mercoledì 26 marzo 2014

Lo yogurt a kilometro zero



Giuseppe Bivona

Sarà capitato anche a voi, entrando in un grosso supermercato, nel reparto latticini, imbattervi in metri e metri di scaffali stracolmi di vasetti di yogurt di tutti i tipi, diversamente colorati, per  i gusti più disparati.

Non molto tempo fa,  lo yogurt era un prodotto “semplice” ovvero un latte  che aveva subito una fermentazione da parte di alcuni bacilli che hanno trasformato lo zucchero del latte, il lattosio, in acido lattico.
Oggi siamo in ostaggio di nuovi stregoni alimentari i quali, avvalendosi dei suggerimenti dei maghi del marketing, vogliono farci credere  che lo yogurt è il nuovo elisir di lunga vita!
Cosi questi furbastri, la cui unica e sola fede è quella del denaro, si sono “inventati” un tipo   di yogurt che aumenta le difese immunitarie…
C’è poi, un altro tipo di yogurt, che ....vi spedisce in bagno con la puntualità di un orologio svizzero.
 Non mancano  quelli di ultima generazione, che vi lasciano liberi di ingozzarvi di tutte le schifezze propinate dai fast food con la sicura garanzia che, qualora vi ricordaste di bere una bottiglietta di pochissimi centilitri, miracolosamente … il colesterolo vi si abbassa!
 Se avete fede e non vi disperate, molto probabilmente nei prossimi mesi troveremo un yogurt che ci guarirà dalle unghia incarnite …
Ma se siete tosti  o sensibili ai reali richiami delle ragioni salutistiche dello yogurt,  ecco che i maghi pubblicitari  vi attirano su un terreno in cui difficilmente potete restare indifferenti,  ovvero attraverso messaggi ......goderecci-sensuali.
Vale per tutti: “Fate l’amore con il sapore!” Siete soli senza una donna? Non vi potete permettere una escort? Non disperate, raggiungete immediatamente il più vicino centro commerciale e troverete di che soddisfarvi!
Ma come può accadere che le consorterie multinazionali agroalimentari riescano ad infinocchiare milioni di consumatori?
E la stessa EFSA con sede a Parma perché non interviene? Perché dobbiamo aspettare anni prima di sapere che i pro biotici sono solo una presa per i fondelli?
Lasciamo per un attimo questi interrogativi a cui daremo risposta in un prossimo articolo.
Chiediamo ad Alice, attenta consumatrice, quale yogurt preferisce la mattina:
Personalmente da un paio di  anni auto produco il mio yogurt.  Ho comprato una yogurtiera al modico prezzo di circa 15€ che mi permette di produrre 7 vasetti di yogurt con 1 lt. di latte. Prendo uno yogurt intero bianco da agricoltura biologica, sciolgo parte del contenuto del vasetto in un litro di latte crudo biologico riscaldato a 40°, verso nei vasetti e lascio una nottata nella yogurtiera, poi tolgo i vasetti, lascio raffreddare, li chiudo e metto in frigo. L’ultimo vasetto di yogurt autoprodotto lo uso per rifare lo yogurt successivo, questo per circa 6 o 7 volte (a meno che qualcuno in casa non si mangi l’ultimo vasetto). Dopo 6 o 7 volte riparto usando uno yogurt bio bianco comprato al supermercato (magari cambiando marca), per rinnovare la famiglia dei bacilli!
Spesso nel vasetto aggiungo pezzettini di frutta fresca o un cucchiaino di miele e/o semi e cereali vari.
  Ora, a parte  le ragioni di ovvia convenienza economica, questa scelta ha marcati riflessi ecologici –ambientali per la semplice ragione che quello prodotto industrialmente percorre dai 1500 ai 2000 kilometri prima di arrivare nel nostro frigorifero, costa 5 euro al litro, viene confezionato in vasetti di plastica monouso e altamente inquinanti, subisce trattamenti di conservazione che spesso uccidono i batteri da cui è stato prodotto. Lo yogurt autoprodotto, tramite l’utilizzo di colonie batteriche che facciano fermentare il latte, non viaggia su gomma, non ha confezioni o imballaggi, è ricco di batteri benefici per la flora intestinale, costa quanto il latte, non ha conservanti e, cosa non trascurabile,  non rischia di interrompere la catena del freddo (4°c) e  vi assicuro è….più buono.
 Ma dirò di più. Utilizzo latte proveniente da un vicino allevamento in biologico a poco più di un euro al litro e sono felice di sostenere con la mia scelta una azienda del territorio per il mantenimento di una economia  locale, per la difesa del suolo e la salvaguardia di un  paesaggio animato”.

