sabato 26 novembre 2011

Neo ruralità e alimentazione



                                           “Der  mensch ist vas er isst “ l’uomo è ciò che mangia dice  Ludwig Feuerbach. Le nostre popolazioni rurali con altrettanto praticità  rispondevano:  “adinghi la panza , adinghila  puru di spini “ ( riempi la pancia , riempila anche se,di spine) .  
Un motto che nella sua semplicità   assicurava che tutto ciò che era naturale poteva essere considerato alimento,  era commestibile ,insomma il “cibo” era tutto ciò che poteva essere mangiato .  C’erto erano tempi in cui l’ingiustizia sociale faceva da corollario alla  povertà e alla  fame. Eppure  la povertà alimentare rurale spesso non era disgiunta da una “abbondanza frugale”  un apparente ossimoro ma  contrariamente alle condizioni di oggi ,che  pur paradossale che possa sembrare, al limite della illogicità , siamo perennemente  satolli e sovralimentati, ma  …sottonutriti.. La quantità primeggia sulla qualità ,i macronutrienti prevalgono  sui micronutrienti. Insomma in questi nostri  tempi moderni non abbiamo un buon  rapporto  col cibo, ( e non solo!) un giusto e misurato equilibrio:  viviamo  in  una perenne  esasperata apprensione  ,una fame insaziabile!.Le ragioni sono molte e complesse, le dinamiche economiche  che caratterizzano le vicende storiche dell’ultimo secolo ,non hanno risparmiato il cibo, l’alimento, che da un bene atto a soddisfare un bisogno diviene merce , cosi il suo valore di scambio prevale  o sopprime il valore d’uso.
Ma che cosa è successo alla nostra agricoltura? Quali profonde modifiche abbiamo apportato alla filiera alimentare?Cosa hanno di diverso i nostri alimenti rispetto a quelli consumati dalle nostre nonne?  Comprendere  la natura di tali cambiamenti  può aiutarci  a capire  come potremmo modificare il nostro rapporto con il cibo, per il nostro benessere e la nostra salute. Fin dai tempi fondativi dell’evoluzione degli ecosistemi, convergenti verso una sempre maggiore complessità, l’atto del “mangiare” è stato una relazione tra specie all’interno di sistemi che oggi chiamiamo catene o reti alimentari, oggi, vanno dall’uomo  e scendono giù fino al terreno. Le specie vegetali ed animali  sono entrati in una interattività ,  una relazione”coevolutiva” , si evolvono congiuntamente con quelle di cui si nutrono, sviluppando un legame di interdipendenza.
 Dicono le piante : “io ti nutrirò se tu propagherai i miei geni” . Un adattamento reciproco trasforma progressivamente una mela  in un frutto nutriente e gustoso  per un animale, e col tempo  attraverso tentativi ed errori  la pianta in generale  diventa più appetitosa ,dolce e attraente  al fine di catturare l’attenzione dell’animale e appagare i suoi bisogni, i suoi  desideri .Al tempo stesso l’animale acquisisce gradualmente gli strumenti digestivi come ad esempio gli enzimi. Nella catena alimentare è fondamentale  che gli elementi abbiano un buon grado di benessere  perché un disturbo potrebbe ripercuotersi su tutti gli altri organismi che  ne fanno parte. Cosi, se un suolo è malato   non strutturato o in qualche modo carente di qualche elemento nutritivo, si ripercuoterà sull’erba che vi cresce sopra, debole e malaticcia . La stesso varrà per le mucche che brucano quell’erba  e infine per le persone che bevono il loro latte .La lunga familiarità  tra certi alimenti e i loro consumatori ha dato luogo ad elaborati sistemi di comunicazione,sia verso l’alto che verso il basso della catena ,cosicché gli organi di senso finiscono per riconoscere i cibi che conviene mangiare dall’odore ,dal colore dal sapore .Perciò la maturazione dei frutti e spesso segnalata da un odore caratteristico,un colore brillante,un sapore tipicamente dolce, ma che opportunamente corrisponde al momento in cui i semi della pianta sono pronti  per andare via e germinare e non a caso coincide con la massima concentrazione di nutrienti e digeribilità . Oggi ,invece i cibi sono espressamente progettati  per ingannare i nostri sensi, attraverso aromi artificiali e dolcificanti sintetici depistando  il nostro odorato e l’olfatto .Con l’avvento dell’agricoltura ,diecimila anni fa , avvenne un grande mutamento  che peggiorò la salute  dell’uomo,provocando ogni sorta di carenza nutrizionale e non poche malattie infettive , messe sotto controllo solo nell’ultimo secolo. Ma il vero disastro lo abbiamo commesso nell’ultimo secolo : dal terreno fino ad arrivare al piatto sulla tavola, l’agricoltura industrializzata ha operato in una sola direzione , ovvero la semplificazione sia chimica che biologica . La nutrizione delle piante è affidata a tre macronutrienti  N,P,K , trascurando l’importanza dell’attività biologica del suolo , il contributo alla salute delle piante, dal complesso sistema sotterraneo  di batteri ,lombrichi ,funghi micorrizici. Le piante oggi sono più vulnerabili ai parassiti e alle malattie  e sembra si siano ridotte le loro qualità nutrizionali . Questa agricoltura ha “estratto “ dalla terra i macronutrienti  con un apporto di calorie non indifferente , ma questo guadagno quantitativo è avvenuto a spese della qualità Cosi  la vitamina C è diminuita del 20%  il ferro del 15% ,il calcio del 16% e le riboflavine del 38% , una vera inflazione nutrizionale  tanto che  tra qualche tempo dovremmo mangiare tre mele per avere la stessa quantità  micronutriente di una . Ma al declino della qualità  ha contribuito  la genetica e la selezione, indirizzata prevalentemente in funzione delle rese .Le nuove varietà di frumento nell’ultimo mezzo secolo hanno triplicato le rese  ma ridotto ,per esempio il ferro del 28%  ,lo stesso dicasi per gli ortaggi  come per le  mucche da latte . Ma non è finita , perché al peggio non c’è limite! La sciagura alimentare l’abbiamo compiuto negli ultimi decenni ,passando dalla “foglia” al seme” ovvero dall’utilizzo a fine alimentare  dalle strutture foto sintetiche “dirette”  alle  strutture conservative tipo  cariossidi delle piante
