe Bivona

“Il bisogno di avere radici è forse il più importante e il meno conosciuto dell’anima umana.
Difficile definirlo. L’essere umano ha le sue radici nella concreta partecipazione attiva e naturale all’esistenza di una comunità che conservi vivi certi tesori del passato e certi presentimenti dell’avvenire.”
Simone Weil


                             La piccola casa bianca spunta improvvisa tra l’immenso verde dei vigneti , un piccolo astro luminoso , come voler disegnare il cielo sulla terra
Resta sullo sfondo  l’azzurro intenso del mare , un mare che affascina , richiama , emoziona….
Alice seduta  sulla sua  veranda poggia la tazza di caffè e il suo sguardo  si perde  oltre l’orizzonte.
Si, ha deciso non vuole più saperne  di tutti i mali cronici della moderna  società occidentale: disgregazione sociale , individualismo radicale, anomia, erosione del concetto di responsabilità sociale, egoismo,pericolo di tele democrazia, scomparsa di una qualsiasi nozione di bene comune capace di bilanciare  la pluralità degli interessi  particolari e si potrebbe  ancora continuare…
Perciò desidera vivere  una dimensione  comunitaria e come donna intellettualmente impegnata, ha da tempo individuato i tratti  più evidenti  del “disagio della modernità” che possono essere riassunti nella transitorietà , impersonalità ,frammentazione dei rapporti sociali , nella perdita dei sentimenti di appartenenza , nell’assenza di significati ed unità nelle vite dei singoli , nella separazione tra vita pubblica e privata , nell’isolamento e alienazione  degli individui.
Questa sua formazione culturale “ comunitari sta”  la spinge ad essere particolarmente critica verso il liberismo , basato essenzialmente sui diritti e concepisce noi stessi come esseri indipendenti , ovvero come soggetti  totalmente separati  dai nostri scopi…..
No, sostiene Alice , i nostri ruoli sono parzialmente costitutivi  del nostro essere sia che siamo cittadini di un paese , membri di un movimento sostenitori di una causa.  Ora se siamo  parzialmente definiti dalla comunità  dobbiamo essere coinvolti negli scopi  e le finalità di quella comunità
Perciò Alice auspica una società  formata da tanti”responsive communities” cosi da diventare  essa stessa una “società reattiva” .
La società civile è la realtà più avvolgente , composta  da numerose comunità di piccole e medie … come le famiglie , la comunità del vicinato , le chiese , le unioni di lavoro , le corporazioni , le associazioni professionali , le unioni di credito , le cooperative ecc.
La base della democrazia non è una atomistica autonomia individuale . La partecipazione  alla vita democratica e l’adempimento della libertà reale nella società , dipendono  dalla forza delle relazioni comunitarie  che offrono alle persone una misura del potere reale  per dare forma ai loro ambiti , compreso quello politico.
Alice  conclude le sue riflessioni ad alta voce. Si , questa  che prevedibilmente e stancamente  siamo soliti chiamare crisi , è invece uno spartiacque  da due diverse strategie del nostro tempo.
Una rinascita morale è possibile  senza cadere  negli eccessi del puritanesimo ,che la sicurezza personale si può raggiungere , senza trasformare il paese in uno stato di polizia,che la famiglia , senza  cui nessuna società è possibile , può essere salvata  dal disfacimento  senza violare i diritti delle donne , che la scuola  può fornire una educazione civica e morale  senza indottrinare i giovani , che è possibile vivere in comunità  senza trasformare nessuno in vigilante ed essere ostile verso alcunché .
Allo stesso modo un richiamo forte alle responsabilità di ognuno verso la comunità  che non vuol dire  un invito a retrocedere  sul terreno dei diritti  ma che anzi “ grandi diritti  presuppongono  grandi responsabilità”
 Analogamente  il bilanciamento  degli interessi personali  con le responsabilità sociali  non richiede l’annichilimento di se  o il sacrificio di ogni realizzazione personale .
Un “Io sociale”  è un “Io” più completo  e realizzato di uno rinchiuso a coltivare il proprio orticello

Brava Alice!!   
   

domenica 14 ottobre 2012

Il territorio, il vino e il Gattopardo. Viaggio nei luoghi del mito.