L’esempio dello yogurt ci deve far riflettere come le nostre scelte alimentari hanno un riflesso politico nel senso pieno e nobile del termine. Riempire il carrello della spesa è un atto di straordinaria responsabilità per due fondamentali ragioni:
Condizioniamo in modo decisivo la nostra salute e quella dei nostri figli. La correlazione cibo-salute secondo ricerche approfondite è sempre più stretta ed inequivocabile .

Fare la spesa è un atto politico molto più concreto che mettere una croce su una scheda ogni 4-5 anni. Comprare frutta e verdura biologica a kilometro zero consente di preservare l’ambiente in cui viviamo, magari a pochi kilometri da casa nostra. Se sopravvive un contadino biologico  nella nostra zona forse avremo come conseguenza anche un po’ di aria e di acqua più pulita, un po’più di verde e …un po’ meno cemento. 

mercoledì 19 marzo 2014

La vendetta del grano



Giuseppe  Bivona


“Essendo in relazione con la vita e ricercando l’accrescimento prodigioso della vita presente nei semi ,nei solchi, sulla pioggia, nei geni della vegetazione , l’agricoltura è anzitutto un rituale. Cosi fu agli inizi e cosi ancora oggi nelle società agrarie.
L’agricoltura penetra e si integra. in una zona ricca di sacro, i suoi gesti,il suo lavoro sono responsabili di conseguenze importantissime perche si compiono dentro un ciclo cosmico . e l’anno le stagioni, l’estate l’inverno, il periodo delle semine quello dei raccolti, fortificano le proprie strutture e prendono ciascuno il suo valore autonomo
Eliade Mircea


Lasciamo la scorrimento veloce Sciacca- Palermo all’altezza del bivio per Roccamena.
La giornata è “ uggiosa” direbbe il poeta  ma da queste parti questa pioggerella  lenta e soave, viene definita “ assuppa viddani”
Ora saliamo lentamente verso il paese e superando il bivio  seguiamo la strada provinciale per  Corleone .