Ebbene, ci siamo chiesti perché il 75% del fabbisogno calorico e soddisfatto da 4 colture : mais, soia, grano e riso  e le loro coltivazioni interessano buona parte della superficie del pianeta? Per la semplice ragione che sono particolarmente adatti alle esigenze del capitalismo agroindustriale in particolare il mais e la soia . Queste piante sono eccezionalmente efficienti (mais c4) nel trasformare  l’energia del sole , i fertilizzanti ,l’anidrite carbonica e l’acqua in carboidrati ,lipidi e proteine racchiuse nel seme  i quali possono essere vantaggiosamente convertiti in carne, latticini, uova ecc. I semi possono essere facilmente trasportati per lunghe distanze , stoccati  per prolungati periodi e lavorati  nei modi più disparati ( vedi mais)
Ma, il diavolo fa le pentole ma si dimentica i coperchi, infatti la convenienza dell’agroindustria non coincide con le esigenze nutrizionali dell’essere umano che si è visto stravolto il modello alimentare  dalle fondamenta ,le cui conseguenze solo da poco tempo riusciamo a coglierne le implicazioni   . Ma cosa hanno di particolare le “foglie” intese nella loro eccezione di frutta ,verdura ortaggi che i semi (cariossidi ) non hanno?
 Le foglie forniscono nutrienti essenziali al nostro organismo  come antiossidanti ,fitonutrienti, fibre e soprattutto acidi grassi omega 3 . Ma gli omega 3 non si trovano nel pesce?  Si ma la ricchezza di questi acido grasso lo troviamo in alcuni tipi di pesce( azzurro) che  si nutrono di piante verdi  specificatamente di alghe .Ma, benedetto iddio, se lo producono le alghe, piante primitive  perché non dovrebbero produrlo le foglie di cavolo ,lattuga o spinacio? Ebbene ,si ,le foglie delle piante verdi producono questi acidi grassi nella membrana cellulare dei cloroplasti  dove contribuiscono alla captazione delle radiazioni luminose . Invece  i semi ,i cereali in genere sono ricchi  di omega 6 che servono come riserva di energia per lo sviluppo dell’embrione, ovvero della futura piantina.
Per  capire il  ruolo di questi due acidi, omega 3 e omega 6 bisogna leggere l’affascinante libro  di  Susan Allport :”The Queen of fats “. Questi due acidi essenziali hanno funzioni diversi nel nostro organismo . gli omega 3  hanno un ruolo importante nello sviluppo funzionamento del cervello nella permeabilità delle pareti cellulari, nel metabolismo del glucosio , nel controllo delle infiammazioni ecc. . Gli omega 6 sono implicati nell’accumulo dei grassi nella rigidità delle pareti cellulari  nella coagulazione del sangue . Poiché i due acidi competono tra di loro per lo spazio nelle membrane e per l’attivazione dei vari enzimi , è di estrema importanza è il mantenimento di un giusto rapporto tra i due acidi. Ebbene nella dieta delle nostre nonne il loro rapporto era di 1/3 , oggi siamo  arrivati a 1/12.
Ciò che vale per noi  e valso per gli animale ,i quali  sono stati privati del loro cibo naturale ovvero erba e foglie e sono stati rimpiazzati con sfarinati ipercalorici a base di mais e soia. Con quale risultato?  A parte lo stato di salute precario e il costante ricorso a sulfamidici e antibiotici,sono diminuiti ,nelle carni ,nel latte e nelle uova  gli omega 3 e aumentate gli omega 6 , inoltre spesso la selezione  delle piante coltivate ha un tenore in omega 3 nettamente inferiore a quelle spontanee vedi il caso della Portulaca o di alcune chenopodiacee.
Molti studiosi sono convinti    che questi livelli storicamente bassi di omega 3  e di contro,invece sensibilmente alti per gli omega 6 , siano responsabili di buona parte delle malattie croniche( cardiovascolari, diabete ecc.), sono da  associare esclusivamente al  nostro modello  di agricoltura e allo stile alimentare .
Una alimentazione degli animali a base di erba ,ovvero pascoli ,magari polifite cambiano radicalmente il profilo nutrizionale dei prodotti  come la carne, il latte formaggi e le uova . Non sono assolutamente commensurabili con quelli provenienti da allevamenti a stabulazione fissa e nutriti con sfarinati di soia e mais , perennemente ammalati e imbottiti preventivamente di antibiotici.
“ mangiare è un atto agricolo” disse con felice espressione Wendell Berry . Noi possiamo non essere solo semplici consumatori passivi, ma compartecipi  della creazione dei sistemi che ci nutrono
Secondo come spendiamo il nostro denaro nell’acquisto dei cibi, possiamo sostenere una agricoltura industriale  indirizzata alla quantità ,alla sola  convenienza, i cui “valori”  sono indifferenziati ,omogeneizzati ,banalizzati. Possiamo, di contro, spendere il nostro denaro per alimenti  trasparenti  intrisi di “valori” come la qualità e  salute .Si, salute, nel senso più ambio del termine. 