 




Sutera,Antonino
Il territorio, il vino e il Gattopardo: viaggio nei luoghi del mito / Nino Sutera.
S.I. ; s.n. 2008
1. Enogastronomia – Aspetti socio-culturali- Valle del Belice.
394.12094582 CDD-21                SBN   Pal0216041

CIP – Biblioteca centrale della Regione Siciliana “Alberto Bombace”
lurss.onlus@virgilio.it  



"Prendete un problema di qualunque natura (politico, sociale, culturale, tecnico o altro) e datelo da risolvere a due italiani: uno milanese e l'altro siciliano. Dopo un giorno, il siciliano avrà dieci idee per risolvere questo problema, il milanese nemmeno una. Dopo due giorni, il siciliano avrà cento idee per risolvere questo problema, il milanese nessuna. Dopo tre giorni, il siciliano avrà mille idee per risolvere questo problema, e il milanese lo avrà già risolto". 
 (citazione a memoria di una considerazione
di Giuseppe Tomasi di Lampedusa 1958  )







PREFAZIONE

Prof. Giacomo Dugo
 Ordinario di Chimica degli Alimenti dell’ Università degli studi di Messina
Direttore del Dipartimento di “Scienza degli Alimenti e dell’Ambiente Prof. Guglielmo Stagno d’Alcontres”)



In un momento di crisi dell’economia a livello internazionale e nazionale parlare di enoturismo, agriturismo, cultura del vino, il tutto rapportato alla storia del nostro territorio, non è soltanto opportuno, ma soprattutto essenziale per il rilancio definitivo di una regione che vive di agricoltura. Potrebbe sembrare scontata l’attenzione e la descrizione di un territorio che tutti dovremmo conoscere. In realtà il visitatore, inteso come ospite che percorre il nostro territorio, merita un’accoglienza fatta non solo di amicizia, ma anche di supporto per una migliore conoscenza della cultura espressa dal territorio non solo attraverso i suoi monumenti che tracciano un passato ricco di eventi e di storia, ma di tutto ciò che al turista serve conoscere relativamente alla tipicità dei prodotti della terra. Questi ultimi sono frutto delle politiche portate avanti da chi ha governato questi luoghi nei millenni precedenti.
Oggi il turismo enogastronomico si muove grazie ad una nuova classe di imprenditori, ma il significato di quest’Opera è che tutti nel nostro piccolo possiamo e dobbiamo comportarci da soggetti protagonisti di questo rinnovato sviluppo. Questo è possibile conoscendo la nostra storia, la storia del nostro vino e delle nostre tradizioni agricole, e sperando che le cucine dei nostri agriturismi non siano date in gestione a chi non conosce la cultura del vino né dell’olio di oliva, dei formaggi, delle conserve, dei dolci e di tutto ciò che di tipico possiamo offrire. Non solo la cucina dei Monsù, richiamata dall’Autore, ma anche quella povera siciliana, che nasceva dall’imitazione dei Monsù, classico esempio le sarde a beccafico ad imitazione degli uccelletti, appunto i beccafico, che imbandivano le mense dei ricchi, devono essere veicolate da tutti noi  ai nostri ospiti.

 PRESENTAZIONE 
                                               Prof.ssa Daniela  Torcetta