Ad un tratto, come per incanto,sulla nostra destra ,in fondo alla valle veniamo rapiti e restiamo per pochi attimi stupiti dalla bellezza sorprendente dell’immenso lago artificiale della Garcia.  Ma l’incanto  non si disgiunge dai ricordi :  la lotta  quasi ventennale di Danilo Dolci per dissetare le campagne arse, le sue marce, i suoi digiuni, si i digiuni, cosi lontani dalla cultura di queste popolazioni dominate da una atavica fame , ossia “pitittu” e poi i cortei per sbarrare il Belice sinistro e consentire l’accumulo di centomilioni di metri cubi di acqua da ridistribuire nei mesi secchi alle arse campagne dei territori sicani.
 Ma avevamo chiesto al fiume Belice cosa ne pensasse di questa sua ostruzione? Eppure un ente di natura avrebbe tutto il diritto  di essere consultato e poter dire la sua opinione!
Almeno cosi ci insegna l’ecologia profonda!!
Ora la strada diviene poco praticabile per via delle abbondanti piogge, le campagne intorno sono tutte seminate, di certo a grano, la fase  fenologica sembra  coincidere con l’accestimento che precede di poco la levata.
 Le colline tutt’intorno sono formazioni orografiche “ mammelliformi”    più appuntite delle stesse consorelle  che riscontriamo più giù nel sambucese. Il viaggiatore e geografo arabo li definì feraci, suoli  profondi  alluvionali e vertisuoli, fatti apposta per far crescere e maturare  copiose spighe di grano.
 Li in fondo, in alto, come  un dipinto si staglia il paese di Corleone . Un paesone che incute paura al solo pronunciarlo: per anni    oggetto di reportage,   film , telefilm , la capitale della mafia   fucina di eventi delittuosi  ormai  interiorizzato  ne nostro immaginario collettivo. 
  Eppure queste contrade hanno un legame profondo con il grano,  con la migliore qualità del grano ovvero con la naturale destinazione di pasta e  pane.
 Come si può scindere la memoria e disgiungere i campi seminati  dalle aie polverose e secche in cui si consumava il più  atroce silente misfatto dell’ingiustizia contadina?  Il caporale ,armato del decalitro che , in osservanza alle” leggi “ padronali ,separava la semente….
due parti al padrone, una parte per la guardiania , una per il vaglio …e poi per il prete che ufficiava la messa …. Messa  in suffragio di  chi?
Noi, studenti sfiorati dal 68, negli ultimi anni  della facoltà di Agraria   per uno strano fenomeno volgevamo lo sguardo al passato: i Fasci Siciliani, i Patti di Corleone, eravamo appassionati per questi primi tentativi di organizzazioni contadine guidate  da uomini eroici come Bernardino Verro e di Nicolò Barbato.  
Il tema era sempre il grano , questa strana “merce”  che è assieme prodotto e mezzo di produzione.
 Trascorre ancora qualche mezzora per arrivare in paese ma  il tempo resta sufficientemente  disponibile per curiosare sui nuovi grani!
Ebbene si!  Per quanti  ed ingenti possono esser stati  i soprusi o le angherie del passato  , nessuno aveva mai osato  interferire sull’intimo  ,sull’essenza  della natura del seme . “ In interiore homine habitat  veritàs…” direbbe sant  ‘Agostino.
Sciagurati. Senza alcun ritegno, bombardano  con radiazioni  gamma alcuni semi  di  dubbia provenienza.  Sparavano all’impazzata,  per piegare il DNA alle esigenze del mercato.
Come bambini incoscienti  si dilettano con un giocattolo, non afferrano la pericolosità ,  manomettono  la struttura genetica,  alterano la natura delle proteine,rendono nanizanti i nuovi grani.
Cosi finalmente da oggi possiamo elargire laute concimazioni nitriche senza alcun timore di veder allettato il grano!
Quello che è accaduto con la nascita del nuovo grano “ Creso”  ed i suoi derivati  genetici non è dato sapere.
 Di fatto le intolleranze al glutine sono decuplicate. Il pane e  la pasta   da secoli espressione di soddisfacimento alimentare , sono sempre più segni di angoscia e insofferenza!
Per un trentennio la ricerca scientifica si pone come traguardo l’incremento della componente proteica dei grani e l’incremento della loro resa per ettaro. La qualità del glutine e la sua compatibilità con il sistema metabolico  dell’organismo umano  non era cosa che li riguardasse: tiravano innanzi, funzionari di apparati,si muovevano come asini bardati con paraocchi intorno alla senia.
Non si può produrre pane o che meriti questo appellativo o si dichiari tale, da grani che raggiungano e superino i 40 q.li per ettaro,  si ricava al massimo mangime per maiali!
Il pane, degno di questo nome, è derivato da un complesso e complicato processi di fermentazione –acidificazione, i cui meccanismi non sono stati chiariti del tutto . Come un ottimo vino lo produciamo da un vigneto con basse rese, il pane non è da meno!
Nell’ultimo mezzo secolo  i genetisti non sono riusciti  a produrre  grani la cui componente amilacea fosse in grado di   offrirci  un pane  di elevato valore gustativo.
 Cosi  in mezzo al silenzio devastante, nell’indifferenza della ricerca ufficiale ,due bravi agronomi della SOPAt di Corleone hanno tentato, prima il recupero di vecchi grani: russello, timilia ,cappelli  e poi proceduto alla panificazione e alla pastificazione. I risultati sono stati sbalorditivi!
Curiosamente alla fine degli anni sessanta  al centro di ricerche nucleare della Casaccia  con la tecnica della mutagenesi, oltre al Creso fu creato un altro grano il Mida in memoria del mitico re:  aveva avuto in dono da Giove  la capacità di trasformare in oro ciò che toccava. Divenne in poco tempo ricchissimo, ma non aveva pensato ,lo stolto, che anche il cibo che toccava per nutrirsi diveniva oro. Cosi in poco tempo mori…di fame.





 


martedì 18 marzo 2014

La moda del falso mito Il Km ZERO


Lo Zero, sembra essere diventato una sorta di inno nazional popolare, uno slogan, uno di tanti.
NinoSutera

 

Periodicamente  si organizzano eventi, manifestazioni, convegni ect. all'insegna della dieta mediterranea, del cibo sano,pulito e giusto, del cibo, del K0     ...durano da sempre, quando la brina di primavera al spuntar  del sole. 