 Giuseppe Bivona
  

giovedì 24 novembre 2011

Il dono nella società contadina




Quel beneficio che si realizza nell’azione di donare è già contraccambiato se viene accolto con benevolenza;
l’altro beneficio, quello che consiste nell’aspetto materiale, noi non lo abbiamo ancora ricambiato, ma vogliamo ricambiarlo. All’intenzione rispondiamo con l’intenzione, ma siamo ancora debitori di un oggetto in cambio di un altro oggetto. Per questo diciamo che la riconoscenza consiste nel ricevere con buona disposizione d’animo. Tuttavia prescriviamo  anche di ricambiare il dono ricevuto con uno simile (Seneca)

Se il mercato è il luogo dove s’incontrano domanda ed offerta ,ovvero dove si scambiano  i beni divenuti nel frattempo merci, il dono è una modalità  ,l’occasione di incontro con l’altro,il prossimo ,il vicino,con la vita. Nelle società rurali lo scambio di doni era una consuetudine parecchio praticata  che ristabiliva e consolidava una forte intimità umana. Era un elemento essenziale nel fitto intreccio di relazioni  che consentiva alle persone, di avvicinare il donatore col ricevente , vedersi in volto, magari di penetrare lo sguardo anche intimamente . L’economia classica mercantile di oggi  è incentrata sui rapporti di forza ,da un lato la domanda ,dall’altra l’offerta, sempre in perenne ricerca di un equilibrio ,ossia la definitiva formazione del giusto  prezzo . Conclusosi l’affare  il legame si scioglie.  Ognuno dei contraenti prosegue per la propria strada.Tutto si svolge all’insegna della massima razionalità
Ma cosa accade invece quando un contadino fa dono,per esempio, di un cesto di frutta al suo vicino il quale ne è momentaneamente sprovvisto?  Innesca una serie di relazioni,aspettative,interdipendenze  che rinsaldano i vincoli. Ora il dono non è caratterizzato dalla razionalità  cosi come lo abbiamo descritto   nel contesto mercantile, perciò il ricevente , si sentirà ,certo in obbligo di restituire il favore , ma proprio perché scambiano beni e non merci, il rapporto è in perenne “disequilibrio”. E’ uno scambio paradossalmente “asimmetrico” che innesca “aspettative” diverse da parte del donatore rispetto al ricevente. Quest’ultimo si sente in obbligo morale e la sua preoccupazione sarà di contraccambiare la donazione. Questa perenne “oscillazione”  crea dei vincoli di reciprocità  che si estendono e si ampliano oltre la portata economica dello scambio.
Ora se immaginiamo che tali relazioni si istaurano ad ogni scambio  tra tutti i componenti  di una comunità , ne risulta  che la collettività  sarà pervasa  da un altissimo livello di coesione e di connessione sociale. Non a caso abbiamo chiamato  la società contadina “comunità” per la profonda e marcata differenza con la “società” industriale e urbana. La prima basata sulla collaborazione,la reciprocità e la coesione . La seconda ,da competizione, concorrenza , ipertrofia individualistica, dominata dagli interessi. Ma ritorniamo al dono.
Un esempio eloquente di dono nel mondo contadino era lo scambio di sementi,o di innesti di fruttiferi. Di solito la selezione era affidata all’anziano che prima di iniziare la raccolta delle produzioni orticole, si aggirava tra i filari selezionando i frutti migliori, per resistenza alle malattie, alla siccità, maggiore pezzatura migliore colorazione , gusto più spiccato. I contadini erano orgogliosi delle selezioni che avevano operato, ed era con sommo piacere  poterla donare a quanti,  parenti e amici,  gliene facevano richiesta .L’atto di donare la semente o un innesto di fruttifero di particolare pregio ,coinvolgeva il contadino perché quella semente era una parte di se stesso,per le tante cure che aveva profuso, delle attenzioni che aveva speso e delle  intelligenti osservazioni . Sapeva che i geni della progenie dei suoi frutti  si sarebbero  espressi in altri contesti e questo legava affettivamente sempre più il contadino con la sua coltura.  Ma la sua soddisfazione raggiungeva il massimo quando gli venivano mostrati i frutti che provenivano dalla sua semente . Non c’erano soldi, né compensi che potevano eguagliare tanta felicità. Cosi  valeva per tutti gli altri beni  oggetto di donazione, dove “interiorizzavano”  l’amore profondo con cui èrano fatti , lavorati  con le proprie mani ,con  prodotti di base di sua proprietà,  con cura e meticolosità .
Le società rurali non erano  certo  realtà idilliache, pacificate e sempre gioiose ,erano spesso pervase da conflitti e tensioni a causa dei rapporti di proprietà e delle condizioni  di miseria in cui erano costretti a vivere. Ma il prevalere della “comunità” sulla società , della solidarietà sull’egoismo, dell’economia del dono  su quella di mercato ,  della sobrietà sullo spreco, ci pone oggi,  in una realtà sempre più difficile da leggere, ad una attenta riflessione e riconsiderazione
Perciò l’economia del dono può essere il nuovo paradigma per la definizione e ricostruzione del “bene comune”.
 Giuseppe Bivona