Consulente in politiche di sviluppo locale
 
Ho conosciuto l'Autore attraverso la rubrica “Un Villaggio di Idee”, pubblicata sul periodico Terrà, il multimediale dell’Agricoltura della Regione Siciliana – Assessorato Agricoltura e Foreste.
Da una lettura casuale ed entusiasmante per l’innovativa iniziativa ad una campagna di informazione e di promozione sul territorio siciliano, legati da una passione comune per le politiche di sviluppo locale oltre che da un sentimento di reciproca stima e di amicizia, mi ritrovo in questa presentazione.
Lusingata dalle continue sfide che Nino mi ha lanciato, in meno di un anno di collaborazione professionale come Agenti di Sviluppo locale,  con inviti in qualità di relatrice in vari convegni e con brevi articoli all’interno della predetta rubrica, ho accettato volentieri di presentare questo libro, che vedrà il susseguirsi di innumerevoli lettori.
Il testo si snoda come un viaggio inusuale attraverso insolite mete: le Terre del Gattopardo. Affiora la Sicilia “Agreste”, la Sicilia “dei grandi spazi e dai colori pastelli” e la Sicilia “delle tradizioni antiche e dell’arte culinaria”.
Ben articolato il percorso della monografia.  Da una prima descrizione del contesto territoriale, con un’esauriente analisi SWOT, l’Autore passa ad una seconda parte dove affronta il tema del Turismo, risorsa strategica del Terzo Millennio, attraverso le sue sfaccettature: turismo  rurale ed agriturismo, turismo enogastronomico, turismo verde, turismo naturalistico e paesaggistico, turismo culturale e relazionale.
Il Territorio, soggetto del primo capitolo pur nella mirabile interrelazione con alcuni elementi - esistenziali o potenziali,  che diventano il motore dello sviluppo endogeno ed integrato - interagisce con l’offerta turistica delineata nel secondo capitolo.
L’Autore trova il “trade union” nel concetto di Territorio, inteso non solo come entità fisica ma nella sua dimensione umana, nelle sue dinamiche interne, nella consapevolezza delle risorse locali e nella rete di relazioni interne ed esterne.
L’offerta turistica delle Terre del Gattopardo è costituita dal patrimonio dell’unicità delle risorse materiali e immateriali - quali storia, tradizioni e folclore, prodotti tipici, beni culturali, aree storiche, riserve naturali, bellezze paesaggistiche - in stretta relazione alla capacità degli attori locali, ossia i soggetti pubblici e privati, di salvaguardare  l’ambiente e di migliorare la qualità della vita delle comunità residenti.
La rete degli attori locali e delle imprese, da un lato; e la messa a sistema delle risorse che identificano il territorio: dalle risorse monumentali e naturali alle produzioni ed agli eventi tipici dei luoghi, nonché all’immaginario, quale “Il Gattopardo”, il romanzo di Tomasi di Lampedusa, dall’altro lato; costituiscono le nuove leve di sviluppo rurale nell’analisi delineata dall’Autore.  
Emerge, in breve, una componente del Turismo che trova la sua identità nel rapporto con la natura, nel ritorno alle radici, nel riannodare i legami con il territorio e con la memoria del passato.
La narrazione esplicita abilmente la figura dell’enoturista, il tema della multifunzionalità  e la loro correlazione con il patrimonio storico e letterario delle Terre del Gattopardo.
Nella terza ed ultima parte, l’Autore decanta la Sicilia del vino, il “nettare degli dei”, il “sangue di Dioniso”, l’ “ambrosia dell’Olimpo”, secondo alcuni degli appellativi con i quali i greci definivano questa bevanda.
Il vino rappresenta, in tutte le civiltà, un inno alla vita, all’amore, alla voglia di vivere, all’allegria ed alla convivialità ed è elemento importante nella vita dell’uomo. La cultura del Vino è in stretta relazione alla storia dell’Agricoltura, alla tradizione ed alla cultura di un territorio.
In questa terza parte del volume, il vino diventa un oggetto che identifica il territorio. L’Autore descrive le cantine locali ed i vini, i quali sembrano narrare la storia del territorio stesso. Il vino è un prodotto della terra, quindi comunica, è storia e cultura, è un elemento socializzante ed aggregante. Basta pensare alle degustazioni del vino nelle enoteche, nelle cantine e nel corso delle iniziative – quali fiere e sagre -  di valorizzazione e di promozione del territorio.