Cercheremo di spiegare il perchè

L’Italia nel settore alimentare non è autosufficiente e deve importare grandi quantità di materie prime dall’estero. Una situazione ben conosciuta dagli addetti ai lavori, ma meno nota al grande pubblico, che vorrebbe sempre comprare cibo “made in Italy”, o a chilometro zero.   Questa mancanza si traduce nella necessità di importare ingredienti da trasformare in prodotti finiti destinati sia al consumo interno sia all’esportazione.   Il nostro Paese non riesce a produrre tutte le risorse di cui ha bisogno sia a causa di politiche restrittive dell’Unione Europea, sia per la diminuzione dei terreni destinati all’agricoltura. Secondo gli ultimo dati disponibili   dal 1970 a oggi gli ettari di superficie coltivabile sono scesi da 18  a 13 milioni, mentre la popolazione è cresciuta del 14%. L’importazione risulta pertanto indispensabile.


 




















L’esempio della pasta è istruttivo: il grano duro italiano copre solo il 65 % del fabbisogno, occorre importare frumento da Paesi come Canada, Stati Uniti, Sudamerica. Anche per il grano tenero vale la stessa cosa poiché il prodotto interno copre solo il 38% di ciò che richiede il settore, con importazioni da Canada, Francia, ma anche Australia, Messico e Turchia. Non cambia la situazione per altre categorie merceologiche: le carni bovine italiane rappresentano il 76% dei consumi e per il latte si scende addirittura al 44%, anche per lo zucchero e il pesce fresco dobbiamo rivolgerci ad altri mercati poiché riusciamo a coprire solo il 24% e il 40% del consumo interno. Lo zucchero viene soprattutto dal Brasile, mentre il pesce da Paesi Bassi, Thailandia, Spagna, Grecia e Francia, oltre a Danimarca ed Ecuador.   Inoltre la maggior parte dei legumi non sono italiani, a causa di drastiche riduzioni delle coltivazioni a partire dagli anni ’50. Adesso le importazioni provengono principalmente da Stati Uniti, Canada, Messico, Argentina, ma anche da Medio Oriente e Cina. Quest’ultimo Paese è diventato il primo fornitore italiano a seguito della siccità che ha colpito l’Argentina.

Dobbiamo ricordare poi l’annosa questione del pomodoro.  Dalla Cina importiamo concentrato di pomodoro, che viene lavorato e  esportato in altri Paesi.

Siamo invece autosufficienti per quanto riguarda vino, frutta fresca, uova e pollo. Solo in questi casi abbiamo la quasi totale certezza di comprare un prodotto made in Italy al 100%.

La situazione per il cibo trasformato è opposta: produciamo il 220% della pasta rispetto al fabbisogno interno,  che viene esportata, 4 volte la quantità di spumante  consumato, mentre per i formaggi questa percentuale è pari al 134%. L’importazione della materia prima diventa nel caso della pasta  indispensabile per poter produrre quantità in grado di soddisfare le richieste del mercato.

Alcuni esempi rischiano anche di sorprendere: alcuni prodotti correlati al territorio come quelli IGP (Indicazione Geografica Protetta), sono in realtà il risultato eccellente della lavorazione di materie prime non italiane. La bresaola proveniente dalla Valtellina viene preparata con carne argentina o del sud america. La Valtellina offre un ambiente ottimo per la stagionatura e la lavorazione del prodotto, ma non dispone di allevamenti in grado di fornire l’ingrediente di base (17 mila tonnellate l’anno di cui 11 mila di prodotti Igp).

Alla luce di questi dati la ricerca insistente dell’alimento fatto solo con materie prime italiane ha poco senso, tranne per alcune categorie merceologiche dove siamo autosufficienti.  

La provenienza di materie prime dall’estero non è sinonimo necessario di scarsa qualità,   ma per favore non chiamatelo più cibo a K0, oppure sano, bello e giusto.!!

 

lunedì 17 marzo 2014

Alla “riscoperta” del Russello

 

                                      Grande partecipazione per la cena organizzata all’insegna della riscoperta di una perla della tradizione di Castelvetrano: il pane di farina Russello, patrimonio della memoria dei vecchi “burgisi” del nostro territorio.