lunedì 14 novembre 2011

Oltre la dieta mediterranea

Se volete salvarvi, alimentatevi con i cibi che preparavano e cucinavano le vostre nonne!
(Michael Pollan)
Se non l’avete ancora capito siamo dei grulli conclamati! Dei pirla collaudati. Viviamo in un
mondo di ladri, di ruffiani , di zoccole e… palafrenieri. Tutti intenti a massimizzare il risultato
con il minimo di sforzo! Dal sistema bancario-finanziario al sistema sanitario dall’informazione
al sistema agro-alimentare, ecc. Cosi il cibo , con cui ci alimentiamo ogni giorno,siamo in balia di
un esercito di farabutti ,ignoranti, speculatori e cialtroni …. Ora glossando lo scenario di uno
dei tanti film western, dove un vecchio becchino ,sdentato si affannava a rincorrere dei
pistoleri , per prendere le misure ,perché ormai potevano considerarsi sicuri “candidati
obitorio”…. , noi invece, acculturati e raziocinanti , ci scaviamo la fossa con le nostre mani o
meglio con ….la bocca.
Il tracciato è ormai disegnato ,segue un percorso da tempo collaudato . Le tappe sono
stabilite da un gigantesco megafono pubblicitario che si impegna quotidianamente a
ricordarcelo. Direte ! Ma quanto è lunga la filiera? Da dove parte? Siamo tutti coinvolti? Si salva
qualcuno?
Ebbene ,l’avvio parte dai macellai , per continuare con i suoi cugini salumieri , passando dal
caseificio, al bar ,alla pasticceria, rosticceria, ai prodotti da forno fino alla farmacia per finire al
medico di famiglia . all’ospedale, al primario ed eccoti …all’obitorio
. Trattasi di una affollata consorteria, radicata profondamente nel tessuto sociale che ha
pervaso il nostro comune sentire, soggiogati e impotenti, resi incapaci di disporre di un
pensiero “alternativo” ci siamo consegnati armi e bagagli. Se pensate che per secoli la
medicina ufficiale fu affidata ad emeriti cialtroni che si sono avvalsi d soli clisteri e sanguette ,
senza porsi le ragioni delle “cause” della malattia ,capite ,cosa abbiamo ereditato ?
Oggi la nostra salute è in mano ai peggiori , pendagli da forca ,spregiudicati e avidi , titolati a
gestire una “azienda” sanitaria dove l’attivo coincide con la degenze ovvero con i malati ,con
coloro che soffrono, questi sono l’attivo del bilancio!. Se l’ospedale non è sufficientemente
affollato il suo bilancio va in “rosso”. Perciò gli operatori sanitari non possono che gioire
quando vedono arrivare folte schiere di ammalati desiderosi di curarsi., lunghe schiere di utenti
attendere impauriti e rassegnati ai banchi per l’accettazione E’ cosi che gli appartiene questo
mondo,( avrebbe detto Pasolini) ,rampolli di una casta di scellerati ,”mediocri e normali” , avete
affollato per anni come un carnaio le aule di medicina, comprato laure, falsificato diplomi, rotti
ad ogni compromesso. Il loro benessere è in funzione dei soggetti che si ammalano ,hanno
imparato a curare i sintomi ,le cause vere non vengono indagate .Non sono mica scemi!. Cosi in
questo zozzo mondo accade che il contadino che produce frutta e verdura, cibi vitali per
mantenere in buona salute la gente, vive al limite della sussistenza e di contro l’industria
farmaceutica eleva i suoi profitti grazie alla sempre più intensa farmaceutizzazione ed
ospedalizzazione della popolazione. Tuttavia questo sistema nel breve periodo sarà destinato
ad implodere , le risorse per coprir la voragine, ovvero questo “buco nero” della sanità pubblica
non saranno più reperibili dalle entrate bilancio. Perciò cerchiamo possibili soluzioni ovvero
idee “alternative”
Libera Università Rurale Saper&Sapor www.sicilianplus.it
info@sicilianplus.it
Nella antica Grecia i filosofi facevano affidamento all’episteme , ovvero ad un discorso che si
regge in piede da se ,che ha tutti gli elementi sufficiente a convincerci della bontà del discorso ,
che ha radicate fondamenta. Perciò andiamo per ordine:
Il nostro “ motore” corpo umano è stato “messo a punto” in un contesto in cui il carburante
aveva solo due prerogative essenziale: essere vegetale ,frutta verdura ,ortaggi ed
essenzialmente crudi! Il fuoco viene molti mill’enni dopo! Come?, Crudi?, Vi chiederete stupiti.
Si, per tutti i cialtroni che popolano le università agro alimentari vale il principio che le
sostanze nutritive ,in natura ,amilacee, proteiche e lipidiche contengono “naturalmente” gli
enzimi atti a scomporli in molecole semplici per poi divenire atti ad essere assimilati . Gli ascari,
che da decenni popolano le nostre cattedre, al soldo delle industrie agroalimentari., non ci
hanno mai spiegato che la digeribilità di una mela o di una cicoria è “maggiore “ allo stato
crudo e si riduce sempre più la sua digeribilità con la cottura prolungata!
Ma proviamo a descrivere questo “motore” umano.
Il suo carburante è il glucosio ovvero lo zucchero che segue il suo percorso naturale a
condizione che gli organi di “controllo non vengano alterati . Cosa vuol dire? Che il fegato ,ad
esempio non sia intasato e sovralimentato da un eccesso proteico. Bene il nostro dramma
salute inizia con l’eccesso di proteine! . Noi non siamo ne carnivori che hanno un pH basso 3-4
ne disponiamo dell’enzima ureasi ,ne erbivori pH 9- 7 poligastrici , ruminanti.. La nostra
coevoluzione di primati col mondo vegetale si rapporta con l’alimentazione fruttaria la sola in
grado di garantire una disponibilità di carburante adatto al tipo di “motore” convenzionato!
Oggi nei carrelli della spesa e sulle nostre tavole sono presenti sostanze alimentari che i nostri
organi metabolici non “riconoscono” perché estranei alle originarie funzioni , vedi le formule
degli acidi grassi trans (margherita),gli additivi ,i coloranti gli integratori sintetici ecc . le prime
reazioni sono sempre di intolleranza e poi si tramutano in allergie , insomma i “segnali” di
avviso il nostro corpo ci manda, eccome! Ovvero accende la spia rossa! Ma cosa è cambiato
nellìalimentazione dal tempo delle nostre nonne?
Negli ultimi cinquantenni abbiamo assistito ad un vero e proprio saccheggio delle abitudini
alimentari sia in termini qualitativi che quantitativi. Dal pane integrale molito da mulini a pietra
lenti e “freddi” ,siamo passati ai mulini a “cilindri” veloci, per produrre farine 0 e00. I processi
di lievitazione e acidificazione naturale delle paste dove si “selezionavano i lieviti “buoni” sono
state sostituite con la lievitazione “chimica” veloce ,pratica delle farine bianche, salvo poi
ritrovarci con il pane affetto dal “filante”. Moltissimi prodotti ,destinati ai bambini ,dalle
tortine,brioscine alla coca.cola e bevande zuccherate e gassate ecc , dovrebbero essere
contrassegnate con il teschio “ nocciono gravemente alla salute” invece questi criminali li
pubblicizzano in ogni ora del giorno. Un caso va riservato alla spazzatura chiamata “nutella”
con cui milioni di madri ignoranti e rincoglionite dalla pubblicità alimentano da mezzo secolo i
loro figli!
L’alimentazione ,contemporanea e successiva allo svezzamento dei bambini congiunta alla
vaccinazione è la principale causa delle malattie cosi dette “esantematiche” , ovvero
l’ostruzione di un normale processo metabolico che in presenza di una deriva di cibi spazzatura
“infiammano” taluni tessuti ed il corpo intelligentemente reagisce con manifestazioni di
disintossicazione accompagnate da benefiche febbri.
Ma cosa bisogna intendere per sano e giusto processo metabolico?
Intanto la nostra fonte di carburante alimentare è conferita essenzialmente da frutta
,verdura,semi . Il più che possibili crudi, ricchi di “energia” .Cosi possiamo disporre di una
perfetta circolazione del sangue ,fluido e ben ossigenato che raggiunge tutte le estreme
periferie dei tessuti nei nostri organi , consentendo alle cellule di scambiare attraverso una
efficiente membrana ossigeno e glucosio.
Oggi alla luce di queste considerazioni la cosi detta dieta mediterranea va riconsiderata almeno
nel suo aspetto relativo alla “piramide alimentare “ ,ponendo alla base ambia e spessa ,frutta e
verdura seguiti da cereali integrali e olio di oliva , il resto sappiate che il vostro corpo lo può
solamente ….tollerare!