È importante trasferire, alle nuove generazioni, il know how, il patrimonio storico-culturale e lo stile di vita che il vino rappresenta, da sempre, in queste terre, anche per le prospettive future di sviluppo e di consolidamento. Il Vino, infine, che invita al “piacere della meditazione”, può essere fonte di raffinatezza, conoscenza ed elevazione dell’animo. L’Autore unisce, con graziosità di stile, il senso del gusto con il godimento intellettuale.
Si eleva, di riflesso, la Sicilia del vino nel contesto produttivo di qualità come espressione di una civiltà millenaria che ha saputo rinnovarsi valorizzando i territori, i vitigni ed un tessuto viticolo e imprenditoriale diffuso  nelle Terre del Gattopardo ma che potrebbe costituire una Risorsa  per tutta l’Isola.   
Il libro è da leggere perché l’intreccio mito, storia, geografia, natura e sviluppo del territorio si trasforma in una favola che trascina il lettore in una trama di cui essere attore/protagonista.
Attraverso la scorrevole lettura del testo sembra di vivere unrevival del Sapere Antico e dei Sapori Moderni, del Gusto, della Genuinità e della Sicilianità.
All’Autore va il merito di aver riscoperto una “Ruralità” antica, per la sapiente descrizione dei tradizionali prodotti agricoli e del vino, della gastronomia e dell’enologia; una “Ruralità” moderna per le tecniche e per la tecnologia usate nell’era della globalizzazione; ed una “Ruralità” inedita per il riscatto economico e sociale di una parte del territorio della Sicilia occidentale, le Terre del Gattopardo - sia per la componente etica,intesa come responsabilità e salvaguardia dell’ambiente e garanzia della “qualità del prodotto”, sia per la componente sociale, concepita come ospitalità, accoglienza ed amicizia nella condivisione di piatti tipici, presentati e valorizzati nel contesto di ogni evento.
La passione con cui l’Autore si è scommesso, per anni, nelle politiche di sviluppo locale la si scorge in tutto il volume, passo dopo passo. Sembra di intravedere un suo costante atteggiamento di “inter-esse” e di “inter-azione” con il Territorio, che appartiene “a chiunque lo viva” e non “a chi lo governa”, frutto di un atteggiamento mentale concreto, democratico e comunicativo di un Nino Sutera che guarda, con un “pizzico” di orgoglio, al naturale evolversi di “Un Villaggio di Idee” nell’inedita iniziativa “Idee in movimento”, su Terrà multimediale, per ambire all’istituzione di una Libera Università Rurale  in Sicilia.
Si sta riflettendo su LURSS come ad una struttura culturale-didattica incentrata, essenzialmente, sul recupero di una “neo- ruralità”, intesa come espressione di sobrietà, di ciclicità, del “fare” non disgiunto dal “sapere” mediante la creazione di laboratori specializzati ed innovativi.
 L’Università diventa Rurale perché nell’ateneo “all’aria aperta” il sapere accademico si incontra con la vita quotidiana delle realtà locali che devono crescere attraverso la multifunzionalità delle Aree Rurali, in continua evoluzione.
Un augurio affettuoso ed un ringraziamento particolare all’Autore e all’Amico Nino che - da quel “Giorno di idee” ad “Un Villaggio di idee”, inteso sia come rubrica sia come “Percorso InFormativo di sviluppo locale Sicilia 2015” sia come “best practice”,  alle “Idee in movimento, la scommessa socio-culturale di un network dove ognuno possa esprimere, liberamente, anche i “pensieri inespressi” con l’apertura degli orizzonti e con lo scambio planetario dei flussi di informazione e di comunicazione su argomentazioni di interesse territoriale.
Lo Sviluppo di un Territorio si realizza anche con le “Idee”, oltre che con il Partenariato pubblico-privato e con  la  Rete degli stakeholders, e, attraverso questo volume e le sue innovative iniziative in un rapporto di circolarità, Nino Sutera ne è il principale testimonial.    