Le farine, utilizzate per questa tipica panificazione, venivano coltivate a Castelvetrano nei tempi antichi. Ieri sera, presso la struttura Campoallegro, oltre al meraviglioso pane si è potuto gustare un ricercato menù realizzato dagli chef Angelo Franzò e Cristina Morrione.
Tra i piatti, presentati con molta cura, i commensali hanno particolarmente apprezzato la rivisitazione di due classici della cucina siciliana, la “arancina trapanese” con gambero di Mazara del Vallo e vastedda del Belice ed una cassata con mostarda al mandarino accompagnata da un gianduiotto siciliano.


Le portate erano accompagnate da 3 meravigliosi vini dell’azienda Scalia & Oliva di Salaparuta e presentati da un sommelier d’eccezione, Luigi Salvo. Durante la serata il Dott. Nino Sutera Direttore della Lurss.Onlus ha consegnato i riconoscimenti di “Custodi dell’Identità Territoriale” del GeniusLoci De.Co. a Cristina Morrione, chef della struttura Campoallegro, e a Serafina Di Rosa del presidio slow food “pane nero di Castelvetrano” e Livio Elia Maggio  di Campoallegro

sabato 1 marzo 2014

C'è MedInSicily

MEDINSICILY" è una manifestazione la cui mission volge a sensibilizzare l'opinione pubblica ad affermare, a valorizzare e divulgare alcuni concetti e valori fondamentali della nostra società, tra cui: buona alimentazione, cultura, identità e territorio. Un format composto da una molteplicità di eventi

Tra i temi:
·         CONVEGNO INAUGURALE con tematiche promozionali rivolte all'Expo 2015, alla valorizzazione delle risorse agro-ittico alimentari e alla valorizzazione della dieta mediterranea (tra i relatori Giacomo Dugo, Francesca Cerami  e Giuseppe Bivona)
·         POSTER SESSION in collaborazione con la Libera Università Rurale Saper&Sapor Onlus.
·         VETRINE dell'agroalimentare, dell'accoglienza turistica e della convivialità
·         PERCORSI SENSORIALI Vino, Olio, Formaggi
·         DEGUSTAZIONI
·         PRESENTAZIONI AZIENDE
·         SPAZIO MEDIA libri, giornali, newsletter, blog, webTV
·         CONCORSO ENO-GASTRONOMICO rivolto agli alunni delle scuole alberghiere
·         "CUSTODE DELL'IDENTITA' TERRITORIALE" Cerimonia di consegna dei riconoscimenti GeniusLoci De.Co. a cura della  Lurss.Onlus


La manifestazione, organizzata dalla Chaine des Rotisseurs Trapani e dall'associazione culturale MedInSicily, si lega alla prestigiosa cornice dell’EXPO 2015, straordinario evento universale che darà visibilità alla tradizione, alla creatività e all'innovazione nel settore dell'alimentazione. 
CIBO, ENERGIA, PIANETA, VITA sono le parole chiave del tema di Expo, in cui anche la dieta mediterranea gioca un ruolo di primo piano nel perseguimento e nel mantenimento di un buono stato di salute dell'uomo. Un numero sempre maggiore di consumatori avverte l'esigenza di ritornare ad un modo di nutrirsi più naturale, più rispettoso dei cicli stagionali e maggiormente conforme a quelle che sono le nostre radici culturali". 
"MEDINSICILY" nasce dalla volontà di sensibilizzare l'opinione pubblica sull'importanza delle corrette abitudini alimentari, della salvaguardia e valorizzazione delle risorse agro-ittico alimentari, dell'identità territoriale e dei benefici che la dieta mediterranea apporta in termini di salute per l'uomo e per l'ambiente che lo accoglie. 
La manifestazione sarà consolidata su tre matrici fondanti: tecnica, gastronomica, emozionale, costituite dal workshop "Aspettando l'Expo 2015", con interventi di relatori esperti di settore, esposizioni di prodotti tipici, un concorso gastronomico rivolto agli alunni degli istituti alberghieri della provincia di Trapani e percorsi di avvicinamento sensoriale al mondo del vino, dell'olio e dei formaggi.


http://www.medinsicily.com/