Giuseppe Bivona



Alice nel paese del…..mandorlo in fiore
Giuseppe Bivona


(Stelle ed alberi da frutto in fiore: la permanenza totale e la fragilità estrema….,danno ugualmente il senso dell’eternità)
Simone Weil


“Fillide principessa della Tracia ,si innamora perdutamente di Acamante il figlio di Terseo che partecipa alla guerra di Troia . Al ritorno dalla guerra l’amato non è sulla nave. Fillide per nove giorni l’aspetta sulla spiaggia, poi straziata dal dolore muore. Athena pietosa la trasforma in un albero di mandorlo.Dopo pochi giorni Acamante però ritorna e abbraccia forte forte l’albero fino a farlo fiorire. Era pieno inverno”
Ad Alice queste storie quasi la commovevano e poi sotto sotto celavano sempre una metafora : della vita che ritorna, della speranza che non va mai persa.
Saliva lenta sulla vecchia strada lastricata che si snodava tra i ruderi dell’acropoli senza staccare lo sguardo dagli alberi di mandorlo in fiore che sparsi qua e la, affioravano dalle rovine, mentre giù nella Valle dei Templi lo spettacolo era mozzafiato.
“ Aspetta “disse Alice ,mentre il Gufo con passo più spedito voleva raggiungere al più presto il Tempio della Concordia “Non ti pare un po’ strano che il mandorlo decida di fiorire alla fine di gennaio? Secondo te perché mette a rischio la sua fruttificazione, ovvero la sua progenie, sapendo che i rigori invernali possono compromettere la discendenza e quindi la sua esistenza come specie? Ho l’impressione che questa pianta sia un po’ vezzosetta ,somiglia a certe donne che forti della loro bellezza vogliono primeggiare ,aspirano ad atteggiarsi,come sul dirsi a “prime donne”
Il gufo si fermo, attese che si avvicinasse e con un sorriso compiaciuto rispose.” Vedi ,noi “occidentali” siamo impregnati fin dentro le ossa di una cultura antropocentrica di derivazione giudaico-cristiana, che vuole il creato e le sue creature messe a disposizione dell’uomo cosi fino ad immaginare ,magari, che la fioritura del mandorlo servisse a rallegrare lo spirito dell’uomo. Bè, proviamo a capovolgere questo modello “culturale” e analizziamo le cose dal punto di vista del mandorlo.” Alice si sedette su una grossa pietra e curiosa attese le “ragioni” del mandorlo. Cosi il Gufo continuò.
“Stando ai rilievi paleobotanici troviamo negli antichi insediamenti ,semi di mandorlo ….amari, si, di quelli ,non solo cattivi da mangiare, ma che contengono una sostanza velenosa, l’amigdalina ovvero …il cianuro. Tu ,conoscendoti, penserai ,a maggior ragione l’attenzione dell’uomo primitivo non poteva che essere rivolta alla fruizione estetica ,estasiati da questa improvvisa fioritura e di tanta inaspettata bellezza.
Invece no! Il mandorlo ha dovuto “avvelenare “ i suoi frutti per difendersi dall’ingordigia degli uccelli e dei roditori che attratti dal dolce gusto dei semi pregiudicavano, mettevano in serio pericolo, la sua discendenza ,il futuro della specie.
Poi un giorno di una tarda estate, di cinquemila anni fa ,nel periodo del bronzo , un bambino tanto curioso quanto affamato mise in bocca un seme che stranamente risultò dolce e piacevole: era incappato in una mutazione genetica con la fortunosa coincidenza che il carattere dolce era dominante ,cosi messi a dimora i semi la maggior parte degli alberi diede frutti dolci e commestibili . Così da quel giorno l’uomo pose sempre più attenzione alla coltivazione del mandorlo ”
“Ho capito “ disse Alice,” ma non mi hai ancora spiegato le ragioni della sua scelta, circa la fioritura cosi precoce, al limite del suicidio”
“Il mandorlo” riprese il Gufo è una pianta a “bassissimo fabbisogno in freddo” come dicono gli agronomi, ovvero contrariamente ad altre piante fruttifere necessita di un breve periodo di riposo invernale. Tu ,dirai: Hebbè ? Ebbene il mandorlo è originario delle zone aride dell’Asia centrale dove la disponibilità idrica ha un ruolo determinante nel successo della vita delle piante. Ora devi sapere che i fruttiferi appartenenti alla famiglia delle drupacee, fanno un grosso “sforzo” energetico per elaborare il guscio ovvero l’involucro dove proteggere il seme, e questa fatica comporta un dispendio non indifferente di acqua. Che strategia ti escogita il nostro mandorlo in una realtà ambientale dove l’acqua scarseggia?.
E cosi che il mandorlo cocciuto come un mulo, scommette,come fa un giocatore di azzardo ,punta tutto sull’anticipo della fioritura per svolgere il suo ciclo vegetativo nella stagione primaverile o inizio estate , dove in questo nostro clima mediterraneo ,la speranza di qualche pioggia ,è ancora persa!”
Ma Alice “ il gioco secondo te, vale la candela?” “ Certo” disse sicuro il Gufo “Tra tutta la frutta secca disponibile, il mandorlo arriva prima sul “mercato” anticipa tutti, il pistacchio,la noce ,le nocciole … Sai , sono concorrenti temerari, in fatto di bontà ,non fanno sconti a nessuno!
Già dalla fine dell’estate molti animali si preparano per il letargo invernale e nella loro dieta è fondamentale attingere all’energia contenuta nei semi dotarsi di una buona scorta di omega 6, la stessa che in primavera ,quasi per miracolo si trasformerà in omega 3 in risposta alle nuove ed impegnative esigenze degli animali. Ma questo è un altro discorso”
Ora Alice era arrivata in alto sulla collina ,dove il Tempio della Concordia domina la Valle e si apprestava a scendere per un viottolo che fungeva da scorciatoia. Ad un tratto senti una folata di vento che la investi alle spalle, ebbe la sensazione quasi di brivido ,strano, pensò, in una giornata tutto sommato piacevolmente tiepida. Ma il vento si estese, investi tutta la valle e come per incanto strappo tutti i petali, di tutti i fiori di mandorli che erano già stati impollinati. Il vento prima li sospinse tutte in alto ,poi come per incanto ,cesso la sua furia, mutò in una calma piatta . Fu cosi che Alice vide una cosa unica e straordinaria, una meraviglia delle meraviglie….I petali leggiadri come fiocchi di neve scendevano soavemente al suolo, ma mentre scendevano volteggiavano lasciando intravedere quel poco di tocco rosato che anche nel fiore aperto avevano tenuto nascosto ! .
Corse lungo il pendio incurante del pericolo voleva che quei fiocchi di petali le scendessero sua chioma, voleva prenderli e accarezzarli con l’ingenuità di una bambina. Riuscì a prenderne uno e lo distese sul palmo della mano. Si, la parte basale del petalo che si attacca al ricettacolo era lievemente rosato, un rosa sempre più pallido che sfumava dolcemente verso il più esteso bianco. Ora i petali cadevano copiosi sulla sua testa ,ma Alice restava fissa ad osservare quel piccolo petalo . quel pedicello rosato somigliava per un verso al colore del suo viso, ma ancor più, corrispondeva al suo umore quasi a simboleggiare i pensieri profondi , che stanno giù, nascosti in fondo all’animo e che solo rare volte nella vita riescono ad emergere , affiorare.