 INTRODUZIONE
  
Dott. Sergio Pellerito
Dirigente Unità di Staff  Osservatorio per l’economia e lo sviluppo rurale
    Dipartimento Interventi Infrastrutturali
  Assessorato all’Agricoltura e Foreste  Regione Sicilia
                                                     Nel novembre 2008 a Palermo, è stata inaugurata la nuova sede della Casa editrice Feltrinelli, che in omaggio ai 50 anni dalla pubblicazione, ha dedicato una intera sezione ad uno dei romanzi più significativi sulla storia della Sicilia: “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, la cui notorietà è  connessa anche alla trasposizione cinematografica di Luchino Visconti.
A partire dalla spedizione dei mille di Garibaldi, viene ricostruito il conflitto tra classi sociali ed economiche, specchio del tormentato processo di unificazione dell’Italia dalle due velocità economiche.
 A distanza di 150 anni dalle vicende risorgimentali, la Sicilia del XXI secolo si colloca oggi nella svolta epocale della politica comunitaria, a seguito dell’ingresso dei nuovi Paesi dell’Est obiettivo “convergenza” .
La Sicilia come approdo/baluardo europeo del Mediterraneo, in un’Italia  la cui forte antitesi  socio economica tra Nord e Sud, tra  globale e locale, tra  federalismo e unità nazionale; la Sicilia che Leonardo Sciascia definiva “metafora” delle contraddizione e dei conflitti sociali nazionali.
Le Terre del Gattopardo ancora una volta sperimentano l’accoglienza e l’integrazione tra popoli ed etnie del Mediterraneo: l’agricoltura e la pesca si avvalgono del lavoro degli extracomunitari senza il cui apporto molte aziende avrebbero serie difficoltà economiche a restare sul mercato.
Il successo  del libro “Il Gattopardo”  è forse legato all’ eccesso, ai forti contrasti di colore, asprezza del paesaggio dell’entroterra, alla descrizione del contrasto tra la fatica umana di chi lavora e lo sfarzo di una aristocrazia borbonica latifondista ormai in declino.
Gli Uomini che faticano, pensano, investono e lavorano ci sono sempre.
I Giovani. Ho avuto modo nel corso di incontri, passeggiate, dibattiti e visite nei Paesi Sicani, di individuare nei Giovani delle Terre del Gattopardo una fortissima passione per il proprio territorio e una volontà di riscatto e crescita che sapientemente guidata da molti Giovani Imprenditori e Amministratori locali, sta  trasformando la chiave di lettura della “autopercezione” sociale.
Il gioco del rapporto tra il giovane Tancredi e l’Anziano Principe di Salina, ancorché in modo poco consapevole, si ripete nel tempo: i vari Giovani della Valle del Belice e dei Sicani hanno saputo rafforzare alcune intuizioni annusate e percepite dai loro Anziani, la cui capacità di guida all’interno dell’economia di molte famiglie di derivazione aristocratica o gabellotica è oggi di estremo interesse sociale.
Un plauso agli Imprenditori affermatisi in ambito vitivinicolo.
Ma come non sottolineare il ruolo delle decine di migliaia di piccoli agricoltori che coltivano con sapienza i loro vigneti conferendo il prodotto alle Cantine sociali del territorio. Il caso “Settesoli”, nella nostra Regione tacciata spesso di egoismo e di scarsa capacità di collaborazione, è  un incredibile risultato socio territoriale, non solo in termini di impatto occupazionale ed economico, ma anche di esempio del ruolo trainante dell’associazionismo e della cooperazione tra gli agricoltori.
Le Terre del Gattopardo costituiscono un’area ove i contadini hanno lottato, hanno colonizzato il latifondo, sottraendo la rendita fondiaria alle poche famiglie che come quella del Gattopardo,  vivevano negli sfarzosi palazzi di Palermo, nella capitale del Regno, con radici economiche fortemente consolidate nel contesto rurale.
Con l’avvento dell’Autonomia, l’entusiasmo regionalista ha espresso nelle Terre del Gattopardo molte personalità, da Intellettuali a Politici.
Nonostante la batosta del terremoto del Belice, la forza di riscatto del “popolo contadino” è stata tale da  riuscire a far ripartire l’economia locale, anche grazie al sostegno pubblico. Le famiglie aristocratiche e proprietarie terriere sono state sostituite da nuovi forti ceti medi dell’imprenditoria borghese agraria.
Il matrimonio di Tancredi (futuro Deputato), nipote del Principe di Salina con Angelica (figlia del campiere Calogero Sedara, Sindaco e poi Senatore) .
La capacità di percepire ed approfittare dei cambiamenti sociali, costituisce la sintesi della capacità in Sicilia dell’aristocrazia fondiaria di sopravvivere a se stessa, pur pagando un caro prezzo come la cessione di parte delle terre.
         Angelica richiama al ruolo della Donna. La bellezza e l’orgoglio della forte connotazione caratteriale delle Donne Siciliane emerge con forza nel Gattopardo. Rileggiamo insieme il suo ingresso a Palazzo, in cui Giuseppe Tomasi di Lampedusa fa percepire  sia l’aspetto estetico (profumi di crema e fragole) che la sostanza del carattere del personaggio:
“La prima impressione fu di abbagliante sorpresa. I Salina rimasero col fiato in gola; Tancredi sentì addirittura come gli pulsassero le vene delle tempie….Era alta e ben fatta, in base a generosi criteri; la carnagione sua doveva possedere il sapore della crema fresca alla quale rassomigliava, la bocca infantile quello delle fragole. Sotto la massa dei capelli color di notte avvolti in soavi ondulazioni, gli occhi verdi albeggiavano, immoti come quelli delle statue e, com’essi, un po’ crudeli. Procedeva lenta, facendo roteare intorno a sé l’ampia gonna bianca e recava nella persona la pacatezza, l’invincibilità della donna di sicura bellezza.”
Nell’ interessante  libro che presentiamo,  Nino Sutera fa riferimento alla splendida intuizione di lungimiranti operatori dello sviluppo locale, che hanno saputo avviare nel corso degli anni percorsi nuovi e affascinanti.    
Non volendo peccare di enfasi,  “sapore” “bellezza” “pacatezza” e “invincibilità” sopra descritti possano sintetizzare gli elementi spirituali e caratteriali del popolo Sicano, la cui storia è stata fatta e continuerà ad essere costruita sia dagli Uomini che dalle Donne.
Le Terre del Gattopardo hanno ricevuto in dote, quasi come riscatto sociale,  quello che in termini moderni di comunicazione, viene definito come “brand” o “marchio d’area”.
Attraverso “Il Gattopardo”, Tomasi di Lampedusa effettua una delle prime e più incisive azioni  pubblicitarie sia territoriali che enogastronomiche sulla Sicilia occidentale e il logo del “Gattopardo” potrà certamente continuare a rivestire una importante valenza in termini di sintesi identitaria.
Il marchio Gattopardo, attraverso una rapida ricerca su internet, apre ad una serie imprevedibile di contatti con ogni parte del mondo: dai vini della Sicilia (Sedàra, Tancredi, Donnafugata) alle scuole di cucina, dalle agenzie di sviluppo ai parchi letterari, dalle trattorie siciliane agli alberghi di tutto il mondo. 
La veicolazione del “made in Sicily” nell’area del Gattopardo, richiede inoltre il superamento dell’isolamento infrastrutturale (vie di comunicazine e digital divide) trasformando la marginalità in una opportunità di capovolgimento delle dinamiche di sviluppo endogeno.
         La sintesi del messaggio gattopardesco esprime forza, astuzia, inquietitudine, intelligenza, autoriflessione, cautela, lentezza, incertezza, coraggio: sono tutti elementi caratterizzanti l’indole dei siciliani  di origine Sicana, analogamente al “…paesaggio che ignora  le vie di mezzo fra la mollezza lasciva e l’asprezza dannata”, come spiega il Principe al Piemontese Chevalley.