venerdì 11 novembre 2011

Le mie due amiche

Le mie due amiche


                                                                     La mia amica Adriana vive a Palermo,  è sposata,dirige una importante azienda e, come tutti gli anni per le vacanze estive gira il mondo: questo anno andrà in Baviera.
La mia amica Rosina vive in campagna, poco distante da un piccolo paese, posto ai piedi della Sila  in Calabria è sposata ,fa la casalinga non è uscita di casa se non poche volte per andare a Bari dove studia la figlia e in qualche caso a Cosenza. Gli si spezza il cuore quelle poche volte che resta lontano dalla sua dimora!.
La mia amica Adriana vive in una grande città ,dove non manca niente, si trova tutto ,ristoranti cinema ,teatri, negozi dove sono accatastate montagne di merci. Con i soldi può avere  tutto ciò che le serve , qualsiasi bene desideri ,con il denaro tutto è convertibile in merce . Non le manca niente ha tutto e di tutto, poco importa se siano utile o no , l’importante che ti fanno obnubilare i patemi d’animo  dell’esistenza. Se poi ti perdi  tra i rumori infernali del traffico  o ti lasci abbagliare dalle insegne luminose , l’esistenza  te la fanno proprio dimenticare.
Rosina, la sera va a letto presto, la notte è silenziosa e buia per definizione , dalla sua casa si intravedono la fioca luce emessa dai pochi lampioni del paese. Non esistono insegne luminose , ne cinema ne ristoranti ,ne Mac Donald’s ne toilette per cani . Spende pochi soldi  non compra quasi niente  fa tutto in casa , alleva polli ,conigli  ,due caprette . Cura l’orto , le produzioni rispettano la stagionalità, non Le  manca niente, conserva  quasi tutto  e non spreca nulla. Insomma gestisce una economia domestica “autarchica” Non ha molti soldi , compra poca merce ma ha molti beni . Le manca … il superfluo . Un piccolo furgone  della nettezza urbana  passa davanti casa sua una volta la settimana per ritirare un paio di striminziti sacchetti  di immondizia . Rosina sa poco e niente di riciclaggio della spazzatura. Semplicemente Non produce rifiuti!
Adriana invece consuma ,consuma , Lei si che contribuisce a far lievitare il PIL. I cassonetti  della spazzatura , poco sotto casa sua sono sempre stracolmi, traboccanti, sempre più insufficienti ,segni nauseabondi di opulenza  . Guai se  per un accidente qualsiasi, gli addetti al ritiro ritardano un giorno! Adriana veste elegante  con gusto  segue la moda senza esserne “ossessionata” Le piacciono i capi di abbigliamento firmati e il suo guardaroba  è zeppo . Si  perche volente o nolente è “costretta “ a cambiare. Pare che un energumeno  armato di mazza ogni tanto scandisce un gong e sancisce la “fine” dei capi di vestiario o cose similari , una obsolescenza ad orologeria ,ma sempre  anzitempo,   decretandone la dismissione indipendentemente dallo stato di deterioramento o dello scadimento sia esso naturale o fisiologico. Il marito, poveretto, col passare degli anni è sempre più preoccupato! Chissà che….
Rosina  è una nemica, inconsapevole,del PIL , non spende quasi niente  risparmia su tutto , non spreca .La sua modestia nel vestire le dona una grazia agreste , si sente in armonia col suo mondo rurale . Il suo rapporto con le “cose “  che usa ,compreso il vestiario, è a momenti “affettivo “ sembra istaurare un rapporto di stretto attaccamento  , sono parte intime del suo vissuto, gli utensili che la circondano  non hanno solo una loro utilità ,ma sono la cristallizzazione della memoria un legame col passato di ricordi,richiamo di occasioni speciali . Il suo vestiario lo dismette  , a malincuore, dopo diversi anni, ma perché lunghi e intensi bucati li hanno irrimediabilmente sgualcito .
Adriana vive una vita intensa e dinamica in un contesto sociale dove i mutamenti sono rapidissimi  al punto che spesso quello che ieri ha imparato non necessariamente le potrà servirà domani . fa sempre più fatica a stare dietro i cambiamenti , mentre l’area dell’esperienza si contrae sempre più.
 Così per Adriana con queste modificazioni rapidi e incessanti , rendono il suo futuro  e sempre meno “immaginabile” sempre meno prevedibile  , un orizzonte poco nitido . Abbassa  perciò sempre più la sua pretesa sul futuro, non intende investire più di tanto, non ha particolare richieste  da avanzare. Allora vive intensamente il presente  dilatandolo  fin quando e fin tanto è in grado di gestirlo.
Rosina è immersa in una realtà  “tradizionale”, a lento sviluppo , a basso indice di progresso , perciò il presente si distingue poco dal passato . Col tempo è divenuta sempre più ragionevole più riflessiva , più saggia .  Non invecchia . Si, con l’età la sua bellezza “esterna” sembra trasferirsi  verso “l’interno”. Non ha mai abbandonato l’idea che valga la pena sacrificarsi oggi, nel presente, per un futuro certo e migliore
Le mie amiche  sono “diverse” e “distanti”,”lontani”,  non si conoscono, ma di una cosa sono certo:
Questo mondo per Adriana ha una “scadenza” ovvero un prodotto da consumarsi entro e non oltre il(……) anno più anno meno, è una freccia scoccata, mira dritta , senza ritorno.
Per Rosina , il” suo”  mondo , non è infinito ma di certo a lunga conservazione. Ella  lo preserva e lo custodisce con cura per i suoi figli , nipoti e pronipoti ,…. poi si vedrà .
Ma le mie amiche per quanto” lontane”  stanno  navigano nello stesso mare ,vivono sulla stessa zattera , perciò prima o dopo  debbono mettersi d’accordo in che direzione  volgere la vela!

g.bivona@yahoo.it 





La fine delle rane

La fine delle rane


                                           Un giorno, un gruppo di rane, incuranti degli avvertimenti suggeriti dai più anziani ,circa i pericoli insiti nel mondo “esterno”,decisero di allontanarsi dallo stagno in cui vivevano. Chissà come,
per uno strano, quanto accidentale caso ,caddero in un pentolone che da poco era stato messo sul fuoco. Alle rane la cosa non dispiacque, anzi  quella temperatura, li consolava dei tanti rigidi inverni  passati allo scoperto nello stagno. Gioivano  e sguazzavano felici per tanta fortuna. Intanto ,anche se lentamente ,il fuoco continuava a riscaldare il pentolone: ma le nostre rane non sembravano impensierirsi più di tanto ,. Non era forse questa la temperatura ideale che avevano sempre sognato?.Non era  l’eterna estate tanto agognata?! Alla faccia di quei quattro vecchi ranocchi, bavosi e pavidi, sempre pronti a frignare se qualcuna delle più giovani si allontanava di qualche metro!. Ma inesorabilmente il fuoco riscaldava sempre di più l’acqua del pentolone . Qualcuna,avvertì le compagne che sul fondo del pentolone la temperatura dell’acqua era piuttosto calda quasi insopportabile : “E tu allontanati dal fondo!” dissero irritate  le  compagne . La temperatura dell’acqua in superficie ,anche se calda ,era ancora sopportabile. Le più ottimiste , ricordavano che pure nello stagno l’anno passato l’acqua nel mese di agosto era spudoratamente calda . “Vedrete” –aggiunsero costoro-“non durerà molto , la temperatura dell’acqua ritornerà alla normalità” .
Per un attimo quasi si convinsero che la temperatura sembrava essersi stabilizzata , qualcuna addirittura giurò che si sentiva più fresca!.
Ma l’acqua continuava a scaldarsi. Una rana avverti la compagnia ,che dal fondo aveva visto “staccarsi” delle bollicine , che veloci salivano in alto e…poi con  tonfo sordo esplodere in superficie
“ Ma cosa vai cianciando” dissero incurante del pericolo le altre .”Vedrai come ci divertiremo, se ci lasciamo trascinare in alto da queste bolle”! Un ristretto gruppo,  dotato di fervida fantasia , immaginò in quelle bolle che esplodevano in superficie quasi fossero…note musicali ! Anzi ,ora che divenivano sempre più ritmiche , alcune rane ….. iniziarono a ballare! Nella danza divenuta frenetica furono coinvolte tutte, comprese  le rane più pessimiste. Ma via! Pensavano,in fondo prima o poi  la temperatura dell’acqua si dovrà stabilizzare!  Invece l’acqua , implacabilmente ,continuava a scaldarsi.
Ora le voci  del dissenso si facevano sentire sempre più forte , particolarmente adirate  le prime  rane che avevano avvertito in anticipo del pericolo. “ Stiamo calmi e uniti, troveremo una via d’uscita : come siamo entrati ,così usciremo!” Disse la rana che si considerava  la più esperta  del gruppo. Qualcuna suggerì che conveniva restare ferme, immobile ,perché cosi si sopportava meglio il caldo ; qualche altra, più spiritosa, propose di soffiare tutti insieme per raffreddare la superficie dell’acqua. Ma il panico ormai  si stava diffondendo a macchia d’olio ,contagiando tutti .  I più avevano deciso: era ora di abbandonare la pentola .La vicenda purtroppo ,era destinata a tingersi tragicamente di nero. Il livello  dell’acqua nel pentolone, per lenta evaporazione ,si era abbassato  e per quanti sforzi le nostre rane facessero per saltare fuori …ricadevano sfinite nell’acqua ormai quasi bollente.
Da  anni, con la mia famiglia, faccio il bagno nel mare antistante le dune sabbiose della riserva “Foce del fiume Belice” Un tratto di mare nel cuore del canale di Sicilia , dove le correnti ,sempre attive, rendono la temperatura dell’acqua particolarmente fredda .Ricordo  che le giornate  propizi  ad un piacevole bagno erano allora veramente pochi , si contavano come le dita di una mano. Ma ora ,da qualche anno a questa parte i miei figli mi assicurano che l’acqua è sempre più calda ,anzi come sol dirsi  un “brodo” . Ebbene, sono divenute una eccezione le giornate in cui l’acqua del mare è particolarmente fredda da impedire d’immergersi. Che gioia, per i villeggianti! , Questa estate, tutti i giorni si può fare  un piacevole bagno ,l’acqua è quasi bollente!
Oggi  i ragazzi ,sono saliti  dalla spiaggia, è quasi l’ora di pranzo,mi raccontano che al mare  non si ha alcuna  voglia di uscirne fuori dall’acqua, piatto  immobile una “tavola blu”. Li vedo felici e raggianti…..ma il mio pensiero curiosamente, corre alle rane finite nel pentolone!!.