 Un Villaggio di idee, da un iniziativa a un metodo
  
                Dott. Fulvio Obici                                                        Responsabile della Comunicazione
Programma Operativo Nazionale Ricerca e Competitività 2007-2013

     Questo libro è dei cittadini che risiedono nei territori ri-scoperti da un agente della competitività sostenibile del Territorio, un “viaggiatore esperto nel suo campo” e un generoso amante della sua terra di cui conosce Impresa e Territorio.  
L’iniziativa ‘Un Villaggio di Idee’ promossa dal Gruppo di Interesse Territoriale ‘Sviluppo Integrato e Sostenibile dell’Agrigentino’, coordinato da Nino Sutera, ha segnato un vero e proprio cambiamento, dando vita ad un modello, basato sull’ascolto e sulla partecipazione diretta dei cittadini. A questi ultimi viene, infatti, riconosciuto di essere i veri esperti della vita del Territorio in quanto ne percepiscono, nel quotidiano, il grado di qualità raggiunto. Questo ha impreziosito il loro ruolo con una connotazione non stancamente ‘rituale’ che caratterizza, a volte, gli ambienti di intercettazione dei Fondi strutturali.
‘Un Villaggio di Idee’ e questo libro, che ne è diretta espressione, hanno saputo cogliere questa feconda istanza di cittadinanza siciliana, nazionale ed europea, a favore di uno sviluppo sostenibile ed integrato del Territorio.
La partecipazione degli stakeholder, come componente integrante e strategica dei processi decisori, è stata sviluppata proprio per costruire il futuro competitivo del Territorio, interpretando e realizzando il disegno europeo di solidarietà e di aiuto verso i territori più deboli delle Regioni d’Europa. L’ approccio europeo, dunque, è stato usato come strumento per superare la classica divisione burocratico-amministrativa che caratterizza gli interventi nei vari settori dell’economia. Si è scelto un orientamento intersettoriale che vede l’agricoltura, la pesca e la ruralità - ambiti non estranei alla ricerca e all’innovazione - come componenti fondanti della più generale competitività sostenibile del Territorio e dell’Impresa.
Se si considerano l’azione dei cittadini e quella delle imprese decisive nel ‘campo’ della ricerca e dell’innovazione, bisogna tener a mente il monito enunciato nel Quadro Strategico Nazionale per la politica regionale di sviluppo 2007-2013[1]:
“Nella programmazione 2000-2006, alla visibilità degli obiettivi intermedi e all’impegno per conseguirli non si è accompagnata altrettanta tensione e mobilitazione sull’obiettivo finale, rappresentato dall’effettivo innalzamento del livello di benessere dei cittadini attraverso la competitività delle imprese e dei territori. Nella programmazione 2007-2013 questo obiettivo deve assumere assoluto rilievo e divenire il metro ultimo del confronto politico e sociale sulla politica regionale”.
Il precedente Programma Operativo Nazionale ‘Ricerca Scientifica, Sviluppo Tecnologico, Alta Formazione 2000-2006[2]’ ci ha permesso di collaborare a una nuova stagione di stakeholder engagement e siamo fiduciosi che, grazie alle risorse messe a disposizione tramite i Fondi strutturali, avremo modo di rilanciare e rinnovare il nostro reciproco impegno anche nell’attuale programmazione 2007-2013[3].
Per meglio sostenere questo reciproco impegno e per contribuire ed accrescere la conoscenza, la cooperazione e la partecipazione attiva dei cittadini in materia di ricerca e competitività abbiamo avviato un nuovo processo per la formazione di un vasto e stabile Partenariato della Comunicazione.
Il valore aggiunto del progetto ‘Un villaggio di Idee’ consiste proprio nel bagaglio di esperienze e di buone pratiche sviluppate con successo in Sicilia.
Il patrimonio evidenziato in questo libro di Nino Sutera è parte dell’immenso capitale di risorse umane e naturali che grazie all’Unione europea sta procedendo, lentamente ma con la giusta prospettiva di uno sviluppo sostenibile, verso una nuova stagione di protagonismo per la competitività sostenibile dell’Impresa e del Territorio.
Un Villaggio di Idee è l’esempio di quanto il confronto e lo scambio di esperienze siano importanti per lo sviluppo ed è proprio in questa direzione che dobbiamo tutti compiere uno sforzo, ricordandoci che la competitività delle imprese e dei territori deve essere sostenibile.


                      




[1] www.dps.tesoro.it/QSN/