Che ne sarà del padre? ( seconda parte)

Che ne sarà del padre? ( seconda parte)
Giuseppe Bivona

Alice , non si era mai “avventurata” nei meandri ,tortuosi e profondi  ed oscuri della psiche umana, ne tantomeno aveva ben chiaro la distinzione freudiana tra “es” ,”super –io” “e” io. Ma poi , si chiedeva :questo complesso di Edipo vale solo per i maschietti ,e le femminucce  a loro volta  si “rapportano” col padre ?. Ma la domanda  che rivolse al Gufo fu un’altra: “ Queste teorie di Freud  non saranno un po’ vecchiotte , insomma  oggi ,cosa ne pensa la moderna psicanalisi? “ . Certo” rispose il Gufo , “queste teorie non potevano passare inosservate e  per quasi un secolo ,furono oggetto di serrati confronti e …scontri come nel caso di Carl Gustavo Jung.  Ma chi riprese  con molta serietà il tema di fondo della teoria edipea di Freud fu Jaques Lacan che ipotizzò  tre tempi diversi  dell’Edipo:
1)   Il primo tempo è caratterizzato dalla illusione  primaria ,detta della fase fallica  ovvero la “seduzione” reciproca tra la madre e il bambino, quest’ultimo si pone come colui che colmerà la mancanza della madre ,come fosse un bimbo tappo ,un bimbo fallo , mentre la madre lo vorrà “divorare “ fagocitare ,incorporarne l’esistenza,rendendola identica a se stessa. Lacan simboleggia questa confusa ed incestuosa , come perversione  primaria. Un mosaico indifferenziato che accomuna la madre-coccodrillo che si confronta con il bambino –vampiro , facendo un unico blocco, annullandone le differenze ,prossimità speculare,assenza di separazione.
2)   Nel secondo tempo  entra in scena il padre ,una apparizione traumatica ,(ma benefica), perché risveglia la coppia bambino- madre dal sonno incestuoso. Il padre interviene pronunciando due moniti distinti , alla madre: non puoi divorare il tuo frutto e al bambino: non puoi tornare da dove sei venuto. L’effetto benefico dell’intervento del padre  sottrae cosi all’impasto incestuoso del pericolo di una identificazione indifferenziata col proprio figlio. Ha un effetto traumatico perché spezza l’illusione di una continuità tra lUno e Altro. In questa fase delicata , La parola del padre  è assimilabile alla funzione della Legge , ma sarà molto importante il modo con il quale la madre parla ai suoi figli, del padre ovvero a rendere più o meno autorevole la parola del padre. Ora , nel bambino ,si tratta di  guidarlo attraverso due opposte “esigenze”:  da un lato far valere la “legge” paterna e il riconoscimento del NO , e nello stesso tempo senza per questo mortificare il desiderio  del piacere ,che in modo “soffice” deve percorrere altre strade, seguire vie diverse ed inediti,  ma forieri di sicure soddisfazioni
3)   Qui si apre il terzo tempo, ovvero  la capacità del padre  di introdurre un limite  e di “castrare “  la soddisfazione  incestuosa , trasmettere  assieme all’interdizione   il “desiderio”  congiunto  al dono, alla promessa e alla fede : Ora il padre non è più “trauma”  ma colui che sa trasmettere il testimone del desiderio”

“ Chiaro” disse Alice , ma come la mettiamo con il nostro Giorgio che crescerà senza padre,visto che il farfallone e volato anzitempo prima della  sua nascita?
“ Cara Alice  non sarei preoccupato più di tanto ,viviamo in una epoca dove il padre è “evaporato”  dopo il sessantotto la contestazione alla struttura sociale gerarchica non ha risparmiato il pater familias  e posso anticiparti  che “qualunque cosa” può svolgere la funzione paterna . Questo “qualunque”  a condizione che sappia rispondere il difficile  e complicato problema del desiderio, non tanto di cosa è in essenza il desiderio , ma di cosa può essere una esistenza di desiderio se vuoi di curiosità ,interesse ,attesa…. Mi spiego meglio il padre,che è tenuto a dare testimonianza del proprio desiderio  la può dare sullo sfondo di un …non sapere Non  deve essere il padre che “ha una risposta  su tutto” . E’ un padre piuttosto  che sa che il sapere  non racchiude  e non risolve  mai adeguatamente il mistero dell’esistenza  e della sua contingenza illimitata . Un padre che custodisce il vuoto,il non sapere “
  “Scusami” intervenne Alice con la  sua solita franchezza,” mi pare che questo tuo padre risponde alle domande con …altre domande, Giorgio crescerà con tanti ????? al posto dei capelli!
“Tu cara Alice “ rispose il Gufo “come tutti noi  d'altronde ,siamo stati educati ad una cultura positivista quasi orgogliosamente illuminista  che ha spazzato via i simboli e il suo retroterra culturale . Un padre lascia al figlio una eredità  che nella vulgata sono soldi ,case terreni , ma come descrive bene Philip Roth in “Patrimonio”  voleva sentirsi  incluso nell’eredità del padre quale riconoscimento simbolico , per l’importanza vitale di avere forte la percezione di una provenienza ,di discendere dal padre . Se il nostro tempo evapora o estingue il padre , non cancella  l’esigenza di sentirsi riconosciuti , della trasmissione del desiderio da una generazione all’altra . questa dialettica del riconoscimento non avviene solo tra genitori e figli vale  anche tra maestri e allievi , tra garzone e artigiano 
Alice , comprese il fondo del ragionamento , ma propose al Gufo un’ultima domanda: Cosa vuole dire Lacan quando asserisce “ fare a meno del padre a condizione di servirsene?”  Bè disse il gufo “ farne a meno vuol dire riconoscere la sua dissoluzione ,come dire  che nessun padre ci potrà  garantire che la nostra  vita sia al riparo da rischio  dello smarrimento della rovina e della disavventura .Servirsene  vuol dire accettarne l’eredità, riconoscere il valore di testimonianza. Il nostro rischio  opposto e quello di non servirsene,proprio perché non si riesce a farne a meno! . La condizione  di ogni eredità autentica ,implica la morte senza ritorno del padre ; se non si porta a termine questo lutto , idealizzazione critica rende impossibile il farne a menoe di conseguenza il servirsene: il soggetto resta schiacciato  sotto l’ombra spessa e cupa del padre ideale. ”
Alice aveva capito  che essere genitori oggi è una missione difficile quasi impossibile ma propose l’ultimo quesito al Gufo:” Come  riuscire a preservare la funzione educativa  propria del legame familiare  in un contesto perennemente in crisi? Come vi può essere educazione e quindi formazione  se l’imperativo che ci avvolge e soffoca  intona perversamente “Perché no?” che rende insensata ogni esperienza del limite? Come si può introdurre la funzione virtuosa  del limite  che assegna un senso possibile alla “rinuncia” se tutto tende a sospingerci  verso l’apologia cinica del consumo e l’appagamento senza differimenti? Oggi e subito’!
(fine seconda parte)